Creato da Praj il 30/11/2005
Riflessioni, meditazioni... la via dell'accettazione come percorso interiore alla scoperta dell'Essenza - ovvero l'originale spiritualità non duale di Claudio Prajnaram

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Ancora non conosciamo il Conoscitore

Post n°374 pubblicato il 19 Dicembre 2007 da Praj
 

Ognuno di noi, non conoscendo ancora la pace profonda, si da fare per ottenere piacere.

Qualsiasi intenzione è un desiderio di raggiungere il piacere, oppure, di sfuggire al dolore; essa crea agitazione. Il sollievo che possiamo ottenere in questo modo è fatalmente momentaneo, e finisce nella sofferenza dalla quale è nato.
Cercando la sicurezza, sprofonderemo immancabilmente nell’insicurezza.
La pura osservazione, l’ascolto neutrale, implica l’accettazione che piacere e dolore si situino allo stesso livello. Del resto si può parlare di livello, perché il piacere non è che un dolore minore, ed è in realtà dolore confrontandolo con la beatitudine senza tempo. Sofferenza, dolore, gioia, hanno come sfondo la pienezza, e se li esaminiamo con attenzione distaccata non possono sussistere e si dissolvono nella loro sorgente, che è pura beatitudine.
La nostra natura essenziale non è conoscibile con il dialogo esteriore o interiore. Bisognerebbe riscoprire la presenza silenziosa che precede ogni discorsività mentale. Allora in quel Silenzio
l’”io sono”, senza attributi e qualificazioni, appare e ciò che lo precede è dissolto, cancellato.
Resta uno stato profondo senza problemi, senza conflitti.

Noi conosciamo i nostri problemi, le nostre emozioni, le nostre sensazioni, ma non ne conosciamo ancora il Conoscitore. Ed è questo conoscitore che va scoperto. Questo è il senso profondo della ricerca spirituale che allude al famoso detto “conosci te stesso”.

 
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Commenti al Post:
morbida1dgl
morbida1dgl il 19/12/07 alle 15:40 via WEB
Fino a che non conosceremo il Conoscitore vivremo per il principio del piacere che è anche un dispiacere.. Infatti è così sottile l'equilibrio che in molti traggono piacere nel dispiacere, pur di "sentire" qualcosa. Buon pomeriggio Praj :-)
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Praj
Praj il 19/12/07 alle 17:34 via WEB
Hai colto un aspetto molto importante: pur di "sentirsi", l'ego si attacca anche al dispiacere. L'identificazione al corpo-mente fa questo ed altro. Si costruisce addirittura un mondo soggettivo, nel quale ogni tipo di senzazione e emozione è spesso riferito unicamente alla propria supposta centralità. Buona serata, Morbida. Ciao! :-)
(Rispondi)
stellaserenity
stellaserenity il 19/12/07 alle 18:48 via WEB
Probabilmente le nostre sensazioni e le nostre emozioni non hanno molto a che vedere con quel " te stesso",ma forse sono strumenti che ci consentono di guardare l'esperienza umana nella sua totalità, poi c'è quella parte di noi che rimane distaccato dal nostro lato umano e per arrivare a conoscerlo bisogna avere...pazienza! prima o poi si risveglia in ognuno di noi la consapevolezza di essere ben oltre il proprio ego e dunque a quel punto inizia un percorso diverso, ancora lungo ma meno tortuoso! ;)
(Rispondi)
 
Praj
Praj il 19/12/07 alle 20:34 via WEB
Capisco quello che vuoi dire e sono molto d'accordo. Occorre un cammino e molta pazienza... poi forse ci sarà il salto quantico successivo, quello che ci porterà fuori da queste dimensioni che imprigionano, che costringono... E allora ti rispondo con le belle rispondo con le belle parole di un Risvegliato che ho appena letto nel Web. Un caro saluto :-) ***** "Lascia che la tempesta venga. Tu guardi sempre l'attività della tempesta dall'immobilità se la vedi da li, è davvero solo letteralmente un turbine caotico, un vento di pensieri e emozioni che passano. E tu osservi tutto sapendo che anche questo passerà e verrà a riposare. Se la agiti, aspettati lo scatenarsi della tempesta, ma non devi restarci conivolto per forza. Se potessimo vivere la vita in modo tale che non ci dobbiamo aggrappare a niente, se non abbiamo nessuna idea di come dovrebbe essere il domani, il prossimo momento, allora non soffriremo mai. Lascia che la tempesta venga, essa è sempre seguita da una pace, riposa sempre nella pace. Ma la tempesta potrebbe gettarti in una direzione in cui non volevi andare, se puoi accettare che ovunque ti getti sarà dove tu come divino volevi essere. Puoi davvero essere allora e non soffrirai mai, non importa quante tempeste attraverserai, te le godrai, saprai che passeranno e che prima o poi ti lasciaranno esattamente dove tu vuoi essere." (BODHI AVASA)
(Rispondi)
stregabianca3
stregabianca3 il 20/12/07 alle 18:20 via WEB
Schopenhauer. Mi ricorda Schopenhauer. E' importante la ricerca della conoscenza di noi stessi. Credo che sia anche molto importante avere consapevolezza ed esperienza di tutta la gamma delle sensazioni. PIacere e dolore. Gioia e tristezza. Entrambe fanno parte della completezza di ciò che siamo, un passo nel comprendere cosa siamo. Possiamo sempre ricercare la beatitudine, la felicità perfetta, che è il fine ultimo di ogni nostra ricerca, ma noi viviamo in questa realtà, per quanto reale od illusoria possa essa essere. Il nostro essere fisico ci è stato donato tanto quanto il nostro essere spirituale, la nostra anima. Il piacere che possiamo ricercare non lo considero sempre sbagliato. DIpende se la ricerca del piacere diventa qualcosa di ossessivo oppure no. Tutti desideriamo il piacere e sfuggiamo il dolore, ma è diverso dal cercare, dall'essere volti solo alla ricerca del piacere. Credo ci sia differenza tra edonismo e voglia di vivere amando e traendo piacere dalla vita. Non tutti i piaceri sono fisici o materiali, anzi. Ma esistono anche questi. Non so, ma non volerli gustare, tentare di allontanarli, di separarsene alla ricerca solo della felicità perfetta, mi sembra quasi un insulto alla vita che ci è stata donata e che ci è stata donata nella sua completezza. Non credo che i piaceri fisici siano stati creati per distrarci, per farci cadere in essi. La vita è fatta per essere vissuta. Arriveremo, un giorno, alla felicità perfetta, ma se non avremo sperimentato e goduto anche di questi piaceri, per me, non la troveremo mai. Namastè.
(Rispondi)
 
Praj
Praj il 20/12/07 alle 20:17 via WEB
Sono d'accordo che la vita va vissuta pienamente e che nulla va negato dell'esperienze umane. Mettevo solo l'accento sulla identificazione e riconoscimento dei meccanismi egoici che sottendono alle percezioni del dolore e piacere. Per trovare la giusta via di mezzo, la quale non è segnata dall'insensibilitò nè dalla mancanza di dinamismo emotivo, ma dal bisogno di accompagnare ogni esperienza piacevole o dolorosa con la Consapevolezza. Questo per non perdersi poi nel vortice degli attaccamenti. A proposito di Shopenhauer... non intendo addentrarmi, non ne sarei all'altezza, in una dissertazione di carattere filosofico e, nella fattispecie, del suo pensiero. Ma mi piace esprimere un passaggio ed il cambiamento nel mio modo di Vedere e Vivere la vita riguardo alla sua concezione filosofica. E' stato un grande pensatore che, in una particolare fase della mia esperienza umana, leggendo alcune delle sue opere, mi ha fatto molto riflettere: mi riconoscevo nella sua visione pessimista e fatalista. Trovavo nelle sue argomentazioni giustificazioni per il mio stato psicologico ed esistenziale di allora. Ma poi, non sentendomi soddisfatto di questa visione, la mia ricerca, fortunatamente, è proseguita. E' proseguita con l'approfondimento delle dottrine filosofiche orientali, che tra l'altro, lo stesso Shopenhauer stimava, le quali mi hanno aperto altri orizzonti oltre quello un pò cupo e rassegnato del grande filosofo. Ho scoperto i grandi insegnamenti tradizionali delle Upanishad, dello Zen, dell'Advaita, ecc...che sono l'aspetto in positivo, compiutamente realizzato del suo pensiero...la trasmutazione della rassegnazione in Accettazione. Il punto di comprensione di Shopenhauer, benché altissimo, però, a mio modesto avviso, non era stato portato a compimento. Mancava dello stadio finale. Il suo fondamentale no alla vita che scaturiva nel sentire in ogni manifestazione dell'esistenza quella Volontà della natura impersonale che ci fa sentire "burattini" e che comporta un profondo senso d'impotenza, di noia, d'inutilità, di pessimismo per l'io, negli insegnamenti trascendentali e metafisici delle filosofie orientali non dualistiche, viene trasformato, invece, in un "sì", in Liberazione, proprio su questa terra, permettendo il Rinascere, se profondamente comprese e realizzate, ad una nuova Coscienza. Il grande pensatore, a mio parere, aveva trovato la serratura giusta ma girava la Chiave in senso opposto. La sua lettura del senso dell'esistenza, per quanto frutto di profonda osservazione dei fatti della vita, della storia e dell'animo umano, era condizionato da un senso dell'ego non superato, che gli ha creato un pesante senso di rassegnazione, di chiusura , intrappolandolo in un mondo interiore dominato da un grande egocentrismo con conseguente interpretazione della realtà fenomenica come fatto esistenziale fondamentalmente infelice da subire e assolutamente ingovernabile per l'uomo. Questa sua condizione psicologica, combinata alla sua grandissima intelligenza, carattere e cultura, gli ha permesso di scrivere delle importantissime e monumentali opere filosofiche che hanno contribuito allo sviluppo del pensiero umano ma mancano della Comprensione Ultima del senso della vita e della morte, della Vera Volontà del Tutto (...). Un caro saluto :-)
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