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Il Dittamondo (6-03)

Post n°1177 pubblicato il 01 Febbraio 2015 da valerio.sampieri
 

Il Dittamondo
di Fazio degli Uberti

LIBRO SESTO

CAPITOLO III


"Da venti quattro nazion comprende
Egitto tutto ed è partito in due,
sí che di sopra e di sotto s’intende.
Aeria prima nominato fue;
poi da Mesraim di Cam truovo scritto 5
che, ponendoli il suo, quel cadde giue.
Seguio apresso per signore Egitto, 
fratel di Danai, e da costui 
lo nome, ch’ora tiene, li fu ditto." 
Cosí parlando seguitava lui, 10 
come il discepol segue il suo maestro, 
tanto che sotto un alto poggio fui. 
"Questo monte, diss’el, fatto è silvestro, 
colpa e vergogna di quei che son ora, 
che miran solo in terra e da sinestro. 
Qua su piú volte Moises adora 
e vide il nostro sommo Adonaí 
come fiamma, ch’ardendo, s’avvalora. 
Questo è quel monte santo Sinaí, 
lá dove Caterina si glorifica 20 
per Cristian, Giudei e Canaí." 
Indarno la mia penna qui versifica, 
ché non sa dir quanto a l’anima piacque 
trovarmi dove giace e si santifica. 
Quella contrizion, che nel cuor nacque, 25 
e ’l grande amor s’accese sí, che poi 
la rimembranza dentro non vi tacque. 
Partiti da quel santo loco noi, 
pur lungo il monte prendemmo la via, 
lassando Egitto e i termini suoi. 30 
Qui, senza dimandar, la scorta mia 
mi disse: "A ciò, che men si vada in vano 
e che piú breve lo cercar ti sia, 
quanto tu vedi da la destra mano 
su, vér levante, Arabia si dice, 35 
tra Siria, Caldea e l’Oceano. 
E tanto stende al mar le sue pendice, 
ch’assai vi son che veggon l’altro polo 
per quelle scure e secrete radice. 
Arabia in loro lingua vuol dir solo 40 
qual sacra in nostra, però che qui nasce 
cinnamo, mirra, incenso in ciascun brolo, 
erbe turifer, sane a tutte ambasce, 
odorifere e sante, e qui si trova 
l’uccel fenice, che d’esse si pasce. 45 
La sua natura so che non t’è nova, 
ché da quel che ti disse non mi stolgo 
quella che sopra il Tever piange e cova". 
Dissemi poi de l’uccel cinomolgo 
la forma e dove nasce; e tu che leggi, 50 
se ’l vuoi saper, lui cerca ond’io lo tolgo. 
E se d’udirlo propio tu vagheggi 
de l’iride pietra e de la sardonica, 
similemente quivi fa che veggi; 
e troverai ancor ne la sua cronica 55 
qual v’è l’andromada, la pederonta, 
e una ed altra gentile e idonica. 
Apresso questo mi divisa e conta 
ch’aspidi e draghi con pietre vi sono 
e qui i colori e le vertú m’impronta, 60 
Ancor non lungi molto ti ragiono 
ch’una fontana ci è di questa forma: 
c’ha l’acqua chiara e ’l sapor dolce e bono. 
Se pecora ne bee, cambia e trasforma 
lo vello suo: Pitagora l’appropia; 65 
sí fa Ovidio, che la mette in norma. 
Cosí andando e dandomi copia 
di molte novitá, giungemmo al mare, 
lo quale è rosso sí, che par sinopia. 
Io n’avea tanto udito ragionare, 70 
che non mi fu, mirandol, maraviglia, 
ben che una strana cosa a veder pare. 
Scrive alcun che sí rosso somiglia 
ché, dentro a l’acqua ripercosso il sole, 
cotal color da esso propio piglia. 75 
Ed è chi da natura l’ha dir vole; 
ma i piú s’accordan dal sabbion, ch’è rosso 
d’intorno e sotto, e che tal color tole. 
Qui mi disse Solin: "Rivolgi il dorso 
in vèr settentrion, ché in ogni verso 80 
m’ingegno abbreviar la via ch’io posso. 
Questo braccio di mar, stretto in traverso, 
lungo fra terra, vien dal mezzogiorno; 
l’altro è di sopra tra l’Arabo e ’l Perso. 
Or puoi veder che ’l mar li va dintorno 
da le tre parti, come a Italia face. 
Molto è il paese di ricchezze adorno. 
Una provincia dentro a esso giace, 
a cui Saba di Cus lo nome diede, 
che prima l’abitò e tenne in pace". 90 
Apresso tutto questo, mi fe’ fede 
del fiume Euleo e de la sua natura, 
che indi passa e da Media procede. 
Poscia mi disse: "Imagina e figura 
l’ocean rosso, come questo miri, 95 
quanto il lito d’Arabia e ’l Perso dura. 
E sappi ancor che dentro a questi giri 
Catabani e Sceniti ci vedi, 
e il monte Sinolepori e Cispiri. 
Ma or dirizza al contrario i piedi". 100
Io cosí feci ed e’ prese la strada,
si come il mento a la sua spalla diedi,
per voler ritrovare altra contrada.
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