Creato da Praj il 30/11/2005
Riflessioni, meditazioni... la via dell'accettazione come percorso interiore alla scoperta dell'Essenza - ovvero l'originale spiritualità non duale di Claudio Prajnaram

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Messaggi di Agosto 2009

La semplicità: ovvero l'arte della leggerezza esistenziale

Post n°662 pubblicato il 31 Agosto 2009 da Praj
 

La bellezza della semplicità non consiste nella  povertà di pensiero, nella rudezza dei modi, nell'ingenuità delle emozioni, ma nella capacità di dare ricchezza  e lucidità alla Visione del mondo.
Non è la limitatezza dei ragionamenti a rendere le cose semplici, ma l'ampiezza dello sguardo diretto e istantaneo a rendercele godibili e vere, senza sovrapposizioni concettuali che appesantiscono l'esistere.
Il semplicismo non è la semplicità, ma ne è solo la caricatura. La semplicità del percepire, del sentire, si ottiene quando si mette da parte ogni modalità che ci distacca dal reale, ogni pratica che ci separa dall'immediatezza della vita, alimentandosi di inutili complicazioni ideologiche.
Quindi, non è nell'essere banalmente sempliciotti che si guadagna la porta della serenità, della gioiosità festosa, ma la si consegue solo con la spontaneità che discende da una mente e di un cuore non più vittime di loro stessi.
La semplicità dunque regna nella chiarezza dell'esserci nel presente e perciò è una finestra costantemente aperta sul mondo della Luce. E' l'arte della leggerezza esistenziale.

 

 
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Miraggi che si autopercepiscono

Post n°661 pubblicato il 25 Agosto 2009 da Praj
 
Tag: Credenze, Io

Noi esseri umani siamo strutture macroscopiche in un universo le cui leggi risiedono a livello microscopico. In quanto esseri che cercano di sopravvivere, siamo indotti a cercare spiegazioni efficaci che si riferiscono soltanto a entità del nostro stesso livello. Perciò tracciamo confini concettuali attorno a entità che percepiamo con maggior facilità, e nel far questo ci ritagliamo su misura quel che ci sembra essere la realtà. L'io che ciascuno di noi crea per sé stesso è un esempio per eccellenza di una tale realtà percepita o inventata, e riesce così bene a spiegare il nostro comportamento che diventa il fulcro attorno a cui il resto del mondo sembra ruotare. Ma questa nozione di ”io” è soltanto una formula abbreviata per indicare una gran quantità di fermento e agitazione di cui siamo necessariamente inconsapevoli.
...

Alla fine noi, miraggi che si autopercepiscono, si autoinventano, si autoconsolidano, siamo piccoli miracoli di autoreferenza. Crediamo in biglie che si disintegrano non appena ci mettiamo a cercarle, ma che, quando non le cerchiamo, sono reali come qualsiasi autentica biglia. E' la nostra stessa natura a impedirci una piena comprensione della loro natura. Sospesi a metà tra l'inconcepibile immensità cosmica dello spazio-tempo relativistico e il guizzare elusivo e indistinto di cariche quantiche, noi esseri umani, più simili ad arcobaleni e miraggi che ad architravi o macigni, siamo imprevedibili poemi che scrivono sé stessi – vaghi, metaforici, ambigui, e a volte straordinariamente belli.
Probabilmente, vedere noi stessi in questa maniera non è così rassicurante come credere in ineffabili aure ultraterrene, dotate di esistenza eterna, ma ha le sue compensazioni. Ciò che si perde è quella intuizione infantile che ci porta a credere che le cose sono esattamente come appaiono, e il nostro io, apparentemente solido come una biglia, è la cosa più reale al mondo; ciò che si guadagna è la consapevolezza di quanto impalpabili e rarefatti siamo nel cuore stesso della nostra interiorità, e di come siamo radicalmente diversi diversi da ciò che sembriamo.

 

Dal libro: Anelli nell'io ( Cosa c'è al cuore della coscienza? ) di Douglas Hofstadter – Mondadori editore



 
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Non esiste la scelta giusta

Post n°660 pubblicato il 17 Agosto 2009 da Praj
 

Sarebbe bene ricordare che ogni scelta comporta pro e contro, inevitabilmente. E' impossibile eluderli.
Non si possono avere gli uni senza gli altri, mai. Per cui, a qualcosa, si rinuncia sempre. Non si può' mai sapere prima se abbiamo fatto bene o meno a fare una certa scelta.
E' dunque inutile cercare la scelta giusta a priori: è bene comprendere che la scelta che compiremo sarà necessariamente l'unica di cui potremo vedere gli effetti reali.
L'alternativa a questa realtà resta solo nello sterile immaginario.
E' comunque proprio questa indeterminatezza il piacere nascosto del cammino esistenziale: se tutto fosse scontato, prevedibile... sarebbe noioso, senza gusto emotivo, senza sorprese. Sarebbe una vita di plastica, meccanica e incolore.
Essendo invece tutto impermanente... non si può che scegliere soltanto quello che ci appare giusto o meno "sbagliato" in quel momento, in quella contingenza. E' un gioco psicologico e spirituale elettrizzante perché appunto imprevedibile.
Allora si deve scegliere sempre con la consapevolezza che non esiste la scelta "giusta" in assoluto, che ogni scelta è relativa, legata a un particolare momento della vita e del proprio stato d'essere.
In quest'ottica ogni scelta perde perciò il senso della “drammaticità” del bivio e assume quello del gioco con molte possibilità sempre aperte. Così facendo, la storia della nostra Vita diviene più fluida, fors'anche divertente, sicuramente più leggera.


 
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L'altro non centra, è un'occasione...

Post n°659 pubblicato il 03 Agosto 2009 da Praj
 

Lungo il mio percorso interiore ho imparato, per quanto riguarda i nostri comportamenti emotivi, che non è mai l'altro che dobbiamo guardare, ma di osservare piuttosto cosa il comportamento dell'altro fa accadere in noi. Con questo, non voglio dire che l'altro non abbia cose da vedersi e da correggere ma che, in una ricerca di crescita interiore, non è quello il nostro problema.
Noi, anche in un dialogo o rapporto "difficile" dobbiamo stare sempre centrati su noi stessi, non perderci, non farci fregare dalle nostre aspettative, dalle nostre ideologie moralistiche, dai nostri concetti etici...
Nel nostro percorso verso la Realizzazione della nostra Essenza, è bene che incontriamo asperità, delusioni, contrasti, conflitti... affinché si possa imparare sempre meglio a non rimanerne coinvolti, invischiati...
L'interlocutore non centra mai con il nostro stato emotivo: è questo il succo di quanto ho compreso nei vari gruppi d'incontro che ho frequentato in passato, attraverso tante esperienze. L'emozioni che ci escono è perché erano già in noi: non è mai l'altro la causa, casomai è solo i detonatore. Questo principio psicologico è basilare.
Il fare e il dire dell'altro non ci dovrebbe fare reagire, ma solo prendere consapevolezza del nostro sentire. Perché uno dovrebbe prendersela se la cosa non lo riguarda, se sa che la faccenda davvero non gli appartiene?
Quindi, anche se l'altro ci "maltratta" nonostante le nostre buone maniere, le nostre buone intenzioni, la nostra gentilezza, non dovrebbe ne turbarci né amareggiarci: si prende atto che succede così... ma che che comunque noi non perdiamo il nostro centro, la nostra apertura...
Casomai, è l'altro che, non vedendo alcuna nostra reazione e constatando sempre la nostra disponibilità, può realizzare un insight e imparare a migliorare le sue capacità di relazione. Allora sì che possiamo essere specchio utile anche per gli altri.
E' inutile lamentarsi della mancanza di amore, di amicizia... non serve: questo atteggiamento mostra una dipendenza dall'altro che l'aspirante "Uomo interiormente Realizzato" deve gradualmente superare.
Per cui ben vengano liti, contrasti, catarsi e fughe... è lì che abbiamo la verifica della nostra centratura, consapevolezza e compassione.
Ecco la necessità di essere sinceri, onesti. In questo modo le nostre periferie ) maschere egoiche) vengono in contatto e possono confrontarsi. Dal dirci onestamente, senza ipocrisie, quel che proviamo l'uno per l'altro abbiamo modo di vedere cosa ci succede dentro: emozioni, sensazioni, pensieri... e diventare consapevoli di quanto siamo identificati con essi. Questo è un ottimo lavoro di discriminazione. Perciò ribadisco che proprio per per questo "l'avversario" diventa di fatto un maestro nel mostrarci i nostri attaccamenti, aspettative, dipendenze, identificazioni...
Quando l'ego è a disagio, sta male, è carico di emozioni negative e non può più proiettarle sull'altro perché c'è qualcuno che, continuamente, ci ribadisce che è tutta roba nostra, allora non possiamo contarcela più di tanto, se siamo onesti con noi stessi. Dobbiamo a quel punto evolutivo cambiare registro, se vogliamo crescere e prenderci le nostre responsabilità. Altrimenti si resta fermi al palo con le solite frasi: è stato lui/lei che... è colpa sua se... è la società...E quel"qualcuno" può essere sia un "istruttore" esterno o, internamente, la nostra stessa Consapevolezza ormai matura.


 
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