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Il fascino della divisa

Post n°119 pubblicato il 21 Luglio 2009 da chinasky2006
 

 

Con la mia fidanzata inconsapevole, le cose vanno mica bene. Probabilmente finirà prima che ella possa acquisire coscienza dell'amore, nascosto tra le pieghe dei miei coglioni svuotati. Ci vediamo di rado, ogni tanto si fa all'amore in modo appassionato, poi si riveste e se ne va via sculettando. Tanto basta. Per l'idea che ho io di amore, è sufficiente. Ultimamente ho il vago sentore di non bastarle più, forse anela l'assidua e sobria compagnia di un professionista posato, uno di quelli che leggono ilsole24ore, e controllano i titoli azionari, aggiustandosi il ciuffo. E' un sentore a pelle. Sicuramente ci lasceremo. La cosa non sarà traumatica, perché non siamo mai stati insieme.
Complice un rifiuto a passare il finire serata da me, dopo un frugale amplesso di circostanza, ho optato per una sana bevuta al bar. La mia vita sociale, ultimamente, si limita a quello. Il propietario ha piazzato anche l'aria condizionata, per rendere più confortevole la sbronza alla sua clientela ricercata. Ed a lui, un filo più lieve, la visione circense di un manipolo di sbevazzoni che si abruttiscono senza pietà per loro stessi. Ogni volta rimarca lo sforzo economico sovrumano, compiuto ber il bene della causa comune, e si lamenta del governo. Tocca ammetterlo, vista la calura africana, l'aria gelata è un bel sollievo per le meningi, ci si può dedicare alla bevuta in totale relax. Dimenticandosi del mondo, in un ambiente rarefatto e quasi asettico agli orrori dell'esterno. Poi, l'alcolizzato medio soffre il caldo ancor di più dell'uomo nomale, di un impiegato che va ad acqua e gazzosa, del manager che sorseggia il suo cocktail analcolico, con aria mistica ed elegante, pensando a come fare più grano.
Rimane il grande inconveniente della nicotina. Fumo una sigaretta ogni cinque minuti, e quando bevo, ancora di più. Così ci si trova tutti quanti fuori dal bar a divorare sigarette di rabbia rassegnata, come nell'ingresso di una bolgia dantesca. Un dentro fuori con escursioni improponibili.
Ieri al bar c'era anche uno strano tizio, uno di quelli che non li ascolta nessuno, ma loro s'impegnano, si mettono al centro dell'uditorio, e pontificano, gesticolano nervosi, quasi fossero il messia incompreso. Poteva avere 41anni, capelli radi, ma cresciuti, e che ricadevano sulle spalle a tante ciocche unte. Tutto vestito di un nero che lo sfinava ancor di più, il viso scafato con degli angoli spigolosi, ed un accenno di barbetta. Parlava della polizia, degli abusi di potere, con gli occhi iniettati d'odio genuino. Noi cittadini avremmo dovuto coalizzarci, insisteva col piglio del condottiero. Cosa credeva di cavare fuori da un manipolo di gente che si prodigava a spegnere ogni iniziativa, con l'alcool? Il più intraprendente sognava di svegliarsi vivo il giorno dopo. Qualcuno sbadigliava annoiato, completamente assuefatto dalla birra e dalla frescura irreale. E poi ne ordinava un'altra, in un sussulto vitale. Da quello che ho capito, il messia nero esercitava la professione di ultras curvaiolo, con abnegazione quasi professionale. Probabilmente pagato. Ed al di là dell'aspetto da sovversivo andino, esponeva idee più a destra del partito nazionalista e neonazista della Carinzia. L'affresco di un controsenso. Morte al poliziotto che ha ammazzato Gabriele Sandri, una statua a chi ha ucciso Giuliani al G8 di Genova, assieme ad un plauso per tutti quelli che torturarono sadicamente i dimostranti, nel carcere di Bolzaneto. Raciti, poliziotto morto davanti allo stadio di Catania, se l'era cercata. Perché gli sbirri colpiscono gli ultras con manganellate dolorosissime, e gratuite. Sui protagonisti del massacro di un ragazzo drogato, e che si erano messi a sghignazzare amabilmente davanti al cadavere, pareva titubante. Poi ha deciso, andavano giustificati. Si diceva contro la droga e fautore di ordine e disciplina morale, e quindi l'atto poteva aver avuto un senso razionale. E continuava a blaterare, ma proprio nessuno paventava la minima intenzione di rispondergli.
Alla settima birra ho deciso che era abbastanza. Il dentro fuori, tra Africa subsahariana e Polo antartico, mi provocava una fastidiosa fitta cervicale, solo un lievemente attenuata dall'accenno di sbronza. In macchina ho fatto delle riflessioni acutissime. Tipo: “L'implume e rachitico gatto-topo ritrovato sotto la macchina, é diventato un torello, rivestitosi di un foltissimo pelo grigio. Chissà che starà facendo ora.”. Poi mi sono saltati alla mente i ricordi d'infanzia. Da ragazzo mi pervadeva un rigetto nauseato per chi calzava una qualsiasi divisa: carabinieri, finanzieri, controllori, autisti, preti, vescovi, poliziotti, fornai, cassieri (uomini, le donne cassiere invece, hanno sempre le tette giulive e mi piacciono assai).
La divisa crea uno scudo disumano col resto del mondo. E loro, fors'anche inconsapevolmente, ne vengono risucchiati, mostrando atteggiamenti di riprovevole superiorità immaginaria. Nella realtà di provincia annoiata, si imparava subito ad odiare qualsiasi autorità armata, non ci voleva molto. Prepotenti ed arrroganti verso la comitiva intenta a rollarsi pacificamente un innocuo spinello, vili e pavidi con spacciatori d'eroina, estorsori, papponi armati, mafiosi dichiarati sulla carta d'identità. Come contorno, ostentavano piacioneria imbalsamata verso le donne, passo autoritario e sorriso demente. E molte non faticavano a ricadere tra le loro spire, oscenamente stupide. Giovani ragazze o mogli annoiate, se proprio volevano un amante come gaudente passatempo, optavano per il giovane carabiniere straniero, al limite per il parroco, da sempre disponibile ad alleviare le sofferenze di giovani fanciulle tormentate. L'uomo armato infonde sicurezza, una brutalità controllata, sesso virile e violento, ma senza mai degenerare. Il prelato le forniva il sostegno spirituale e della fede, dopo un amplesso misericordioso. Entrambe le tipologie di divisa, garantivano la tranquillità della discrezione, e l'impagabile soddisfazione mentale di accoppiarsi con un “potente”, dall'alto di una divisa sgargiante. E le donne, si sa, sono attratte dal potere e dal boss. L'ho letto su una rivista di moda. Ed io non sono avvezzo ai luoghi comuni. Per un attimo sono ritornato alla realtà: “E se la mia ragazza stesse frequentando un prete o uno sbirro panciuto?". Poi non ci ho pensato più.
Col tempo, quel rigetto verso le uniformi, ha assunto i contorni più sfumati, di un'indifferenza compassionevole. Sono uomini anche loro, in fondo. Alcuni l'hanno indossata come alternativa alla disoccupazione (anche se “oggi ci vuole la raccomandazione anche per entrare nei carabinieri”. Pennellata di saggezza di uno alcolizzato che la sa lunga). Rappresentano lo stato, ma lo stato più insignificante e sfruttato, l'ultimo scalino del potere. Prendono i loro mille (e spiccioli) al mese, sono più proletari e popolani loro dei tanti bambocci miliardari mantenuti da papà e mammà. Quelli che fanno i cortei con lo scialle della “guerra santa”, inneggiano al proletariato, agli operai sfruttati, al maoismo, e a 36anni, coi soldi della paghetta, si comprano i loro begli abiti finto-trasandati. Pasolini lo disse quarant'anni fa, ed anche per quello fu scacciato come peste da partito comunista. Visto come fumo negli occhi, un eretico che aveva misconosciuto la grande ideologia rossa, quella del “con noi o contro di noi”. Disse una verità indiscutibile, che nessuno poteva proferire, pena l'esclusione, il confino ed i ceppi. E così avvenne. Operai proletari che sfidano lo stato e si accaniscono contro poliziotti, più proletari e sfruttati di loro, e che della macchina statale, sono più vittime che carnefici. Una dissennata guerra tra pezzenti, che non comprendono come il male si annidi in qualcosa di diverso. E quelli in divisa che si atteggiano a padroni del mondo, rappresentanti severi dello stato, e umiliano solo i poveracci. Un potere pavido, fatto di niente. Dove sta la verità? Da nessuna parte, probabilmente. E' solo la stupida battaglia della suburra, su chi si illude davvero di contare qualcosa e mostrarsi meno miserabile.
Fregnacce ideologiche a parte, non si può non provare sdegno per i continui abusi degli appartenenti all'arma. Ed anche questo è un fatto innegabile. Assassini e torture gratuite di dimostranti, esaltati che di giorno difendevano i cittadini e di notte li ammazzavano con dei raid furiosi (quelli della uno bianca, per intenderci). Uomini in uniforme che ammazzano di botte, fino alla morte, un ragazzo drogato. Un folle che spara in autostrada ad un gruppo di ragazzi che si erano azzuffati. Ne ammazza uno, ma viene condannato quanto un ladro di chewingum, perché il poveretto ha avuto “una contrazione involontaria del dito, sul grilletto”. Così hanno sentenziato, senza la paura di sembrare ridicoli. Gli omicidi da oggi avranno un'altra attenuante: “la contrazione involontaria” e come tale scusabile. Se domani mi metterò a toccare culi per strada, non lamentatevi, trattasi di contrazione involontaria dei polpastrelli. Il problema non è farne una lotta ideologica, comprendendo capra e cavoli. Semmai sdegnarsi per lo scudo d'impunibilità di cui sono rivestite le forze dell'ordine. Gli uomini, con le loro devianze, ci sono in ogni classe di mestiere. Ma in chi maneggia un'arma, assumono contorni ancor più tragici, rispetto al fornaio che impasta uno sfilatino immangiabile. Sono arrivato alla soluzione, che non esiste una soluzione. Continueranno la lotta tra disperati.
Ho spento il motore, ho aperto il portone, ed ho vomitato. Poi ho letto un messaggio telefonico. “Non te lo avevo chiesto, ma il gatto non ce l'hai più? Che fine ha fatto?”.

 
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chinasky2006
chinasky2006 il 06/08/09 alle 10:46 via WEB
mh...non sai che sono un alcolizzato e che avevo un gatto (testimoniato da foto e svariati post). Sicuro che sei quella che segue il mio blog dai tristi albori? Va beh, ti perdono solo per quello. Essere stata l'unica ad aver resistito per tanto tempo alle mie nefandezze ed alla mancanza di cortesia smielata, tipica del blogger untuosamente amico. Forse ce l'hai fatta perchè sei distratta. Ciao. =)
 
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