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Riflessioni, meditazioni... la via dell'accettazione come percorso interiore alla scoperta dell'Essenza - ovvero l'originale spiritualità non duale di Claudio Prajnaram

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Il viaggio oltre la sofferenza

Post n°387 pubblicato il 18 Gennaio 2008 da Praj
 
Foto di Praj

Un Saggio ha detto: "Ciò che non vi uccide vi fa crescere". E questa affermazione, soprattutto, se letta in chiave spirituale, mi sembra giusta. Ognuno di noi, in un momento o nell’altro, ha avuto l’impressione di soffrire e di soffrire sempre di più e che la vita fosse dura, difficile, dolorosa.
Ognuno di noi passa o ha passato quei momenti. Ora però, di fronte a questa sofferenza, piuttosto che negarla o fuggirla, dovremmo invece trovare la forza per andare oltre... per trovare in noi quel luogo in cui tutto ciò viene trasceso.
Dovremmo usare la sofferenza, per quanto dura, come occasione, come palestra, per imparare a riconoscere l'essenza di noi stessi.
Dopo aver ritrovato il coraggio di riconoscere completamente ciò che è in noi, si tratta di avere il coraggio di gettarci nell’esistenza, di assumere i rischi, di accettare di ricevere i colpi della vita, sapendo già che si verrà esposti al gioco dei contrari: riuscito-fallito, felice-infelice, lode-biasimo. Certo, dovremo far fronte a situazioni che sinora abbiamo considerato dolorose, ma saremo in grado di accettarle dal momento che, se saremo "uno con" una situazione quale che sia, non ne saremo più colpiti. e, se viene accettata la sofferenza sfocia nella pace del profondo.
Se comprendiamo questo principio, non avremo più paura di soffrire, perché la sofferenza, se accettata, non è dolorosa; le situazioni tormentose acquistano un senso. E’ proprio a questo che dovremmo arrivare. Però se seguiamo il cammino della ricerca interior solo per paura di soffrire, non progrediremo mai.
Siamo d’accordo che la meta del cammino sia la scomparsa della sofferenza, la pace permanente, la gioia che supera ogni comprensione, ma il cammino passa per la sofferenza. E non è un ricercatore serio chi cerca di apprendere gli insegnamenti allo scopo di non soffrire più, bensì chi non ha più paura della sofferenza e non teme più di mettersi in situazioni che potrebbero farlo soffrire. Almeno avrà sperimentato, avrà vissuto, saprà che cosa l’esistenza poteva o non poteva dargli, avrà iniziato a comprendere la verità di ciò che i Saggi chiamano maya. l’illusione, e l’attaccamento, con il suo gioco di attrazione e repulsione. Un ricercatore accetta di soffrire. Chi è impegnato nel cammino preferisce vivere e soffrire piuttosto che non vivere per non soffrire. Non possiamo vivere senza assumerci il rischio di soffrire, sino a quando non abbiamo scoperto il segreto che ci pone al di là della sofferenza, quali che siano le circostanze della nostra esistenza. Comunque soffriremo.
Allora perché non accettarlo deliberatamente una volta per tutte. Perchè non viverlo come un ritorno alla nostra verità profonda, farne un cammino di purificazione, prenderlo come un punto d’appoggio per trascendere la sofferenza?

 
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