Creato da Praj il 30/11/2005
Riflessioni, meditazioni... la via dell'accettazione come percorso interiore alla scoperta dell'Essenza - ovvero l'originale spiritualità non duale di Claudio Prajnaram

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Messaggi di Novembre 2009

Note spiritualmente "scorrette"

Post n°704 pubblicato il 30 Novembre 2009 da Praj
 

Leggo spesso invocazioni e inviti alla pace, fatte da insegnanti e autorità religiose... Le loro suppliche, le loro prediche non possono però che essere  solo delle belle parole, belle aspirazioni... perché incapaci di una visione del Divino più ampia, di una Visione non solo umano-centrica.
Dai laici quelle idealità me le aspetto, perché essi fanno riferimento solo ad una giustizia e ad una condizione esistenziale di tipo orizzontale, fondamentalmente umanistica e materialistica.
Ma da chi confida nello spirito Divino m'aspetterei capacità intuitive diverse, superiori.
Quelle invocazioni, pur ascoltandole conrispetto, in realtà, dimostrano che ancora non si è ben compresoche la pace non esiste in senso metafisico senza il suo contraltare,la guerra. Se ci fosse solo la pace,così come al contrario ci fosse solo la guerra, non ci sarebbe piùla danza cosmica, la quale, per manifestarsi necessità di polarità complementari.
Quindi la pace dipende dalla guerra per avere un senso temporaneo.

Lo stesso principio vale per ogni cosa che per esere ha bisogno del suo opposto. Un esempio lo offre la musica:le note hanno un valore, una melodia proprio perché sono accompagnate da intervalli più o meno lunghi di silenzio. Suono esilenzio sono dunque elementi interdipendenti necessari affinché possa esserci musica. So che queste sono tesi spiritualmente scorrette per una religiosità dualistica e idealistica, ma sento di esprimerle comunque, al fine di tentativo unpiccolo svelamento di Maya, il mondo delle illusioni.
Lo faccio pur rendendomi conto che il principio della non dualità è troppo elusivo e paradossale per la mente convenzionale, la quale non può accettare il ciò che è, e va cercando consolazioni, speranze... sogni, al fine di far quadrare la sua logica limitata. Ma c'è una logica superiore che l'ego dell'uomo non può capire. Può solo arrendersi ad essa. Deve accettarla come Mistero.
Anch'io posso invitare alla pace, pure auspicarla, ma so che quello che posso fare, innanzitutto, è solo essere pacifico, sapendo però che la pace mondana collettiva, assoluta, è una utopia, è impossibile.

Non è nell'ordine delle cose nel mondo fenomenico. Tuttavia la nostra natura intrinseca, Essenziale, è Pace ed è appunto questa l'unica Pace,s empre presente in noi stessi, che anch'io inviterei a ritrovare. L'altra, quella mondana ed esteriore, quella relativa, dipende in misura proporzionale da quanti hanno maturato quella interiore. E questo dipende da noi fino ad un certo punto, vista la nostra piccolezza volitiva rispetto all'infinito Tutto.
Accettare che Dio sia il Tutto-Uno, implica ovviamente che Esso possa essere sia il bene (pace) che il male (guerra), anche se questa considerazione può sembrare blasfema per un ego spiritualmente corretto, culturalmente condizionato dalle categorie morali di cui è intriso.

Al contrario la Coscienza transpersonale, metafisica e non duale, pur includendo e contenendo ogni dimensione di pensiero morale, ideologico, etico... trascende qualsiasi realtà allo stesso tempo.



 
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Con l'umiltà si tocca il cuore

Post n°703 pubblicato il 27 Novembre 2009 da Praj
 

L'umiltà non sta nel farci piccoli ma nell'essere onesti con noi stessi e quindi con gli altri. Sta piuttosto nell'accettazione delle nostre reciproche imperfezioni e debolezze e nella comprensione che siamo tutti fallibili. Ed è perciò il riflesso della capacità di perdonarsi e perdonare, facendo cadere ogni arroganza e giudizio colpevolizzante.
Da ciò ne consegue un sentimento autentico d'umiltà. Si entra in rapporto o relazione con gli altri senza presunzione, senza sensi di colpa e, complementariamente, senza nessun senso di merito e di vanto.
Ci poniamo o proponiamo proprio così come siamo: umani, possibilmente, aperti e fiduciosi. Altrimenti possiamo rischiare ancora di rapportarci con l'altro con una forma sottile di nascondimento dell'ego, celato però dietro ad una maschera da umile. Sarebbe solo una umiltà formale.
E' in questo senso allora fare qualcosa per qualcuno trascende se stessi diviene un non fare personale, quindi "puro", pulito.
Il "come" ed il cosa", ovvero il mezzo ed il fine, soprattutto in una dimensione spirituale, dovrebbero essere in armonia, in sintonia, coerenti.
So che non è facile, ma se si vuol comunicare e fare arrivare al cuore e all'intelletto di un interlocutore il nostro messaggio bisogna cercare di essere in una disposizione d'animo molto aperta. E' un continuo imparare... il riscontro è importante, direi fondamentale.
Altrimenti c'è una sorta d'imposizione che può sfociare in una sorta di sottile violenza psicologica.
Senza il riscontro, il dialogo e l'aiuto è spesso improduttivo, poco utile.
E' questa abilità che contraddistingue un "maestro" da una persona che non lo è. Per cui ritengo sia necessario saper modulare la nostra espressione in rapporto a chi ci sta di fronte e vuole comunicare con noi. E' altrettanto importante saper inoltre ascoltare con attenzione, con il cuore e con lo spirito, essere ricettivi, accoglienti e senza pregiudizi.
Allora l'umiltà è un fatto reale e nel comportamento diventa modestia e con la quale poi si fluisce nello scambio centrati nell'armonia degli opposti, mettendo a proprio agio colui che è in contatto con noi in quel momento. Ogni via di ricerca spirituale, degna di questo nome, porta in sè questo passaggio e stato coscienziale basilare, che si evolve facendo emergere un naturale senso di umiltà di fondo.


 
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La dipendenza non esprime l'amore

Post n°702 pubblicato il 25 Novembre 2009 da Praj
 

Un'amica mi scrive: "... essendo uscita dalla codipendenza affettiva, mi piacerebbe leggere il tuo pensiero in un post sull'ego assertività, Compassione e spiritualità... un confine molto sottile e "precipitevole".

Allora proverò a risponderle per come so e posso.
Per non essere portatori di un'amore sterile, dobbiamo sapere che non conta nei fatti che si creda d'amare, ma conta il fatto che coloro che crediamo d'amare riconoscano il nostro amore.
Anche se stiamo amando convinti di farlo al meglio delle nostre possibilità, se ciò non è riconosciuto dall'altro, vuol dire che lo stiamo facendo in maniera inefficace, in quel momento, per i bisogno dell'amato. E questo può essere reciproco.
A questo punto bisogna diventare consapevoli che probabilmente non sappiamo ancora amare noi stessi in modo appropriato, e che è forse per questo che manchiamo di dare amore in modo efficace, perché in realtà ancora sotto sotto lo elemosiniamo, mentre ostentiamo il contrario.  E questa è una finzione che il cuore di chi ci sta intorno percepisce. Manca la generosità di quell'amore che, sovrabbondante, dovrebbe traboccare da noi, se solo fossimo pieni dell'amore per noi stessi innanzitutto, in quanto degni figli della terra e del cielo, non sciocchi narcisi persi nell'auto adorazione ma sempre bisognosi di conferme esterne. La certezza di amare può essere espressa soltanto quando il dono è disinteressato, non pretende nulla in cambio ed è senza aspettative di sorta; quando si rivolge soprattutto alla dimensione essenziale dell’altro.
Allora la qualità e la potenza di quest'amore cosciente e libero non può che contagiare, non può che toccare il cuore di chiunque ne venga in contatto. Solo in questo caso, chi rifiuta il nostro amore, si deve prendere la responsabilità della chiusura della porta d’accesso al suo cuore dei doni che vengono offerti. Ci sono momenti, durante una crisi di un rapporto, relazione affettiva, che preannunciano una rottura definitiva, una separazione.
Sono momenti importanti che si dovrebbero vivere con il cuore, ma anche con lucidità e discernimento.
E’ forse quella l’occasione giusta per elaborare il probabile lutto, se ancora permangono i motivi d’amore che hanno formato la coppia, l'amicizia affettuosa. E’ quello il tempo propizio per riflettere seriamente sulle ragioni di fondo che hanno causato i problemi, che hanno interrotto la comunicazione o comunione.
Si vorrebbe cedere all’ansietà, alla tentazione di rimuovere il disagio, di scansare la sofferenza creatasi. E' comprensibile e umano.                       
Quindi si vorrebbe cercare al più presto il modo di riconnettersi con l’altro per alleviare la pena del distacco, della mal sopportata solitudine…  
Si dovrebbe avere il coraggio di stare con noi stessi fino a quando non ci siamo ben chiariti; fino a quando abbiamo valutato e definito con onestà i nostri veri sentimenti e interessi che ci legano intimamente all’altro. Senza colpevolizzare e colpevolizzarci ma vanno esaminati alla luce impietosa della sincerità verso noi stessi e verso l’altro.
Vedere la qualità e la forma affettiva e d’amore che sappiamo dare e ricevere, senza strumentalizzazioni. rivendicazioni e aspettative che non saremmo in grado di soddisfare.
Considerare le possibilità e le prospettive reciproche in merito alle nostre caratteristiche psicologiche ed esistenziali, seppur disponibili a taluni cambiamenti. Tutto ciò per non ripetere gli stessi errori in un'eventuale riappacificazione, per non riproporci ancora con gli stessi meccanismi psicologici che ci hanno portato a quella spiacevole situazione.
Per far questo occorre pazienza, coraggio e fiducia e un vero lavoro su se stessi, che ci riporti a una nuova Consapevolezza maturata, oltre ad una grande capacità di accettazione.
Per cui sarebbe auspicabile che noi fossimo in grado di elaborare bene le ragioni che ci hanno portato a questa condizione di non comunicabilità, per trovare una comprensione che ci aiuti a trasformare questa importante esperienza in un’occasione di ulteriore crescita personale e di relazione.
Non è facile, ma se c’è ancora amore, è possibile. Altrimenti se non fosse possibile ristabilire una riconnessione amorevole, e rimanendo immutati l’affetto e la stima, è sperabile che fra due persone intelligenti, che almeno non si faccia mancare la propria preziosa amicizia.
Quella sì sempre possibile, a mio parere. Invece è proprio quello il momento per lavorare su di noi, per conoscerci meglio. Spesso, noi non vogliamo vivere il mistero e la magia l'amore, ma soltanto non sentirci soli, avere una compagnia fisica, una relazione confortante o una passione eccitante... L'amore che non si può perdere in realtà appartiene ad una dimensione diversa dal pretendere, dal volere... dai fondamenti dell'amore egoistico. Soltanto quando non abbiamo più l'attitudine all'amore possessivo, l'amore vero si fa individuare è offre l'occasione d'esperienza profonda.
Questa opportunità è sempre a portata di mano: proprio perché si può amare da subito e senza condizioni, a prescindere dai tornaconti che si potrebbero avere.
E' importante quindi riconoscere quando si è nella codipendenza, quando si è presi dall'attaccamento. Quelli sono proprio i segni che c'è qualcosa che non va e che lil rapporto è destinato ad andare in  crisi.
Quando la coscienza è rivolta verso l’oggetto esterno si oscura il discernimento. L’essere non vive più libero da ciò da ciò che desidera e che attende.
Finché c’è un io e un oggetto d’amore, c’è desiderio di possederlo, di unire l’io all’oggetto. Vivere l’Amore, la Pace profonda, la Pienezza, è non essere più separati, è realizzare che lo spazio tra l’io e l’oggetto è sofferenza o piacere, e ciò non è che una formazione mentale. Quando la mente tace, lo spazio, l’io, l’oggetto, sono assorbiti nella Pace.

 
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Tenera comunione, intimità... d'Essenze

Post n°701 pubblicato il 23 Novembre 2009 da Praj
 

In quel momento i sensi erano vibranti e sorprendenti,

la pura radianza dei sorrisi appagati potente indicava

che c'eravamo con tutta la pienezza

e il vuoto della candida nudità senza maschere.

Ciò faceva dire alla pelle: accarezzami ancora, senza vergogne

e cantate il vostro silenzio.

A parlare c’erano solo sorrisi luccicanti, vellutate carezze,

occhi caldi e accoglienti cavità.

Uno specchio di cristallo rifletteva due corpi avvinti in teneri abbracci,

mentre lo specchio dell'Anima, invitante, riluceva radioso la nostra danza.

Era tenera comunione, intimità... d’Essenze.

Ogni cellula cantava e danzava, celebrava l’estasi dell’abbandono

al mistero della sublime energia: allora non c’ero più nemmeno io, non c’era l’altro,

non c’era nessuno a rendersene conto: l’ io ed il tu erano svaniti... nel Nulla che Tutto Può.

Ora, sull’alone della serenità, ricordo con amore ma senza nostalgie quel nostro volo.

E, per quando vorrà riaccadere, ho lasciato la porta aperta.



 
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Percorsi contrari

Post n°700 pubblicato il 21 Novembre 2009 da Praj
 

Quanto più l'invecchiamento del corpo comporta un curioso e innocente ringiovanimento dello Spirito, tanto più si ha il senso di un viaggio a ritroso verso un grembo celestiale.
Proprio il contrario che un sentirsi spegnere, come un vuoto a perdere, attesi nell'abisso dell'oscurità.  (Praj)


 
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Tantrica-Mente

Post n°699 pubblicato il 19 Novembre 2009 da Praj
 

Accarezzandoci... l'uno nell'altro... belli,
i nostri occhi brillanti di luce ultramondana
scorgevano i confini penosamente mentali
di chi non conosce l'arte del dolce penetrare
nello sconfinato e Divino gioco dell'Amore.
Le lingue si parlavano vibrando e danzando
fra sospiri che sapevano d'altri mondi...
e si sorrideva in pace sentendo che si poteva
lasciare il tempo alle ragnatele dei ricordi
bruciare di vita viva o veleggiare sul godere
senza essere mai schiavi.
Ci siamo riconosciuti abitanti di un universo
parallelo e silenzioso, dove chi conosce la Fonte
dell'Estasi suprema sa dissetare l'Anima
usando questo calice fatto di sensi accesi
accompagnati dalla Luce.



 
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Attento ai mercanti d'incenso!

Post n°698 pubblicato il 17 Novembre 2009 da Praj
 

Non vendo fumo spirituale, ti restituisco Solo e soltanto alla vacuità che Sei.
Per questo dico: tieni fuori i mercanti dal tempio interiore!

Stai alla larga da quelli che ti promettono, compresa la tua stessa mente,
che un giorno sarai migliore, diverso da ciò che sei.
Guardati dalle seduzioni di questo genere: sono un inganno,
che svegliandoti a Te stesso, proprio adesso, puoi riconoscere come false.
Questa Consapevolezza è la base per una autentica, possibile, trasformazione positiva e naturale, non una nuova finzione dell'ego.
Queste parole che vengono dal Nulla (Tutto), che non ascolterai,
perchè ambisci ad essere una maschera nel teatro dell'esistenza, comunque sono un puro regalo,
nemmeno un investimento a fondo perduto.
Potrebbero però essere un seme... di quella Coscienza che ancora forse non sai di Essere.



 
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L'opposto della rassegnazione

Post n°697 pubblicato il 15 Novembre 2009 da Praj
 

C'è una sostanziale differenza esistenziale fra il principio di rassegnazione-fatalismo con quello di accettazione-arresa. Per me, sono principi spiritualmente e metafisicamente opposti. Lo stato psicologico e spirituale della rassegnazione contiene il "no",un rifiuto esistenziale, nel suo sfondo.
Diverso è invece lo stato che è sostenuto dalla luce della consapevolezza, che ha il “sì”come supporto, diventato Accettazione.

La differenza è fondamentale: con la negazione impotente c'è la passività costante come attitudine, inattività sfiduciata,pessimismo malinconico, rancore strisciante, malessere... mentre con l'Accettazione, ovvero con l'affermazione fiduciosa, non gestita dal senso dell'ego, l'impotenza passiva si trasmuta in potenza co-creativa, azione positiva impersonale.
Accettazione e rassegnazione dunque hanno ben poco da spartire. Hanno in comune solo un'apparenza concettuale, esteriore.
Perciò essere in uno stato di coscienza di accettazione invece che di rassegnazione cambia completamente l'approccio alla vita. Anche la qualità dell'esistenza è opposta: nell'una è basilarmente triste, nell'altra è serena.
L'accettazione ha una totale aderenza al presente. Non da spazio alla fantasticheria, non rimugina sul passato, non specula su quel che è stato o quel che potrebbe essere.... si attiene al ciò che accade momento dopo momento con naturalezza, disponibilità e assunzione dei possibili cambiamenti. Si fa carico del ciò che è senza resistenze di fondo, aprendosi alle trasformazioni ineluttabili.
L'accettazione è presente e spontanea di fronte agli eventi, non è scelta deliberata e calcolata da un soggetto che crede di agire personalmente: l'azione ed il pensiero conseguenti sono sorretti e pervasi dalla consapevolezza e dal sentire fiducioso di essere agiti dal Divino-Tutto. Se l'accettazione è un costante accadere del Divino che ci fa strumenti del Suo volere, la rassegnazione invece è sempre uno stato dell'ego riluttante all'abbandono.
Siccome solo il Divino può togliere all'ego l'illusione di avere una qualche sorta di potere, la stessa accettazione non può diventare un atto di volontà personale.
Infatti l'ego non può accettare, può solo rassegnarsi. Ecco perché allora qualunque cosa si faccia con l'intenzione di ottenere, avere uno scopo personale... ostacola di fatto la stessa accettazione, l'arresa al Divino, la discesa della Grazia dissolvente ogni rassegnazione.


 
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Uno sguardo nell'anima, il vero test antidroga

Post n°696 pubblicato il 13 Novembre 2009 da Praj
 

L’assunzione di sostanze stupefacenti è diffusa su vasta scala. Si va dal consumo di quelle definite “pesanti” a quelle “leggere”. Ogni classe sociale ne è toccata. E ciò succede in ogni parte del mondo, più o meno considerato civilizzato.
Sulle cause del dilagare di queste fenomeno sono stati scritti fiumi d’inchiostro, fatte discussioni di ogni tipo e livello. Sono state analizzate, sotto tanti aspetti, le motivazioni psico-sociologiche che indurrebbero gli uomini a usare queste sostanze che alterano lo stato di coscienza in maniera evidentemente pericolosa e nociva, per sé e per la società in generale. Gli allarmi su questo problema sono fatti in continuazione, ma il fenomeno sembra incrementarsi nel tempo anziché diminuire, purtroppo.
Ci sarebbero tanti punti sui quali discutere: dagli interessi economici che stanno dietro al consumo di massa delle droghe, alla difficoltà che hanno molte persone a reggere lo stress imposto da un certo modello sociale per cui tendono ad assumente sostanze che credono possano aiutarle... Per non parlare del desiderio di affermazione di una identità più forte di quella che realmente abbiamo, di mostrarsi “vincenti”, forti e disinibiti… oppure lo stordirsi in uno pseudo divertimento, in una chimica euforia o esaltazione passeggera. Ma non è questa per me la radice del bisogno dello stupefacente, del paradiso artificiale.
Personalmente sono contrario all’assunzione in generale di queste sostanze, ma non voglio limitarmi a condannare questo comportamento da un punto di vista morale o etico, ce ne sono già tanti, questa perniciosa quanto negativa tendenza umana, ma vorrei che si cercasse anche di capire qual è il richiamo di fondo che avvince, ammalia, chi cerca lo sballo. Vorrei che si indagasse in profondità il perché uno si fa tentare e poi intrappolare nella dipendenza dalle droghe.
Da dove proviene quest'affascinazione, questa seduzione, che poi cattura, imprigiona e gradualmente ammala o fors’anche uccide?

Cosa sta cercando l’individuo quando si droga, aldilà della apparenza, delle motivazioni superficiali che uno si da? Cosa vuol dimenticare... cosa vorrebbe ricordare... da che cosa vuole fuggire... cosa vorrebbe sentire, percepire, raggiungere in quella specie di delirante peregrinare nei meandri della psiche? Che vuoto vuole colmare? Io credo che, aldilà di tutto quello che può sembrare o quello che uno può raccontarsi, il drogarsi sia un distorto quanto sbagliato tentativo di riconnettersi ad una dimensione perduta. Una stupida quanto improbabile scorciatoia tesa ad un paradiso interiore a cui si vorrebbe accedere però con chiavi non idonee.
Io penso sia un misero cercare l’accesso a quel nostalgico luogo di pace e potenza che ognuno di noi ha dentro, ma che andrebbe riscoperto naturalmente, con vie dolci e corrette, e che non può essere fatto in modo artificioso, artificiale. Fondamentalmente violento. Non si può entrare il quello spazio di beatitudine con grimaldelli o espedienti da falsario, da scassinatore. E’ un imbrogliarsi poco fruttuoso: anzi è un nuocersi, un vicolo chiuso, un percorso distruttivo e autodistruttivo. Se non lo si capisce la pena è la perdita di sé nei gironi infernali della dipendenza. L
e porte della felicità, della gioia interiore, della serenità richiedono invece, per aprirsi al nostro cuore, al nostro genuino anelito di conoscenze sublimi, un processo di purificazione, dei passaggi di maturazione obbligati: ovvero, richiedono un “lavoro” interiore che, necessariamente, prima ci liberi dalle scorie dell’orgoglio e della vanità; che ci temperi bene nella sofferenza vissuta consapevolmente. Che dunque ci faccia crescere in pazienza, in perseveranza, in volontà. Altrimenti rischiamo di auto condannarci a percorrere i gironi dell’illusione, la bolgia del dolore, della mancanza d’amore sia per noi stessi che per chi ci sta intorno.
La droga, questa malefica sirena tentatrice, aldilà di ogni letteratura che possa anche darle una valenza di strumento atto ad esperienze pseudo-sciamaniche, non può portare che alla devianza, introdurre in un percorso altamente rischioso, degradante e degradato.
I mezzi autentici, sani e positivi, per colmare quel bisogno interiore di abbandono rilassato, quel senso di Presenza e di energia psico fisica positiva, ancor meglio spirituale… ci sono. Basta cercarli con una vera voglia di star bene, che sa andar oltre l’inganno dell’immediata quanto inutile evasione momentanea. Per far questo bisogna avere il coraggio di essere onesti e amorevoli con se stessi. Dunque è meglio fare il test alla condizione dell'anima prima di quello dell'assunzione della droga che in realtà è semplicemente la conseguenza di un disordine interiore.



 
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La gratitudine per il semplice Esserci

Post n°695 pubblicato il 11 Novembre 2009 da Praj
 

Un amico del blog mi ha chiesto un parere sul potere del ringraziamento.
Questa è la mia esperienza:


Il ringraziamento non è un potere in sè ma è la testimonianza della Divina capacità di accogliere la vita comunque si manifesti.
La gratitudine è proprio il premio derivante dal potere dell'accettazione.
Il saper ringraziare sempre e comunque è già la ricompensa,  è il beato “non desiderare” che può ogni cosa.
Lo spirito di riconoscenza verso ciò che si riceve ogni istante è la chiave della serenità permanente.
Quale miglior potere allora che avere nel cuore questa chiave che dà la possibilità di aprire ogni porta dell'accadere?
Non si ringrazia però come si fosse già ottenuto un qualcosa che la nostra mente spera furbescamente in futuro di ottenere, ma per quel che si è ottenuto quale miglior dono per ciò che ha auspicato la nostra Anima.

 


 
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Un pensiero che immagina un cercatore

Post n°694 pubblicato il 09 Novembre 2009 da Praj

"... Il cercatore non può nemmeno decidere cosa cercare. Tu non hai il libero arbitrio per poter decidere cosa cercare o non cercare. Non puoi volere ciò che vuoi.
Einstein ha detto: “La sola ragione per la quale posso sopportare gli esseri umani, è che non possono volere ciò che vogliono”.
Perché il momento seguente, qualunque sia il desiderio che si manifesta, è già presente. Non c’è niente di nuovo. Quel pensiero “io” si impossessa dell’idea di ricerca come se fosse sua, ma quell’idea è già lì. Non c’è un cercatore, non c’è mentale. Il ricercatore e il mentale sono loro stessi dei pensieri. Il pensiero è una finzione e una finzione non può crearne un’altra, un’immagine non può crearne un’altra. Tutto viene da quella sorgente assoluta, che non può essere immaginata, ma quella sorgente assoluta non ha direzione. E’ la libertà. Però il pensiero “io” cerca di intraprendere una ricerca spirituale, ma anche quello è falso e fa parte della realizzazione. Le cose sono come sono, non c’è alcuna possibilità di cambiare nulla."
(
Karl Renz
)

Tratto da:
http://www.sviluppocoscienza.it/RENZ4.htm


Posso comprendere che questa Visione, per l'ego di un ricercatore spirituale, possa non essere molto gratificante, addirittura disperante...ma, se si va più in profondità nella meditazione, di ciò che è scritto e dopo aver cercato in lungo ed in largo, si scoprirà che lì vi è il seme della libertà fondamentale.

 


 
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Barare

Post n°693 pubblicato il 06 Novembre 2009 da Praj
 

Spesso chi è ideologicamente moralista o proibizionista  è invece indulgente, permissivo verso se stesso, riguardo a cio' che pratica, in privato o di nascosto  condannandolo però pubblicamente.
Viceversa capita, curiosamente e all'opposto, che chi è antiprobizionista e non moralista, dunque eticamente indulgente e comprensivo con gli altrui errori e debolezze, sia in concreto anche più virtuoso nel privato degli stessi proibizionisti e moralisti.
A molti individui piace giocare sporco, tra vizi privati e pubbliche virtù, al festival quotidiano dell'ipocrisia. E' una scorretta furbizia, un sorta di peccato psicologico.
Questo succede perchè tra il giudicare e il fare c'è di mezzo il barare... con noi stessi e con gli altri.
Questa scissione fra quel che si è e quel che si vuol mostrare è la prova della nostra immaturità psicologica e spirituale.


 
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Essere trans... personali

Post n°692 pubblicato il 04 Novembre 2009 da Praj
 

Si sente parlare, a causa di una certa cronaca mondana, in maniera sempre più diffusa, di transessuali, di transgender... di trans.
Io preferisco invece coniugare la parola "trans" ad una dimensione che va  oltre queste realtà personali psico-materialistiche non inerenti all'essenza dell'essere umano., am solo all'involucro. Inviterei piuttosto le persone ad interessarsi della ricerca dell'esperienza trans-personale piuttosto che incuriosirsi solamente di altre trans-formazioni che lasciano invece il nostro piano di coscienza ancora identificato con il corpo, con il sesso, con la mente. Trans formazioni meramente formali, tutto sommato superficiali.
Anche se questo stato di coscienza - il trans-personale- non può essere espresso con linguaggio ordinario, alcune cose intorno ad esso, in senso generico, forse si possono dire.
La natura di questa esperienza è molto profonda perché è caratterizzata dalla non dualità, ovvero, dalla scomparsa della percezione dualistica maschile-femminile, io-mondo e,  soprattutto, dalla dicotomia soggetto-oggetto. E' l'abbandono del senso dell'ego, del senso d'identità personale.
Questo comporta una rivoluzione interiore incommensurabile da un punto di vista umano. Non ha paragoni con altre trans-formazioni psicofisiche.
Quando si compie questo balzo quantico coscienziale sopraggiunge una assoluta certezza che quello che è stato vissuto è reale, spesso persino più reale del vissuto della normale quotidianità che invece è quasi percepita come un sogno.
Accade che in questa condizione si entra in un'altra dimensione, la quale trascende lo spazio-tempo e dove il senso lineare il tempo scompare, facendo vivere un eterno qui e adesso di forte intensità.
Nondimeno emerge un sentimento del tutto nuovo: la sensazione che stia accadendo, momento dopo momento, qualcosa di grande e di meraviglioso,di realmente sacro dentro e fuori di noi.
Si ha una finalmente visione spirituale della realtà delle cose.
Anche la paura della morte viene meno: la vita è percepita come esterna, anche se permane il senso di transitorietà per quanto concerne l'esistenza fisico mentale.
L'esperienza trans-personale porta con sé, inoltre, una grande trans formazione del sistema dei valori e del comportamento: quasi sempre si evidenziano cambiamenti in direzione di valori positivi come bellezza, verità, compassione... accompagnati un distacco progressivo dai valori materiali. Il senso dell'essere si sostituisce sostanzialmente al senso dell'avere.
Penso dunque che ricercare queste Realtà dentro di noi sia quanto di meglio possa dare un senso alla nostra esistenza. Questo passaggio, questa psicologia trans-personale è uno stato di evoluzione umana che non dovrebbe essere mancato, se vogliamo dare qualità al nostro cammino esistenziale.


 
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Il cercatore si dissolve nel cercato

Post n°691 pubblicato il 02 Novembre 2009 da Praj
 

Quando si svela la totale identità del nostro essere con la Realtà assoluta, si realizza che l’interesse per il viaggio interiore non era che una sequenza di cause ed effetti sulle quali non avevamo un reale controllo.
E’ stato un continuo accadere che non abbiamo mai potuto né favorire né contrastare, perché del tutto autonomo dal nostro volere, nonostante ci sia sempre sembrato il contrario.
Si comprende che queste cause ed effetti sono stati fenomeni coscienziali esistiti solo nella trama della mente sognante dell’agente personale che credevamo di essere.
Quindi svanisce ogni ulteriore cammino, ogni possibilità di ricerca in tal senso, perché il ricercatore ora sa con chiarezza di essere ciò che cercava, avendo unificato in sé stesso questa dualità, divisione apparente.

 
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