Creato da Praj il 30/11/2005
Riflessioni, meditazioni... la via dell'accettazione come percorso interiore alla scoperta dell'Essenza - ovvero l'originale spiritualità non duale di Claudio Prajnaram

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... io soffro. Ma chi è colui che soffre?

Post n°373 pubblicato il 17 Dicembre 2007 da Praj
 

Quando ci sentiamo assalire da una inquietudine, da un malessere, da una sofferenza, per prima cosa noi vogliamo eliminarla, dissiparla, cercando di modificare le cause esterne: ambiente, oggetti, persone, ecc. Davanti al fallimento di questo intervento, il quale non risolve mai la questione, noi dovremmo imparare a non agire più sulle circostanze che ci hanno fatto soffrire, ma ci dovremmo invece domandare: chi è colui che soffre? Io soffro. Dunque, chi sono io?
Se il problema è veramente sentito, la domanda si carica di forza psichica e permette di approfondire l’indagine.
L’essere umano è pieno di concetti su ciò che esso è. Associa il pronome “io” a molte qualificazioni, e questo “io” identificato nel l’ organismo corpo-mente si prende per un’entità indipendente. Ciò lo rende legato, a vari livelli, dal morale all’intellettuale…al fisico. Questa, per me, è la causa prima delle sue difficoltà.
Con un esame sempre più profondo, invece, si può constatare che le percezioni dipendono da chi le percepisce. Inoltre, si può scoprire che esse sono in continua trasformazione attraverso le età dell’esistenza: che va dall’ infanzia alla giovinezza, dalla maturità alla vecchiaia, e che colui che le osserva si trova al di fuori di esse.
A quel punto si comprende che lo sconforto che ha fatto nascere la domanda “chi sono io?” dipende da un “io” abituato a porsi come attore, pensatore, colui che soffre. Volersi sbarazzare della sofferenza, del conflitto, o diminuirli, non cambia nulla, dato che quando ci si pone come un “io” volitivo è proprio questo che ci lega alla sofferenza.  Questo “io” volitivo è sottomesso a tutte le fluttuazioni del condizionamento: paura, disagio, ecc., egli è un ego, una pseudo-entità. Quando questa situazione è vista per ciò che è, si elimina portando via con sé tutti i problemi.
Perchè è stata percepita nel momento dell’atto da uno spettatore totalmente impersonale e disimpegnato; quando lo vediamo, questo io-testimone,  non è più un concetto, ma un “io sono” vissuto.
Tutto ciò che ha preceduto l’“io sono” è riassorbito in uno stato di lucidità silenziosa.
Allora la sofferenza non è più vissuta come un carico personale, ma una testimonianza di una condizione. E non è la stessa cosa.
La sofferenza c’è, ma senza un qualcuno che afferma  “io soffro”. 
E lo sfondo nel quale dimora la Consapevolezza che noi siamo è 
serena presenza osservante.
Ci accade di percepire nuvole di dolore scorrere animate nella nostra mente, mordere il nostro corpo,  ma senza coinvolgere il Sé, ormai riconosciuta fonte inesauribile di pace e beatitudine, nostra intaccabile Essenza.

 
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Commenti al Post:
stregabianca3
stregabianca3 il 17/12/07 alle 18:38 via WEB
E' molto bello quello che dici, ma, tu ci riesci?
(Rispondi)
 
morbida1dgl
morbida1dgl il 17/12/07 alle 20:05 via WEB
Quindi percepire la sofferenza senza farsi sconvolgere è consapevolezza? Per quanto mi riguarda in due casi trovo più difficoltà: nell'attaccamento e nel rapporto di coppia...Buona serata :-)
(Rispondi)
 
 
Praj
Praj il 17/12/07 alle 20:36 via WEB
Sì, cara Morbida, ma non perchè sei diventato insensibile, ma perchè non sei più identificato in quell'"io" che soffre. Cioè, hai riconosciuto una identità più profonda, essenziale: il quale è l'osservatore impersonale dentro di Te. Hai scoperto dunque un doppio livello di Coscienza: uno esteriore, la mente- sensi-cervello, e uno più interno che è la pura Consapevolezza neutrale. Quest'ultima non è mai toccata dal dolore. Lo percepicce ma non è coinvolta in esso. I casi che tu riporti come ragione di disagio e attaccamento sono abbastanza comuni. Ma anche per essi vale lo stesso discorso che invita ad accrescere la Consapevolezza e la Comprensione, al fine di non perdersi in essi. Buona serata e un sorriso. :-)
(Rispondi)
 
Praj
Praj il 17/12/07 alle 20:38 via WEB
Ciao Stregabianca... da quando ho realizzato il punto, ci riesco sempre meglio. Poi, se ciò non accade, non mi colpevolizzo e problematizzo, mi accetto per come sono, e mi rendo disponibile alla prossima occasione. Opportunità che poi è nell'ordine delle cose si ripresenti. Niente è dato per acquisito una volta per tutte. La comprensione intuitiva apre uno spazio, che va coltivato ad ogni istante, attimo dopo attimo, perchè è sempre nuovo. La Consapevolezza, come il cielo, a volte viene oscurata, coperta dalle nubi... Ma ormai so di essere quel cielo... e so che le nubi passano. E con il tempo passano sempre più veloci. Sicuramente non sono superman, e non vorrei mai esserlo. Vivo queste dimensioni interiori con semplicità, nella ordinarietà, fra alcune contraddizioni, tra l'altro accettate come parte integrante della condizione umana. Un caro saluto :-)
(Rispondi)
nomore.norless
nomore.norless il 18/12/07 alle 20:10 via WEB
pensieri molto giusti (e utili, direi). Ciao, buona serata :)
(Rispondi)
 
Praj
Praj il 18/12/07 alle 20:32 via WEB
Giusti, utili? ... non so. E' il mio punto di vista e spero che siano utili a qualcuno, come lo sono stati per me. Grazie... Buona serata anche a Te. :-)
(Rispondi)
sarella12
sarella12 il 19/12/07 alle 05:27 via WEB
Quando tu parli della trasformazione delle percezioni con l'età, mi è venuta in mente questa immagine : il pianto di un bambino. e mi sono posta questo quesito: il dolore dietro a un pianto di un bambino è il dolore più cristallino che ci sia. ma che differenza c'è allora tra il pianto di un uomo e quello di un bambino? che esperienze portano entramnbe? può essere il dolore di un uomo meno puro di quello di un bambino? buona notte Sara
(Rispondi)
 
Praj
Praj il 19/12/07 alle 09:21 via WEB
Il dolore di entrambi è una manifestazione di un vissuto che si trasforma nell'arco dell'esistenza, ma di puro, cioè, d'incontaminato, c'è solo colui che Osserva. Quello è immutabile, è la presenza osservante tutti i fenomeni oggettivi, compreso il dolore. Solo quell'essenza è pura. Il resto, che è sempre mutevole, e che va dall'innocente pianto del bambino al doloroso sentimento di un adulto, è solo una forma di una più o meno marcata identificazione dell'essere umano con l'organismo corpo mente che crede di essere. Per il bambino, ovviamente, essendo piccolo e quasi privo di memorie, il dolore sarà più innocente, cristallino, mentre per l'uomo vissuto, essendo contaminato da ricordi, passioni in cui è identificato lo sarà molto meno. Buona giornata e un sorriso :-)
(Rispondi)
unagheisha
unagheisha il 19/12/07 alle 11:15 via WEB
sono un fallimento totale...soffro per tutto soffro in continuazione , mi guardo dentro ,mi guardo fuori nn trovo consolazione o convinzione che mi faccia evitare di star male ...soffro anche per le pene degli altri dicono che sia empatia ( cmq meglio non avercela )...sono un caso disperato??? aiutoooooooo
(Rispondi)
 
Praj
Praj il 19/12/07 alle 11:46 via WEB
No, non sei un caso disperato. C'è probabilmente della confusione dentro di te che va chiarita. Di gente che sta male come te ce ne tanta in giro. Quindi non sentirti unica nel tuo disagio e sofferenza. E' una realtà diffusa, purtroppo. Di strade per uscire da questa dolorosa situazione ce ne sono. Però, se non sei o non ti senti in grado di uscirne da sola da questo stato, come primo passo, vedi di farti aiutare, a livello psicologico, da qualcuno che è esperto su queste problematiche. E' evidente altresì che la via spirituale, quella che cerca le radici profonde del nostro essere, è seguente al chiarimento di base, all'equilibrio psicofisico che prima deve avvenire ed essere consolidato. Perchè per me bisogna innanzitutto mettere le radici ben piantate nella terra, prima di potersi permettere di avere i rami protesi verso il cielo e le foglie in balia dei venti. Un sorriso :-)
(Rispondi)
sarella12
sarella12 il 19/12/07 alle 15:27 via WEB
E' molto bello, e anche molto vero quello che dici. MI sto sempre più accorgendo che mi manca tanto quella chiarezza interiore che fa prendere la vita come un fascio di eventi proiettati su uno schermo da "osservare" con relatività...
(Rispondi)
 
Praj
Praj il 19/12/07 alle 18:48 via WEB
Quella chiarezza si può ritrovare, pian piano. Le Vie sono tante, ma occorre che ci si prenda la briga d'intraprendere, ricercandola, quella che più si confà alla nostra natura, al nostro spirito. Prima o poi, quel momento accadrà, anzi forse è già in corso... e poi sarà la stessa vita ad indicarti man mano i passaggi, come "via d'uscita" dal disagio esistenziale, per riportarti a Casa. Un sorriso :-)
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