Creato da Praj il 30/11/2005
Riflessioni, meditazioni... la via dell'accettazione come percorso interiore alla scoperta dell'Essenza - ovvero l'originale spiritualità non duale di Claudio Prajnaram

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Il viaggio oltre la sofferenza

Post n°387 pubblicato il 18 Gennaio 2008 da Praj
 

Un Saggio ha detto: "Ciò che non vi uccide vi fa crescere". E questa affermazione, soprattutto, se letta in chiave spirituale, mi sembra giusta. Ognuno di noi, in un momento o nell’altro, ha avuto l’impressione di soffrire e di soffrire sempre di più e che la vita fosse dura, difficile, dolorosa.
Ognuno di noi passa o ha passato quei momenti. Ora però, di fronte a questa sofferenza, piuttosto che negarla o fuggirla, dovremmo invece trovare la forza per andare oltre... per trovare in noi quel luogo in cui tutto ciò viene trasceso.
Dovremmo usare la sofferenza, per quanto dura, come occasione, come palestra, per imparare a riconoscere l'essenza di noi stessi.
Dopo aver ritrovato il coraggio di riconoscere completamente ciò che è in noi, si tratta di avere il coraggio di gettarci nell’esistenza, di assumere i rischi, di accettare di ricevere i colpi della vita, sapendo già che si verrà esposti al gioco dei contrari: riuscito-fallito, felice-infelice, lode-biasimo. Certo, dovremo far fronte a situazioni che sinora abbiamo considerato dolorose, ma saremo in grado di accettarle dal momento che, se saremo "uno con" una situazione quale che sia, non ne saremo più colpiti. e, se viene accettata la sofferenza sfocia nella pace del profondo.
Se comprendiamo questo principio, non avremo più paura di soffrire, perché la sofferenza, se accettata, non è dolorosa; le situazioni tormentose acquistano un senso. E’ proprio a questo che dovremmo arrivare. Però se seguiamo il cammino della ricerca interior solo per paura di soffrire, non progrediremo mai.
Siamo d’accordo che la meta del cammino sia la scomparsa della sofferenza, la pace permanente, la gioia che supera ogni comprensione, ma il cammino passa per la sofferenza. E non è un ricercatore serio chi cerca di apprendere gli insegnamenti allo scopo di non soffrire più, bensì chi non ha più paura della sofferenza e non teme più di mettersi in situazioni che potrebbero farlo soffrire. Almeno avrà sperimentato, avrà vissuto, saprà che cosa l’esistenza poteva o non poteva dargli, avrà iniziato a comprendere la verità di ciò che i Saggi chiamano maya. l’illusione, e l’attaccamento, con il suo gioco di attrazione e repulsione. Un ricercatore accetta di soffrire. Chi è impegnato nel cammino preferisce vivere e soffrire piuttosto che non vivere per non soffrire. Non possiamo vivere senza assumerci il rischio di soffrire, sino a quando non abbiamo scoperto il segreto che ci pone al di là della sofferenza, quali che siano le circostanze della nostra esistenza. Comunque soffriremo.
Allora perché non accettarlo deliberatamente una volta per tutte. Perchè non viverlo come un ritorno alla nostra verità profonda, farne un cammino di purificazione, prenderlo come un punto d’appoggio per trascendere la sofferenza?

 
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Commenti al Post:
DolceA0
DolceA0 il 18/01/08 alle 15:57 via WEB
Penso che la sofferenza pure se è accettata è dolorosa lo stesso. L'unica cosa che mi conforta - ed è per questo che continuo a vivere sperimentando vie e sentieri diversi - nonostante le varie sofferenze e le varie ammaccature prese, è che tutto ha una fine. Anche la sofferenza. Nella sofferenza, è vero, si ha l'opportunità di crescere, di conoscerci meglio, ma è uno stato d'animo che quando è portato all'esasperazione dalla propria fragilità interiore, porta anche alla depressione. E dalla depressione è difficile uscire. E' del resto altresì vero che nn vivere per nn soffrire è una scelta che nn porta da nessuna parte. Solo ad accucciarsi dentro le proprie paure.
(Rispondi)
 
Praj
Praj il 18/01/08 alle 18:09 via WEB
Infatti non deve diventare depressione ma occasione di trasformazione. E un ottimo strumento che ci può venire in aiuto piuò essere la meditazione. Proprio come il dolore si espande nell'inconsapevolezza, si restringe nella consapevolezza, diventando piccolo. Se osserviamo da vicino la nostra sofferenza, scopriremo che esiste una separazione, perché solo ciò che è separato da noi può essere visto. Non appena realizziamo la differenza tra noi e la sofferenza, impariamo a non iidentificarci in essa, e l'inconsapevolezza provocata dal dolore tende a scomparire. O almeno il suo impatto sulla nostra esistenza sarà di molto inferiore. Sapremo convivere serenamente anche quando bussa alla nostra porta.. Un sorriso :-)
(Rispondi)
 
 
DolceA0
DolceA0 il 18/01/08 alle 22:29 via WEB
capisco quello che dici. Tento di separare i miei stati d'animo da me. Di osservarli, di analizzarli. Talvolta ne rimango impigliata, talaltra me la cavo meglio. Non è facilissimo, ma nemmeno difficilissimo...miao :)
(Rispondi)
 
 
 
Praj
Praj il 18/01/08 alle 22:49 via WEB
Non è nè facile nè difficile: tutto dipende dall'ardore che ci sostiene, dall'impegno che ci mettiamo e dall'anelito alla trasformazione e liberazione che abbiamo dentro. D'altronde in questo sta il senso profondo della nostra esistenza. la sofferenza va usata per comprendere... chi siamo veramente. Ciao! :-)
(Rispondi)
ridi_1970
ridi_1970 il 18/01/08 alle 18:39 via WEB
Sono daccordo,il punto è prima che sorga completamente lo stato di sofferenza,ricordarsi di se,osservarsi"e la crescita cè,avviene,solo che avviene a piccole dosi.Guardando in faccia la sofferenza,e non scappando mai da essa appaga sicuramente in termini di crescita.
(Rispondi)
 
Praj
Praj il 18/01/08 alle 18:49 via WEB
Sì, bisogna proprio guardarla in faccia, coraggiosamente, vedere da dove sorge. E' lì dove nasce che si deve sradicare. So che non è facile, che per arrivare a questo necessita un certo "lavoro" su di sè. Ma non c'è alternativa. Pena soccombere alla sofferenza e vedere l'esistenza attraverso la sua prospettiva angosciante e portarsi un carico sempre meno sopportabile. Un caro saluro. Ciao, Ridi. Grazie. :-)
(Rispondi)
sofiastrea
sofiastrea il 19/01/08 alle 13:36 via WEB
La sofferenza non fa paura quando la conosci. Quando non può più sorprendere un ricordo e mettere in relazione quel dolore...fondamentale è Conoscersi e poter dire: ah sei tu! accomodati. A quel punto la sofferenza perde gran parte della sua forza distruttiva e a volte ti fa pure sorridere...ciao :-))
(Rispondi)
 
Praj
Praj il 19/01/08 alle 17:21 via WEB
Abbiamo bisogno di una vera sofferenza per conoscerci. Non dobbiamo e possiamo sfuggire la sofferenza. Quindi, mettersi in relazione con il dolore e accoglierlo con un sì è basilare per rilassare il nostro animo. La sofferenza è come un fuoco che brucia tutto ciò che è falso e fa ardere e rimanere tutto ciò che è reale. Un sorriso e ciao! :-)
(Rispondi)
nomore.norless
nomore.norless il 19/01/08 alle 20:50 via WEB
certo la sofferenza serve, e può essere motivo di miglioramento interiore e di acquisizione di un diverso modo di vivere la vita; tutti penso ne sappiamo qualcosa :). Trascendere la sofferenza sarebbe auspicabile, ma difficilmente raggiungibile. Ricercarla deliberatamente non saprei, ma ho capito cosa intendi. Ciao, buona domenica :)
(Rispondi)
 
Praj
Praj il 20/01/08 alle 10:30 via WEB
Cercare la sofferenza non è il caso. Si presenta sempre nella vita l'occasione d'incontrarla. Non c' è bisogno, a mio avviso, di cercarla. La causa principale della nostra condizione di sofferenza è profondamente radicata nella nostra mente; per conseguenza, qualsiasi cambiamento operato sul mondo esterno non avrà il potere di fornire una soluzione soddisfacente ai nostri problemi. In questo riconoscimento prima o poi qualcuno è indotto a ricrecare una via di liberazione dentro se stesso. Buona domenica a nche a Te. :-)
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Liebe88
Liebe88 il 20/01/08 alle 08:24 via WEB
I desideri smodati sono fonte di sofferenza, e la felicità della vita comincia solo dopo che essi finiscono. Buona e felice domenica caro amico e un abbraccio dal cuore :-)
(Rispondi)
 
Praj
Praj il 20/01/08 alle 10:36 via WEB
Sono d'accordo con Te, cara Liebe. Infatti, ci sono due tipi di sofferenza: quella che porta a una sofferenza maggiore e la quella che porta alla fine della sofferenza. Se non siamo disposti ad affrontare il secondo tipo di sofferenza, certamente continueremo a sperimentare il primo. Per sperimentare l’emancipazione dalla sofferenza esistenziale, occorre lasciare l’attaccamento alle cose e alle persone, alla scala di valori ingannevoli per cui ciò che è impermanente è maggiormente desiderabile. Ricambio l'abbraccio di cuore e buona domenica anche a Te. :-)
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