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Riflessioni, meditazioni... la via dell'accettazione come percorso interiore alla scoperta dell'Essenza - ovvero l'originale spiritualità non duale di Claudio Prajnaram
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Messaggi di Ottobre 2007
Spesso ci si domanda cosa s’intende per mondo illusorio…
E allora per provare ad spiegare cosa s’ intende per illusione e conoscenza dell’illusione stessa è sempre utile l’esempio della corda e del serpente.
Nella penombra possiamo scambiare una corda per un serpente, e sovrapporre ad essa particolari, come la sinuosità, e perfino il sibilo, cose che confermano addirittura la nostra paura.
Quando poi è possibile constatare invece che si tratta soltanto di una corda, la conoscenza della verità delle cose non ha come conseguenza l'eliminazione del serpente immaginario, né necessità di creare una corda già esistente.
La realizzazione della verità rivela che non c'è mai stato alcun serpente e che la corda è sempre stata lì. Dunque, lo scopo della conoscenza dell’illusione è mostrare la vera natura delle cose percepite e non la creazione o l'annullamento di cose inesistenti.
La conoscenza in questo senso non è dunque illusoria.
Ci sono poi alcuni individui che si domandano qual è allora qual’ è il senso delle cose, se questo mondo è un’ ìllusione. Sono smarriti in questa tormentosa indagine, quel che pare un assurdo interrogativo.
Per me, chi cerca il "senso", questo soggetto illusorio, appartiene ancora all'immagine, al riflesso. E’ qualcuno che è in balia di una ipnotica illusione.
Cerca un senso, la pace, l'amore.. ma ancora non sa che questi non possono essere ricercati nel riflesso, nell' immagine perché questi stati nel mondo fenomenico dei riflessi sono per loro stessa natura mutevoli, impermanenti.
Lo schermo su cui si proiettano queste immagini invece è il fondamento essenziale... e non ha bisogno né di senso né di pace né d'amore... perché è l'origine e la causa di tutto; riflette ogni cosa senza però esserne toccato - è trascendente - rispetto a ciò che riflette, cioè l'immanente fenomenico.
Dunque "Dio" crea il sogno per autoriflettersi nelle sue infinite forme e possibilità, altrimenti resterebbe giacente solo nel suo non essere, nell'immanifesto.
E la Luce senza l'oscurità non ha possibilità di aver Coscienza di Sè.
Ovviamente tali affermazioni espresse verbalmente non possono che dare una idea relativa, riduttiva di ciò a cui si vorrebbe alludere. Sono tesi limitate chiaramente dal linguaggio dualistico necessario alla comunicazione.
E' implicito però che il silenzio contiene l'essenza dell'esperienza diretta di quanto è accaduto a chi ne parla, ma se si vuole scambiare a livello di pensiero il possibile ci si deve accontentare del dito che indica la mappa di un territorio che nemmeno esiste oltretutto, se non nella nostra mente.
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Il senso della solitudine è molto diffuso. E molti cercano mille stratagemmi per sfuggirlo, ma non ci riescono. Questo succede perchè il senso di solitudine non si supera cercando una qualsivoglia compagnia o forma di distrazione, ma entrando nella proprio nella solitudine, accettandola e cercando di capire a fondo del perchè e da cosa nasce. Fino ad arrivare a comprendere che essa è la nostra natura più profonda. Ciò comporta una grande avventura:il viggio nella nostra più profonda intimità.
Occorre però coraggio per guardarla in faccia e non spaventarci dai fantasmi mentali che possiamo incontrare. Mi hanno insegnato che c'è una grande differenza fra il sentirsi soli e l'essere soli. E su questa indicazione ho indagato e ho constatato direttamente che ciò è proprio vero. La chiave che fa la differenza fra le due condizioni è la Consapevolezza di sè.
Nel sentirsi soli e inconsapevoli è avvertibile un disagio, la mancanza, un vuoto doloroso... un senso di povertà... mentre nell'essere soli consapevolmente emerge invece dall'interno una beatitudine, una forza sottile indescrivibile, un senso di ricchezza profonda...
Colui che sa essere solo diventa così un magnete carico di energia attraente... attrae compagnia: perchè la sua solitudine è qualcosa di positivo, raggiante, contagioso.
Chi invece si sente solo, purtroppo, con il suo lamentarsi con l’esterno non accogliente, crea le condizioni per l'aggravarsi del suo stato d'animo, fondamentalmente frustrato, auto isolante.
Per passare dalla solitudine che rimugina, sofferente e rivendicativa, alla solitudine aperta e consapevole, sempre disponibile alla condivisione, perchè piena d'energia e amichevolezza, occorre fare un percorso che non sempre l'ego incarognito nell’orgoglio, arroccato nella vanità, nella falsa timidezza, vuole fare. Si deve dunque iniziare a prenderci onestamente la responsabilità di ammettere che la causa della realtà in cui ci troviamo, e che non ci fa sentire bene, è totalmente nostra. Solo così si può intraprendere quella via che ci porterà all'incontro sano con noi stessi prima, e poi necessariamente all'incontro e alla relazione con gli altri positiva. Al dispiegarsi del loro interesse nei nostri confronti. Quando staremo bene con noi stessi non ci potremo più sentire soli e, quindi, anche gli altri avranno piacere a relazionarsi con noi, perchè non ci sentiranno più mendicanti d'amore, d’amicizia, ma re di vitalità e di gioia, di calorosa e sincera affabilità. Come a dire, sinteticamente: se non ci vogliamo bene noi, come possiamo sperare che lo facciano gli altri.
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Per un aderente ad una religione avere fede, vuol dire avere fiducia nelle Parole e nelle Promesse…
di un Profeta inviato da Dio o dal supposto figlio dello stesso.
Da un punto di vista ancor più profondo, a mio modesto avviso, direi invece: che per un Uomo Spirituale senza etichette, senza credenze, avere Fede vuol dire avere Fiducia nel Ciò che E': ovvero in Dio, il Tutto, proprio nella sua Manifestazione, qui ed ora.
Quest'uomo non ha bisogno alcuno di promesse...
è già colmo di gratitudine.
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Ogni "Anima" presente in questo mondo, che se lo ricordi o meno, desidera qualcosa che è impossibile manifestare.
Quest’unico desiderio agisce come combustibile per tutti i desideri.
Ogni Anima-Spirito desidera essere una sola cosa con il Divino, pur rimanendo nell’illusione, cioè vivendo sotto il velo di Maya.
Dal più semplice degli uomini al più arrogante, da coloro che hanno le devozioni religiose più disparate a quelli hanno i controlli sulle leve di potere e comando, o semplicemente a quelli bramano qualsiasi piacere e si dichiarano atei e materialisti, tutti noi siamo qui perché desideriamo essere una sola cosa con Dio, il creatore e distruttore e sostenitore di tutto.
Ma non lo sappiamo. Almeno moltissimi non lo sanno o ricordano ancora.
Dio conosce questo desiderio nel cuore di ogni Anima: e così, per venire incontro a tutte, concede a ogni forma senziente la capacità di focalizzare e sfocare le possibilità di riconoscerlo... e questo ha molto a che fare con la sensazione di poter controllare gli eventi della nostra vita.
Questa impressione è quella che ci da un senso di libertà.
Pur riconoscendo anche che alla fine tutti comprenderanno la futilità intrinseca a questa illusione di controllo, il Divino tuttavia lascia che ciascuno muoia e si reincarni ripetutamente, permettendo all’illusione di persistere finché gli esseri continuano a subirne l’incanto, a rimanere sedotti dal fascino di questo mondo.
In tal modo, ognuno di noi può dimenticare il Divino, dimenticare di scrutare nel corpo del Tempo e godersi una certa percezione di potere su una parte dell’illusoria commedia che stiamo interpretando. Ricordare il nostro desiderio di identificazione con il Divino non è facile, nonostante sia il desiderio fondamentale da cui sorgono tutti gli altri nostri desideri.
Lungo il cammino dell'esperienza umana, ad un certo punto però accade, non si sa come e quando, che il Divino ( l’Intelligenza Cosmica ) rivela a qualche ricercatore del Vero, non si sa perché e proprio a Lui, dopo averlo dimenticato per un tempo quasi infinito, quale è la sua identità profonda, metafisica. Chì è Lui, veramente.
Con questa rivelazione accade una rivoluzione nella Coscienza di colui che la riceve. E, a parte le innumerevoli ripercussioni che avvengono nella vita interiore del "graziato", il sentimento più significativo è quello di essere finalmente rientrato a Casa. In quella Casa in cui era da tempo atteso.
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C’è una fase critica nel cammino della crescita interiore, che ho passato ed è importante: è il momento in cui ci si fa prendere dal sentimentalismo, dai sensi di colpa, dalla paura della solitudine. E' un passaggio delicato e difficile, lo so. Perché c'è una parte di noi che vorrebbe l'abbraccio, la consolazione, il conforto della complicità, l'armonia a tutti i costi… e da questi stati d’animo si è tentati di accondiscendere per cercare una pace fittizia.
E' una insidia dalla quale ci si deve guardare, se si vuol andare più in profondità nella conoscenza di noi stessi.
Si deve assolutamente comprendere che l'altro non c'entra. Mai. L’altro con cui interagiamo che ci può odiare, amare o essere indifferente nei nostri confronti non centra.
L'altro fa solo emergere i nostri bisogni, le nostre paure, i nostri attaccamenti.
Non importa se l’altro sia sincero o meno, che sia consapevole o meno: quello che conta è sempre quello che succede dentro di noi. E’ solo su questo cui dobbiamo porre la nostra attenzione, su cui dobbiamo lavorare.
L’altro è sempre uno specchio che ci mostra ciò che accade in noi. Sia nel bene che nel male, nel positivo che nel negativo. Non dobbiamo attaccarci a nessuno di queste rappresentazioni: solo osservarle.
Quindi, da una focalizzazione apparentemente e sostanzialmente centrata su una emotività mal gestita o fintamente buonista e accogliente, perchè è insicura e traballante, sarebbe importante, a mio parere, salire verso una visione che scaturisce invece da un "terzo occhio", almeno un pò più aperto e panoramico di quello che quello che sceglie ancora fra il buono ed il cattivo, da quello che vede in modo dualistico, dell’ego bisognoso e mendicante d’amore.
Quel terzo occhio che è l'occhio dell'impersonalità, il quale può darci una apertura e una visuale delle cose e dei meccanismi molto più lucida di quella abituale, in cui sono coinvolti i piani delle memorie e delle reattività emotive.
Questo non vuol dire non ascoltare il cuore, ma anzi ascoltarlo con maggior chiarezza, equilibrio e compassione, ma anche con un maggior distacco. Paradossalmente totale coinvolgimento e totale distacco. Non è facile, ma si può. Questo vuol dire Esserci, ma esserci senza essere persi nella nebbia delle passioni, della affettività espressa e richiesta a buon mercato, infantilmente.
L'amore conscio è un'altra cosa dal sentimentalismo, dallo psicologismo che non ha nessun cognizione del proprio Sè metafisico.
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Se si serra il pugno, dopo aver inserito la mano in una fessura, fra le sbarre di una gabbia… per prendere un qualcosa che ce la riempie, non si riesce poi ad estrarla, se non si lascia la presa.
Questa è una metafora della nostra condizione di fronte alle cose della vita... che invece vogliamo possedere, trattenere…
Noi siamo nella stessa condizione: siamo intrappolati dal nostro volere, prendere… e ci imprigioniamo da soli con il nostro egoismo.
L’unica possibilità di liberarci è mollare la presa.
Non possederemo... ma saremo di nuovo liberi.
Questo vale per tutti gli aspetti del vivere umano dell'individuo: dagli aspetti materiali, psicologici, spirituali… a ciò che concerne l'avere.
Lasciar andare, mollare la presa… invece è la chiave della libertà dell'Essere.
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E' davvero uno stato pietoso quello di chi vive senza uno scopo veramente degno del motivo per cui noi tutti siamo qui: viandanti verso il nostro ritorno a Casa. E' molto curioso, per non dire strano, constatare come l'essere umano di questo tipo
Di chi vive stimolato solo dai piacere dei sensi e che, portato dal vento delle circostanze, sta andando alla deriva, mentre considera la sua condizione il culmine della cultura e della civiltà.
voglia governare persino nell'inferno piuttosto che
servire in Paradiso, il quale sarebbe sempre a sua disposizione se solo comprendesse... chi E' veramente.
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C’è chi dice che non ha senso scrivere di certe cose spirituali, che non serve a nessuno, che ciò non comunica niente… e che l'azione di voler trasmettere la propria personale esperienza spirituale è un' azione egoica, e non ha è non può avere nessuna funzione sull'altro... è sostanzialmente spazzatura per l'altro.
Per fortuna sembrerebbe che per qualcun'altro non è così... e c'è chi ha un pò più fiducia ed è un pò più aperto... disponibile all’accoglimento almeno di certe ipotesi e riflessioni.
Ed è solo per costoro che forse vale la pena di continuare... anche se agli scettici quella "trasmissione" può dare fastidio, annoiare, sembrare spazzatura.
Ma, come si sa, ci sarà sempre qualcuno a favore e qualcuno contro, come in ogni manifestazione della vita.
Puntualizziamo. E' evidente che quando si parla di ricerca interiore si parla sempre di mappe... perché il territorio, volenti o nolenti, lo dobbiamo scoprire da soli. L'illusione di base sta, per me, nell'identificazione con la mente che fa immaginare che ci siano "nemici" interiori che si debbano affrontare, che ci sia una lotta fra luce e oscurità... che ci sia una parte di noi che deve combattere contro un'altra, che ci sia una divisione.
Un dualismo che in realtà invece solo apparente, inventato dalla mente.
Questa aspirazione a diventare diversi da ciò che si è, è sostenuta dal credere che ci sia ancora un "io" che può scegliere... cos'è la realtà e cosa è l'illusione, quando invece è proprio il soggetto stesso che dovrebbe scegliere l'effetto dell'illusione stessa, del sogno costante.
I concetti che riguardano l’essere avanti o indietro in questo campo... per me sono balle mentali... dinamiche oniriche che appartengono al sogno del sognatore spirituale, teso eroicamente ad un arrivismo celeste, alla ricerca di di una consolazione, di un compenso psicologico.
Dunque, non si può sentire che sta arrivando il momento della liberazione da questo inganno mentale... perché quel momento è da sempre qui.
Quando si crede di sentirlo arrivare… inavvertitamente lo si sposta nel divenire e lo si perde ancora. E con questa continua perdita, la battaglia interna si alimenta all'infinito.
Diciamo allora che é necessario un viaggio "iniziatico" per arrivare a comprendere che non c'è mai stato quel "qualcuno" che credeva di averlo intrapreso.
Il punto di contestazione di questo "ambiguo" o contraddittorio messaggio però mi sembra di capire sia questo: è utile rivelarlo a chi, in quel momento, non può capirne il senso profondo, che non c'è un viaggio da intraprendere... che tutto è già qui? Serve a qualcosa, a qualcuno, dire che non c'è una meta da raggiungere... se colui che lo sente dire non se ne fa niente di questa affermazione?
Io stesso sto imparando a capire, o almeno mi sembra, quando, come e a chi è utile rivelare certi "segreti". Mi sto pian piano raffinando, gestisco meglio le mie passioni "spirituali".
L'esperienze insegnano, anche ai duri di comprendonio come me.
Dai e dai... qualcosa imparo cammin facendo. ... ah ah ah!
Rido, in questo caso, non per il contenuto di un qualche film comico, o barzelletta, ma perché dopo aver pianto e sofferto durante la visione del film drammatico, ha volte tragicomico, della mia vita, ho "scoperto" che non era altro che una proiezione nella quale mi ero identificato totalmente, e non era affatto la realtà che ora vedo con occhi e cuore nuovi.
Questa " illuminazione" istantanea ha creato l'inevitabile scoppio della risata liberatoria... ed il successivo silenzio interiore, anche se spesso è coperto dalle parole esteriori che galleggiano sull'oceano samsarico, nel chiacchericcio mondano.
Però, cari amici.. guardate che la Risata Suprema, non esclude le altre... eh eh eh! Per cui amo anche i film comici proiettati nelle sale cinematografiche... però senza popcorn... ma con le mentine... ah ah ah!
L'importante è ridere... lasciarsi andare alla risata che, comunque sia, è sempre liberatoria di tensioni e induce al rilassamento... e che se è profonda e totale porta anche al piccolo silenzio. Il che non è male.
E' bello ridere, come è bello piangere... perché è bello lasciarsi andare alle emozioni... con passione e compassione, umanamente.
Il Grande Silenzio che c'è in noi osserva "amorevolmente" queste stupende onde della vita. Una delle più grandi contraddizioni mentali è il volersi dimostrare come assoluto quando si è nel relativo e parlare del relativo quando si è nell'assoluto, nella Contemplazione non mentale.
L'assoluto e il relativo sono sempre compresenti... ma uno è evidente quando l'altro non è. Il renderci conto delle contraddizioni di noi stessi e volerle eliminare è davvero esilarante. E' proprio vero… non c'è via d'uscita... se non nel grande Silenzio.
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...come la corrente elettrica passa, quando i fili non sono isolati, l'amore è una corrente che passa, in modo naturale, tra gli esseri umani, quando si sono spogliati del loro orgoglio, delle loro ambizioni, del bisogno di accaparrare, accumulare, conservare, rivendicare.
Sono questi gli isolanti dell'amore.
Non serve a niente parlare.
Bisogna dimostrare.
L'amore è la vita.
Le parole non c'entrano.
(da uno scritto di Vlady Stevanovitch,
ciò che gli disse il suo Maestro)
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Qualcosa di noi muore
o si ferisce, con la morte e le ferite
di questi monaci
e cittadini birmani...
Prima comprendiamo che la loro libertà è anche la nostra, meglio è per tutti,
anche se ora
non ce ne rendiamo conto.
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Inviato da: lenteris
il 09/07/2023 alle 12:42
Inviato da: lenteris
il 09/07/2023 alle 12:33
Inviato da: lenteris
il 09/07/2023 alle 12:31
Inviato da: lenteris
il 09/07/2023 alle 12:28
Inviato da: lenteris
il 09/07/2023 alle 12:24