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You cannot be serious. I 50 anni da genio di John McEnroe

Post n°102 pubblicato il 17 Marzo 2009 da chinasky2006
 

 

Foto di chinasky2006

Il genio non invecchia. Traiettorie impossibili, ricami folli, quella racchetta che sembra la prosecuzione armonica del braccio. Tocco divino, al di la degli anni. Partorisce colpi che nessuno sarebbe capace solo di immaginare o progettare come idea. Le corde della racchetta pizzicate in modo quasi irridente da quella mano sinistra, a ribattere cannonate furiose. E la pallina stoppata, quasi incantata da tanta grazia, che rallenta. Cade lenta sul campo e non si rialza più. E poi quell'odio atavico per chi arbitra, occhiate fulminanti ai giudici. Parolacce, urla di un genio folle, irrazionale e magico. Le righe e gli arbitri come feroce nemico, simbolo del mondo che ce l'ha con lui. Capace come nessuno di dipingere arte su un campo da tennis. Tutto questo è stato ed è John McEnroe.
Vince tutto negli anni ottanta. Poi il calo, si disinnamora del tennis, sposa un'attrice, rientra, divorzia. Ritorna quasi grande. Si imbatte nella nuova generazione dei bim-bum-bam-crash-stump-spatapummete, l'era dei nuovi materiali che permettono a giovani robot di tirare missili terra aria, senza avere il barlume di un talento. Lui lotta con quei ragazzini terribili come se il tempo non dovesse mai fermarsi. Durante una telecronaca, il grande scriba Gianni Clerici pronuncia una delle sue frasi più riuscite: “Se solo fossi un po' più gay, mi lascerei accarezzare dalla pallina di McEnroe.”. Sfiora la vittoria in una manciata di slam, poi si arrende. Ma in realtà non smette mai. Mac è infinito, e continua a giocare nel circuito senior.
Supermac il 16febbraio ha compiuto 50anni. Ed è ancora lì che grugnisce allungandosi a rete, strepita, si azzuffa, ricama colpi impossibili. Ogni partita c'è una nuova traiettoria futurista. E ti lascia lì, sulla sedia ad aspettarla. Non gioca più sul centrale di Wimbledon, la platea è quella ristretta del senior tour degli over 30. Laddove prima c'erano dei riccioli rossicci e ribelli, sono rimasti ingrigiti fili arruffati. Ma il tocco è sempre quello. cristallino e magnetico. I piedi paralleli alla linea di battuta, e quel servizio anomalo e mancino a buttare l'avversario fuori dal campo. Continua imperterrito nel suo servizio e volée, arte oramai introvabile nel tennis contemporaneo. Diverte, dipinge, smoccola e vince. Non c'è più il superbreath, il super moccioso diciannovenne che sul centrale di Wimbledon rompeva i canoni, quel discolo maleducato e volgare. L'irriverente ragazzotto lentigginoso cacciato dal circolo inglese dei regali, per indegnità. La sessantenne regina reclamava il campo per divagarsi con una sua amica, e lui trova la cosa più naturale, consigliarle di ficcarsi il manico della racchetta da qualche parte. Si nasce geni. 
E' rimasto il suo “you cannot be serious!” che risuona nelle orecchie dell'esterrefatto e malcapitato arbitro di turno. Tutto tic, occhiatacce taglienti, sguardi spiritati ed increduli. “Come può permettersi questo miserabile, di chiamarmi fuori un colpo simile?” sembra voler dire.
Due giorni fa ha vinto il torneo di San Paolo. Mazzuolato Micheal Pernfors (6-2 6-4), Jimmy Arias (6-4 6-1) Jaime Oncins (7-6 6-3). Poi in finale, tramortito Jim Courier 6-2 6-3. Avversari di quindici-venti anni più giovani che continuano ad inchinarsi al genio che non può invecchiare. Ne sanno qualcosa anche Sampras, battuto lo scorso anno a Boston, Goran Ivanisevic, Todd Martin, Aaron Kriekstein, Boris Becker, e tanti altri. Non gioca più per vincere slam, ma è uguale. Ogni incontro c'è una nuova traiettoria impossibile, una curva irrazionale da brevettare. Gli “ohhhhh” incantati del pubblico, come cornice. Il padre, un tizio dall'espressione rubizza e paciosa, continua a seguirlo ad ogni torneo. Lui rivela: “Ogni tanto mio padre mi chiama e chiede: ma quando torni a giocare a Wimbledon? Lui non capisce che non potrei giocare più tre set su cinque a grandi livelli.”. Fantastico.
E continua a combattere contro il mondo e dispensare le sue pennellate geniali. Lo scorso anno sull'erba di Newport, avanti un set contro Malivai Whashington (un tipo dall'aria buona ed inoffensiva), riesce nell'impossibile. Insulta l'arbitro, poi se la prende col pubblico rumoreggiante. Espulso! Cacciato via come nel '90 in Australia. Quel discolaccio non cambierà mai. Mac è quello che a 47 anni gli salta in mente l'idea pazza di giocare un doppio in un torneo di professionisti. Ed ovviamente lo vince. “Questo vecchio cane è ancora capace di insegnare qualche trucchetto a questi ragazzi!” ripete sghignazzando, l'adorabile mascalzone.
E' anche quello che lo scorso anno giocava una tranquilla esibizione per il pubblico. Un doppio misto con sua maestà Maria Sharapova. La pin up siberiana per mostrare carattere si permette di tirargli una pallata gratuita in pieno volto. Lei sorride ed agita il pugnetto. Il pubblico rumoreggia. Il genio, ride amaro e medita. Ritorna a sinistra sulla linea di servizio. Una prima mancina ad uscire che gli apre il campo per uno dei suoi comodi tocchi. Lui invece spara una una cannonata terrificante al corpo della bionda russa. E il ghigno da super moccioso che ritorna.
Gioca più incontri che un professionista. Prima dell'ennesimo torneo di veterani, lancia messaggi: “Questi 'ragazzi' tirano ancora forte, ma non sono venuto qui per perdere.”.
Lunga vita al grande SuperMac. Ce ne fosse uno del genere oggi. Il problema è che ne nasce uno ogni due secoli, con quelle stimmate. Il pubblico lo detestava, poi lo ha amato, poi nuovamente odiato, poi non può fare a meno di adorarlo dopo una stop volley. Nel 1992, durante la conferenza stampa di addio al tennis, pronuncia una frase sorprendente: “Mi dispiace che il pubblico spesso non abbia capito. Mi comportavo in quel modo per nascondere la mia timidezza”.

 

 
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