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Riflessioni, meditazioni... la via dell'accettazione come percorso interiore alla scoperta dell'Essenza - ovvero l'originale spiritualità non duale di Claudio Prajnaram

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Il diavolo veste alla moda

Post n°751 pubblicato il 10 Marzo 2010 da Praj
 

La moda ricorre alla “parola mitica” per equiparare il nostro bisogno di beni con il bisogno dei beni di essere consumati. Per questo i suoi inviti sono esplicite richieste a rinunciare agli oggetti che già possediamo, e che magari svolgono un buon servizio, perché altri nel frattempo ne sono sopraggiunti, altri che ”non si può non avere”. In una società opulenta come la nostra – in cui l’identità di ciascuno è sempre più consegnata agli oggetti che possiede, i quali non solo sono sostituibili, ma “devono” essere sostituiti – ogni motivo della moda è un appello alla distruzione.
Si tratta di una distruzione che non è la fine naturale di un prodotto, ma il suo fine, perché sopravanzando le sue creazioni la moda rende obsoleti suoi prodotti, la cui fine non segue la conclusione di un’esistenza, ma fin dall’inizio ne costituisce lo scopo. In questo processo la moda usa i consumatori come suoi alleati per garantire la mortalità dei suoi prodotti, che poi è la garanzia della sua immortalità.

In un mondo dove gli oggetti durevoli sono sostituiti da prodotti destinati all’obsolescenza immediata, l’individuo, senza punti di riferimento o luoghi di ancoraggio per la sua identità perde la continuità della sua vita psichica, perché quell’ordine di riferimenti costanti, che è alla base della propria identità, si dissolve in una serie di riflessi fugaci, che sono le uniche risposte possibili a quel senso diffuso d’irrealtà che la cultura della moda diffonde come immagine del mondo.
Là infatti dove un mondo fidato di oggetti e di sentimenti durevoli viene via via sostituito da un mondo popolato di immagini evanescenti, che si dissolvono con la stessa rapidità con cui appaiono, diventa sempre piùdifficile distinguere tra sogno e realtà, tra immaginazione e dati di fatto.
Declinandosi sempre più nell’apparire, l’individuo  impara sempre più a vedersi con gli occhi dell’altro. Impara che l’immagine di sé è più importante della sua personalità. E dal momento che verrà giudicato da chi incontra in base a ciò che possiede e all’immagine che rinvia, e non in base al carattere o alle sue capacità, tenderà a rivestire la propria persona di teatralità, a fare della sua vita una rappresentazione, e soprattutto percepirsi con gli occhi degli altri, fino a fare di sé uno dei tanti prodotti di consumo da immettere sul mercato.

Tratto dal libro: "I miti del nostro tempo" di Umberto Galimberti - Feltrinelli Editore


 
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