Creato da Praj il 30/11/2005
Riflessioni, meditazioni... la via dell'accettazione come percorso interiore alla scoperta dell'Essenza - ovvero l'originale spiritualità non duale di Claudio Prajnaram

Area personale

 

Ultime visite al Blog

lenterisZanzarina11gocciadiluna_1964SemidiluceeamorePrajcassetta2magdalene57moon_IDesert.69antonella.2009Arianna1921chirizzi.interfruttaDoNnA.Sil_tempo_che_verraLavoro_Rino
 

FACEBOOK

 
 

FACEBOOK

 
 

Ultimi commenti

Archivio messaggi

 
 << Gennaio 2009 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
      1 2 3 4
5 6 7 8 9 10 11
12 13 14 15 16 17 18
19 20 21 22 23 24 25
26 27 28 29 30 31  
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 
Citazioni nei Blog Amici: 154
 

 

Disclaimer:

 

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica poiché viene aggiornato senza alcuna periodicità.
Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62/2001.
Le immagini pubblicate e i video tutte tratti da internet e quindi valutate di pubblico dominio. Questo vale anche per alcuni brevi estratti di testo presi da alcune pubblicazioni, di cui però è sempre citata la fonte.
Qualora il loro utilizzo violasse i diritti d’autore, lo si comunichi all’autore del blog che provvederà alla loro immediata rimozione.

 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 

Messaggi di Gennaio 2009

Aspettando nessuno... colui che si sta Riconoscendo

Post n°571 pubblicato il 31 Gennaio 2009 da Praj

Pur scrivendo per tutti, in realtà scrivo per pochi.
Tra i pochi, solo pochissimi possono o vogliono capire,
una volta per tutte, che sono un nessuno; un
nessuno come tutti, ma che sa di esserlo.
Differenza infinita, differenza liberatrice.                                      
Non m'importa se intorno trionfa il festival della vanità, il gioco delle seduzioni, il diario dell'effimero. Quello è mero artifizio, fragile costrutto,
castello di sabbia... che allontana da sè... allontana da Casa.
Nostalgia del ritorno coperta dal carnevale delle apparenze.
Stiano lontani dunque i fans del feticcio e adorato 'io' da questo bracere,
dal fuoco incolore che brucia
velleità e ambizioni fantasiose, sentimenti edulcorati.
Un ego avvisato è mezzo salvato.
Per gli adoratori del bue dorato sappiano che i caratteri battuti da questa tastiera
 sono spilli che fanno scoppiare bolle immaginarie, anche se spesso sembrano
segni incomprensibili, fors'anche stravaganti.
Quindi, aspettando nessuno, in un'attesa senza tempo, serenamente... non mi resta che continuare a scrivere per me,
aspettando proprio Te, che ti stai Riconoscendo con un nessuno, un nessuno come me.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Poetici presagi

Post n°570 pubblicato il 30 Gennaio 2009 da Praj

Parole...
come ultimi fantastici profumi
del profano ambire
segnano il passaggio conclusivo
di un Viaggio
che conduce al Sublime.
Sogni...
come presagi del Sacro Amore
dove si trascolora la visione carnale
dove si trasmutano i sensi,
dove ci s'inchina alla Gloria
che celebra la scomparsa dei fantasmi...
fantasmi che si cercavano...
e nel Risveglio
si ritrovano abbracciati

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Liberazione senza compromessi

Post n°569 pubblicato il 29 Gennaio 2009 da Praj

Per quanto lontano sia dato vedere, l’espressione radicale, chiara e senza compromessi del non dualismo assoluto è dichiarata molto raramente... Tuttavia, lasciar intendere che un tipo di messaggio è più vero di un altro sarebbe duale come immaginare una scissione tra l’assoluto e il relativo.
Non esiste altro che la realtà. Non c’è che quello che è, così com’è.
Nondimeno, se l’apparente ricercatore sollecitasse una conduzione, allora scaturirebbe una risposta diretta sorta dalla chiarezza impersonale che, senza compromessi, costantemente distrugge ogni illusione non lasciando, tranne la possibilità della liberazione. Quella risposta viene senza la minima considerazione per la tradizione, le credenze, la comprensione, le considerazioni personali, o qualsiasi altra cosa che viene dalla mente in preda al sogno.
Ciò che è più desiderate e temuto è l’assenza… l’assenza del me che si sente separato. In quell’assenza sorge un’altra possibilità, assolutamente a monte ad ogni idea di comprensione, d’insegnamento, di divenire, di destino, di karma e di compimento personale; appare che in quell’ assenza c’è una grande disponibilità a capire quel messaggio raro, semplice e incredibile. Sarà sentito o no. Ed è tutto quello che è.
Per attingere ancora a ciò che è: “Qualunque sia l’ambiente o il momento in cui è comunicata quella percezione, è senza rapporto con la gratificazione, la credenza, una via o un processo.
Non può essere insegnata, ma si condivide continuamente. Perché è la nostra eredità, nessuno se ne può appropriare.
Non ha bisogno d’essere dibattuta, dimostrata o abbellita perché è come è in se stessa e non può che essere ignorata e rifiutata o realizzata e vissuta.

di Tony Parson: L'incomprensibile unicità - 
Terza e ultima parte

Tratto dalla rivista: 3ème Millénarie n. 78
(Traduzione della Dr.ssa Luciana Scalabrini)

http://www.sviluppocoscienza.it/parsons%20unicità.htm

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Comprensione radicale

Post n°568 pubblicato il 28 Gennaio 2009 da Praj

Da tutti i numerosi risvegli che mi sono stati descritti risulta chiaramente che una delle prime realizzazioni è che nessuno si risveglia.
Tuttavia, vediamo che la maggioranza degli insegnamenti, tradizionali o contemporanei, si rivolgono sempre a un apparente ricercatore separato (soggetto) e raccomandano, allo scopo di arrivare all’illuminazione (oggetto), di purificarsi, di coltivare la comprensione, di far tacere la mente e l’ego, d’abbandonarsi, d’essere onesti, di dedicarsi a una ricerca sincera, di dedicarsi alle terapie, di non fare niente, d’essere qui e ora e così di seguito… e idee sono così confuse e complicate come la mente da cui emanano.
Queste raccomandazioni vengono dalla credenza che l’ “illuminazione” del “maestro” è stata raggiunta e ottenuta con l’esercizio, lo sforzo, l’accettazione o l’abbandono, che può essere insegnato agli altri .
Evidentemente, non può esserci nulla di male nella ricerca sincera, nella meditazione e nella ricerca di sé e così via. Non è né più né meno di ciò che è. Ma chi è dunque quello che sceglie di fare lo sforzo? Dove conduce lo sforzo dell’apparente cercatore? Dove va a parare se non è che unicità?
Se non è un individuo separato, non c’è volizione. Di conseguenza, come potrebbe un’illusione dissiparsi da sola?
Il concetto d’illuminazione personale appare alla mente che si fabbrica una struttura del tutto inventata, costituita da un io spirituale, o preteso sè superiore che ha adottato o è stato sedotto da tutto un insieme d’ideali professati. Come, per esempio, la necessità della purificazione di sé che, crede, va a finire nella ricompensa dell’illuminazione... si applica perciò a domare il cosiddetto sé inferiore per costringerlo ad azioni che appaiono a quest’ ultimo come contrarie alla sua natura. Ecco l’origine della lotta, della confusione e di senso d’insufficienza e di disincanto che abbondano nella ricerca spirituale. E’ anche la ragione principale per la quale, fino a recentemente, l'apparente liberazione sembrava essere rara. Ma quando la liberazione apparentemente arriva, sembra non esserci nessuna differenza tra l’ addormentamento e il risveglio. Quando questo è realizzato, e lo preciso ancora, da nessuno, allora tutto l’edificio gerarchico di maestri, insegnanti di allievi e discepoli, molto semplicemente si dilegua.
Segue...

di Tony Parson: L'incomprensibile unicità - Seconda parte

Tratto dalla rivista: 3ème Millénarie n. 78
(Traduzione della Dr.ssa Luciana Scalabrini)

http://www.sviluppocoscienza.it/parsons%20unicità.htm


 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Nessuno è... separato

Post n°567 pubblicato il 27 Gennaio 2009 da Praj

Non c’è né me né voi, niente ricercatore, niente illuminazione né discepolo né guru. Non c’è meglio o peggio, non via o scopo e niente che debba essere compiuto.
Tutto ciò che appare è sorgente. Tutto ciò che apparentemente si manifesta in questo sogno ipnotico di separazione, il mondo, lo svolgersi di una via, la ricerca d’un sé interiore, è l’uno che appare come due, il niente che appare come il tutto, l’assoluto che appare come il particolare.
Non c’è alcuna intelligenza separata che tesse i destini, nessuna scelta.
Non succede niente, ma questo come è invita il ricercatore apparente a riscoprire ciò che è… il silenzio impersonale, eterno, a-causato, immutabile da cui deriva e si celebra l’amore incondizionato.
E’ il meraviglioso mistero. Vedere o non vedere.
La natura dell’unicità è incomprensibile. Di conseguenza ogni comunicazione su questo non può essere che un’interpretazione delle idee che circolano a questo proposito, idee che possono uscire dalla confusione o dalla chiarezza. Però suggerire che un’idea sia migliore di un’altra e che dirle o ascoltarle viene da una scelta personale sarebbe un rifiuto dell’essenza stessa della percezione non duale.
La comunicazione della confusione è un’espressione dell’unicità così come la chiarezza che la svela.
L’idea che l’apparente individuo separato può scegliere di fare uno sforzo per arrivare a qualcosa chiamato non dualismo con l’esercizio, le tecniche, la purificazione, la comprensione o qualsiasi cosa che possa essere insegnato o appreso, sembra molto diffuso.
Il concetto di aspirare ad un livello di comprensione a partire dal quale il cosiddetto saggio può accettare il dualismo della vita e vivere in pace con se stesso e gli altri, sembra essere l’obbiettivo percepito. Però, questo genere di percezione non potrebbe essere più lontana dalla liberazione che porta con sé la realizzazione che non c’è nulla né persona che diventa libera.
Il tipo d’insegnamento che si basa su uno sforzo personale è un insegnamento alienante semplicemente perché rinforza l’idea del saggio, ricercatore e del ricercato. L’idea stessa che vi siano approcci diversi dall’ Advaita viene da un’ignoranza fondamentale della sua essenza… Come sarebbe possibile avvicinarsi direttamente o indirettamente a ciò che già c’è? Chi farà questo approccio e chi è avvicinato?
Qual è dunque la differenza fondamentale tra una percezione personale e una impersonale? Il termine Advaita significa non due. Esprime presso a poco la percezione che tutto ed ogni cosa non sono che uno e che non c’è niente altro che questo.
Quando questo è chiaramente visto da "nessuno", questo rivela chiaramente che la nozione di soggetto e oggetto non è che un semplice concetto illusorio dentro il sogno ipnotico dell’illusione.
Di conseguenza l’idea secondo la quale un apparente individuo separato (soggetto) può aspirare all’illuminazione (oggetto) perde ogni fondamento. Diventa altrettanto chiaro che ogni pratica o sforzo per seguire una via, che conduce verso uno scopo futuro vanificano il senso della ricerca personale e costituiscono una diretta negazione dell’unicità eterna.
Ogni idea che presuppone la possibilità che pratiche dualiste possano condurre l’apparente ricercatore a una percezione non duale è come quella che pretende che con uno sforzo sufficiente e con forte determinazione un cieco possa imparare a vedere. Le dottrine, processi e vie progressive alla ricerca dell’illuminazione, non fanno che esacerbare il problema rinforzando l’idea che il sé apparente possa trovare una cosa che presume di avere perduto. E’ proprio questo sforzo, questo investimento nell’identità del sé, che ricrea continuamente l’illusione della separazione dall’uno. E’ il velo dell’esistenza , a cui crediamo fermamente, il sogno dell’individualità.
Segue...

di Tony Parson: L'incomprensibile unicità - Prima parte

Tratto dalla rivista: 3ème Millénarie n. 78
(Traduzione della Dr.ssa Luciana Scalabrini)

http://www.sviluppocoscienza.it/parsons%20unicità.htm

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Innocenza

Post n°566 pubblicato il 26 Gennaio 2009 da Praj
 

Se abbandoniamo il mondo degli eterni interrogativi e ci lasciamo andare al mistero Divino, allora siamo in condizione di godere tutto, sia di quello che apprezziamo sia quello che non ci piace. 
Se entriamo in quel senso di gratitudine comunque sia, anche quello che non ci aggrada, accettiamo la Vita per quello che è: il gioco della Coscienza, la rappresentazione Cosmica impersonale del Divino nella quale siamo immersi, come ipnotizzate entità e occasionali personalità. Arrendiamoci dunque a ciò che ci è dato, bello o brutto che sia. E' la chiave della liberazione dall'angoscia esistenziale creata dal dubbio, dalla sfiducia... dalla nostra falsa identificazione.
Cancellando tutti i dubbi, e quindi gli oggetti filosofici contenuti nella sfera della mente concettuale, potremo essere come una canna vuota, come un flauto, o come tasti un pianoforte: di fatto creeremo quello spazio vuoto attraverso il quale il Divino suona le sue melodie, sinfonie, canzoni... al meglio dello strumento che possiamo essere.
Se come spesso ci capita di chiederci il perché succedono certe cose, avvenimenti... togliamo invece, definitivamente, la parola 'perché' dalla mente: la ricerca del perché è un pozzo senza fondo incapace di dare risposte conclusive, soddisfacenti, assolute.
Gli avvenimenti avvengono, e ci serve a poco, in senso metafisico, capirne il motivo. Da un punto di vista più alto, non è importante il nostro punto di vista personale, il quale, di fatto, è una visione distorta e manichea del ciò che è. E' una visione limitatissima, angusta. Uno sguardo dal buco di una serratura sull'infinito. Guardiamo piuttosto il mondo con gli occhi di un bambino piccolissimo. E, come fa lui, con occhi pieni di stupore e meraviglia. Senza interferenze mentali ego-centrate.
Nel neonato c'è la coscienza di essere, ma nei primissimi anni non c'è nessuna identificazione, nessun giudizio e nessun pensiero del genere: 'io sono questo o quest'altro' o 'come mai... così doveva essere'...
Il ritorno a questo tipo di innocenza e di non illusorietà del vedere egoico, è proprio quello che hanno realizzato i Risvegliati dopo un lungo pellegrinaggio interiore. E' la cosa più più grande che ci possa succedere.
I saggi sono tornati ad essere spontanei e 'puri' come i neonati, si lasciano vivere dalla coscienza cosmica che contiene ogni cosa manifesta e immanifesta e non sono neppure tronfi della loro realizzazione, perché hanno trasceso persino il senso della comprensione individuale.
I Realizzati, come il bambini piccolissimi, vivono nella Coscienza cosmica, che esisteva prima ancora della manifestazione fenomenica, quando ancora non esistevano parole per raccontarla. Non per questo non sanno stare al mondo. Anzi, partecipano del mondo, ma sono anche aldilà del mondo. Hanno integrato l'essere con il non essere, hanno concretizzato la non dualità sul piano dell'esistenza umana. Hanno coniugato la dimensione Divina con quella umana, ovunque dimorino, in qualsiasi momento.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Un giorno ti accadrà...

Post n°565 pubblicato il 24 Gennaio 2009 da Praj

 

Un graditissimo regalo da parte di Liebe88 del gruppo Savitri 

Un giorno ti accadrà...
di  Prajnaram

 

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Aforismi

Post n°564 pubblicato il 23 Gennaio 2009 da Praj

Non sono gli anni che passano                
a pesare sulla gioia di vivere,
ma è la gioia di vivere
che diminuisce il peso degli anni.

Praj

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Auguri!!!

Post n°563 pubblicato il 22 Gennaio 2009 da Praj

Buon Compleanno, Claudio!

Continua così... sempre se Dio vorrà 

Il tuo compagno di viaggio, Praj 

P.S. Un grande ringraziamento a tutti gli amici vicini e lontani... che hanno ricordato...

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

E se non ci fosse un'anima individuale?

Post n°562 pubblicato il 21 Gennaio 2009 da Praj

Ciò che realmente siamo è quell'essenza pura e perfetta che ancora non riconosciamo.
La nostra vera identità dunque corrisponde al Divino stesso, in quanto non siamo né il corpo né la mente, non siamo colui che agisce.
Anche l'illusione di essere una entità separata che agisce per propria presunta volontà Gli appartiene.
In questo senso non abbiamo mai avuto alcun libero arbitrio. Solo l'Uno è: noi siamo forme temporanee della sua emanazione. Quando dovremo lasciare l'involucro corporeo, il soffio vitale che ci anima, si reimmergerà e si fonderà nell'Assoluto, nello spazio eterno da cui tutto nasce e in cui tutto si manifesta.
Il nostro senso di presenza individuale si scioglierà e si fonderà nella pace, nella Beatitudine ancestrale.
Questo può succedere anche in vita quando ci arrendiamo a questa Comprensione, morendo a noi stessi, al nostro senso dell'ego.
Abbandoniamo dunque anche l'illusorio ritornare sulla terra per continuare l'esperienza evolutiva personale, per imparare lezioni, per rincontrare Maestri o persone conosciuti in vite precedenti.
Non ritorniamo per pagare debiti o ricevere meriti. Questi meriti e debiti accadranno ma non a noi. La legge causa ed effetto si compie comunque.  Si ritorna nell'impersonalità che c'era prima di nascere. Ciò che è stato generato da azioni, pensieri, sentimenti... rimane nella Coscienza Cosmica la quale darà corso agli effetti necessari per la continuitàdella manifestazione creativa. Saranno altri corpi creati appositamente a recepirli e svupparli ma non noi, perchè non esistiamo nemmeno come anime individuali.

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

A volte, tradizioni, rituali, superstizioni... nascono così

Post n°561 pubblicato il 20 Gennaio 2009 da Praj

In un convento di monaci, molte centinaia d’anni fa, c'era un gatto nero che andava ad accovacciarsi sotto l'altare ogni volta che i monaci dovevano dire messa.  
Il monaco responsabile del monastero era un amante dei gatti, lo prendeva e lo metteva su una sedia, alla destra dell'altare, prima di iniziare la messa e lo ricopriva con dei pizzi e merletti per mimetizzarlo. All'inizio tutti i monaci ridevano, ma con il passare degli anni arrivarono dei novizi che ritennero che spostare il gatto nero da sotto l'altare e piazzarlo sulla sedia, alla destra dell'altare, ricoprendolo di pizzi e merletti, facesse parte del rituale; quando l'anziano monaco che si occupava di questa abitudine morì, i novizi continuarono tranquillamente e a fare quello che gli avevano visto sempre fare, ma quando morì il gatto cominciarono a correre in tutti i paesi limitrofi a cercare un altro gatto nero, altrimenti non avrebbero potuto celebrare la messa.

E' una bella parabola che ho trovato scritta sul libro
"Come vivere da Dio"  di Sandra Heber Percy - Laris-Editrice

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

L'immortalità del non io

Post n°560 pubblicato il 19 Gennaio 2009 da Praj

Meditando profondamente ci accorgeremo che siamo sempre connessi al principio che fa funzionare l’organismo fisico nella dimensione spazio-tempo.
Solo che non abbiamo accettato pienamente che tale principio sia Uno con la Coscienza cosmica, ossia l’energia universale.
Il dubbio principale che ci portiamo sempre appresso e che fa sorgere nella mente la paura di morire è: quando il nostro corpo fisico scompare, cosa ne sarà dell’io che percepisce di esistere?
Dove finisce il nostro senso di presenza?
Abbiamo talmente umanizzato il principio divino dandogli dei limiti, che ora nella nostra piccola mente sorge l'angosciosa istanza che si chiede se questo ‘io’ personale, tanto importante per noi, sopravvive o meno alla morte del corpo materiale.
Per comprendere cosa avviene con la morte del corpo fisico, dobbiamo però prima comprendere noi stessi e arrivare alla totale accettazione dell’inesistenza di questo "io" individuale e che perciò non esistono né una nascita né una morte. Tutto il resto viene di conseguenza. Altrimenti non supereremo questa paura inconscia. Né con la fede né con la ragione.
Quindi, per me, l'imparare a morire ogni momento, vuol dire essere in grado di sganciarsi dai ricordi, dalle credenze vecchie e nuove, dalle storie vissute, dai timori e dalle speranze proiettate nel divenire. Soltanto in questo modo, con l'esperienza diretta del morire a noi stessi prima della morte fisica, possiamo lasciarci andare e sentirci rilassati nel presente. Essere morti a se stessi o, se vogliamo, essere "immortali", sta a significare non essere più imprigionati nell’egoicità scaturita dall'identificazione con il corpo-mente e non considerarci più gli autori personali di alcuna azione, di alcun pensiero, alcuna emozione. Cosi facendo realizziamo che la nostra essenza è un’emanazione, un riflesso dell’immortalità stessa dell’Energia primaria di cui l'involucro corporeo è solo veicolo transeunte. Dunque siamo spazio infinito ed eterno, non esiste un’entità separata, e quindi dopo la morte la nostra essenza "liberata" dal corpo torna a fondersi con il Tutto eterno, immortale.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

L'ottuso e il saggio

Post n°559 pubblicato il 18 Gennaio 2009 da Praj
 

Un filosofo spiritualista, che si rifaceva alle teorie che negavano il libero arbitrio, uccise l’amante della moglie e quando si trovò in tribunale davanti al giudice, che aveva emesso una sentenza in cui lo condannava a 20 anni di carcere, cercò di convincere il giudice ad essere più mite, adducendo le teorie del non dualismo: “Io non sono colui che agisce: Dio ha usato questo strumento mandando un imput a cui il mio cervello ha reagito, quindi in realtà, ho solo compiuto la volontà di Dio! Nel preciso momento in cui ho colto mia moglie con l’amante sul fatto, non potevo evitare di ucciderlo.
Se è avvenuto significa che era la volontà di Dio.”

Il giudice era un grande saggio e rispose tranquillamente:
“Anch’io credo che esista solo Dio e la sua volontà. Il mio cervello ha solo reagito all’imput dell’esposizione dei fatti da parte dell’avvocato dell’accusa e della polizia e comprendendo che Dio ha programmato per te un lungo periodo di solitudine e lavori forzati, ti ho dato 20 anni di prigione. Sono convinto  sia la volontà di Dio, in quanto non potrei decidere altrimenti, poiché neppure io ho il libero arbitrio.

E' una parabola che ho trovato scritta sul libro
"Come vivere da Dio"  di Sandra Heber Percy - Laris-Editrice

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Confidenza exoterica o indicazione esoterica?

Post n°558 pubblicato il 17 Gennaio 2009 da Praj
 
Tag: koan

Tu... sì, proprio tu che mi stai leggendo... 
ti sto facendo una confidenza speciale:
comunque ti travesti, virtualmente o fisicamente,
ovunque ti nascondi, so chi sei.
Invece tu non puoì sapere chi sono.
Sai perchè?
Non lo sai non perchè mi maschero o non mi vedi,
ma perchè ancora non sai chi sei.

Un giorno lo saprai, ma non so quando.
Non sto scherzando, sto solo giocando o, 
se preferisci,
non sto giocando, sto solo scherzando.
In entrambi i casi sei garantito dal bollino blu.

Want to dance?

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Pubblica rivelazione... Verità!? 

Post n°557 pubblicato il 16 Gennaio 2009 da Praj
 
Tag: koan


Parafrasando un antico e anonimo ateniese...


vi confesso la verità:

non sono mai sincero!

Quanto sono credibile con simili affermazioni?

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Pratiche spirituali:  l'investigazione del Sè

Post n°556 pubblicato il 14 Gennaio 2009 da Praj
 

Investigazione del Sé vuol dire indagare nella natura del Sé, o se preferisci, indagare sulla tua Vera Natura. Essa consiste nel porti due semplici domande. Qualsiasi cosa tu stia facendo puoi chiedere a te stesso "Chi sta facendo questo?", "Chi sta guidando l'auto?", "Chi sta preparando la cena?", "Chi si sente stanco?", "A chi stanno venendo in mente questi pensieri?" La risposta a queste domande è sempre "Io". Quindi poni a te stesso la seconda domanda "Chi è questo io?". Non ci sono risposte razionali. Ma l'effetto che ha il porti la seconda domanda è quello di ricondurre la tua attenzione dall'esterno all'interno. Dopodiché l'attaccamento che hai alla storia esterna cambia, e più continui a praticare l'Investigazione del Sé, più la tua attenzione resta rivolta all'interno, alla Fonte.
Puoi iniziare sedendoti ad occhi chiusi e portando l'attenzione su questa pratica. Dopo essere diventato maestro dell' investigazione, potrai usarla tutto il giorno, qualsiasi cosa tu stia facendo, per ricondurre la tua attenzione alla Fonte.
Comunque, ci sono alcuni requisiti fondamentali per l'Investigazione del Sé. La maggior parte delle persone ha la mente talmente indaffarata ed è così identificata con la sua storia che semplicemente non c'è spazio dove l'Investigazione del Sé possa lavorare. C'è bisogno di lavoro e tempo speso nel conoscere la mente e nel renderla silenziosa. E' importante arrivare ad una mente sattvica, quieta e chiara.
Questa è la mente disponibile a comprendere la verità.
Se arrivi ad uno stato sattvico *, quando poni a te stesso la domanda "Chi sono io", cominci a vedere che questo "Io", l' "Io" che fa le cose, l' "Io" che crede certe cose, e l' "Io" che giudica le cose, non esiste.
Quello che l'Investigazione del Sé suggerisce è che senza alcuna tecnica tu puoi semplicemente essere quieto. Appena chiudi gli occhi e ti acquieti, diventi consapevole di un sacco di pensieri e sentimenti. Essere quieti significa non identificarsi con questi pensieri e sentimenti, non vederli come se fossi "tu". Dopo qualche tempo inizierai a notare gli intervalli che ci sono tra i pensieri, soltanto piccoli momenti di calma...Focalizzandoti su questi intervalli, i pensieri e le emozioni si allontaneranno e tu diventerai consapevole di un vasto, espanso spazio interiore, senza confini. L'essere quieto ha il potere, facendo assolutamente nulla, di condurti alla tua Vera Natura. Quando rimani a lungo quieto, scopri improvvisamente uno straordinario senso di unità e di amore che è già lì, e che ti travolge. Essere quieti non è una pratica. E' solo un cartello stradale che ti guida alla tua Vera Natura.
La tua Vera Natura è sempre lì, presente.
Quando scopri che l'investigazione del Sé ti porta alla pace o al vuoto, non puoi più credere alla mente. Non puoi più credere a quest' "Io" separato, a questa separata identità. 
 

by Premananda

Tratto dal sito:
http://premanandasatsang.org/micro/index_it.php

* Sattva. Una delle tre qualità dell’essere naturale, secondo le principali filosofie orientali, caratterizzata da armonia, gioiosità, luminosità, coscienza serena…

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

La mente non può capire lo spirito, fraintende sempre

Post n°555 pubblicato il 13 Gennaio 2009 da Praj
 

Chiunque parli, dopo che si è realizzato spiritualmente, non può evitare di essere frainteso. Troverà sempre dei detrattori per il semplice motivo che la mente condizionata di chi ascolta non può, per  la stessa natura del condizionamento, comprendere ciò che sorge dalla non mente, dall'Essenza. In misura diversificata, la mente del non realizzato, non può che attaccarsi alla lettera di ciò che ascolta o legge delle parole di un Maestro. E' inevitabile. Quindi, anche quando crede di aver capito, non è comprensione reale.
E’ soltanto un altro realizzato, o chi è sul punto di esserlo, che sa cogliere lo spirito delle parole e ne riconosce il senso autentico che stanno indicando. Il veicolo formale non lo svia. Una delle caratteristiche principale della  mente è di essere critica o credulona: per cui quasi sempre confuta ad oltranza o aderisce acriticamente ciò che le si presenta come insegnamento. Raramente non si pone come filtro, lascia entrare senza giudizio. Non conosce l’ascolto profondo. L’ascolto del cuore. Negli anni ho notato che anche i più grandi Maestri sono sempre osteggiati da qualcuno, anzi da molti, qualsiasi sia la loro forma espressiva. Essi non potranno mai essere capiti dalle masse, ancor di più dagli intellettuali. Ma anche quando vengono ascoltati da piccole minoranze di ricercatori interessati ai loro insegnamenti, anche lì, spesso, si crea quasi sempre una credenza solo letterale, una adesione semi dogmatica, emotiva, raramente frutto di esperienze dirette intense. Normalmente si affascinati da aspettative psichiche e istanze sovrannaturali.
Tutto ciò alimenta la confusione intorno all’insegnamento spirituale.
Nel tempo ho visto e riscontrato che chi è ritenuto un gran maestro da qualcuno non lo è per un altro. Come è possibile questo assurdità, se la verità è Una?
E' possibile perchè è normale avere sempre qualcosa da ridire, da differenziare, quando si naviga nella forma, quando non si coglie il succo degli insegnamenti. Questo è perchè non è giunti al nucleo dell’essere in cui
accade il il silenzio della mente discorsiva. Invece ciò non succede a chi ha assaporato l'essenza della Verità della non duale. Egli non ha difficoltà a riconoscerla ovunque venga espressa, e comunque e in qualsiasi forma venga indicata. Questa è la differenza principale fra chi ha realizzato direttamente il riconoscimento di Sè e chi è ancora un seguace, un ricercatore spirituale guidato dal senso dell'ego che separa, che non vede oltre il velo di maya dei concetti, delle parole, dei sentimenti personali.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Pratiche spirituali: l'indifferenza al pensiero discorsivo 

Post n°554 pubblicato il 12 Gennaio 2009 da Praj
 

La vera disciplina spirituale (sadhana) è non dimenticare mai di essere Energia Divina condensata in una forma. Se non lo dimentichiamo mai, non abbiamo bisogno di meditare.
Manteniamo costantemente questo pensiero nella mente ed esso avrà il ruolo dello spaventapasseri in un campo di grano: tutti gli altri pensieri voleranno via come dei corvi impauriti.
La beatitudine suprema, che viene promessa come un’esca al pesciolino ignaro, è erroneamente intesa come qualcosa da poter godere individualmente, mentre fa parte del funzionamento impersonale e quindi non è sperimentabile singolarmente, perché a quel punto l’ego, lo sperimentatore folle, è stato inghiottito dalla Coscienza.
La ricerca spirituale arriva al termine annientando il senso di individualità del ricercatore.
Dall’inizio della ricerca alla meta finale, il ricercatore passa da una tecnica all’altra fino ad arrivare a comprendere che l’individuo non ha alcun libero arbitrio e quindi non può compiere alcuno sforzo per affrettare la realizzazione. A questo punto molti sospendono la ricerca con indifferenza o frustrazione. Gli indifferenti hanno compreso che la realizzazione non dipende da qualche azione considerata individuale, mentre i frustrati sono ancora attaccati all’ultimo anello delle possibili azioni personali. Quando non esiste più neppure l’ostacolo della ricerca come sforzo personale, la comprensione ultima arriverà in un lampo.

Autrice Sandra Heber Percy: Divina Ipnosi - Detti dei Saggi di Shangri-La, Ed.Laris

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Darshan (Visione del Divino)

Post n°553 pubblicato il 10 Gennaio 2009 da Praj
 

Tutto ciò che è radicale va oltre la mente. Perché ciò che è semplice non significa facilità per la mente. Come a dire: è la mente che ama le complicazioni, i livelli, i meriti...
Ciò che va mostrato (non dimostrato), ciò che si può condividere, accade quando e perché deve accadere: perche la finestra è aperta e la luce filtra...
Il resto... a "chi importa?"
Facile, difficile, semplice... complicato... è per pochi, per tanti, per eletti o tutti, per chi lacrima sangue o per chi si cosparge di olio profumato per abbronzarsi meglio... chi ha ragione, chi torto, chi sa, chi non sa...
Ma a chi importa tutto ciò?
C'è l’illusione di scegliere. Il Gioco illusorio di rispondere. Il Gioco illusorio del Ricercatore che in fondo non sa che sta cercando il ricercato.
Ovvero nulla: perché è soltanto un Gioco Cosmico.
E’ una caccia al Tesoro Cosmico condotto sul campo neutro di Maya.
Ma è la Sorgente stessa che gioca per te anche coi tranelli, col gioco a nascondere di Maya. Perché siamo il Seme di un Frutto che non Vediamo.
Stendersi al Sole è capire che non fai mai nulla... Non fare nulla non significa che non stai facendo nulla... ma è osservare il Seme che si matura da sé; è vedere che la "porta stretta" che stai attraversando è l’unica per te e vedere nello stesso tempo che il Grande Gioco presuppone che le Vie del Signore siano infinite. Ognuna per sé.

preso da uno scritto di un Amico, Eckhart (Gigi)

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Quale amore?

Post n°552 pubblicato il 08 Gennaio 2009 da Praj
 

Quante volte vogliamo dare amore senza averlo traboccante in noi, senza sapere che prima dobbiamo darlo proprio a noi stessi?
Ma come è possibile trovarlo in noi stessi se crediamo invece che provenga solo dagli altri, da fuori e andiamo cercandolo altrove?
Che genere di amore siamo dunque in grado di dare e ricevere se, probabilmente, non sappiamo nemmeno dove risiede la sua sorgente e non siamo in connessione con essa?

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963