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« RiflessioniL'istinto »

Betussi Donne Illustri 01

Addizione al libro delle donne illustri di Boccaccio
Giuseppe Betussi
 
Capitolo I

ADDIZIONE DI M. GIUSEPPE BETUSSSI FATTA AL LIBRO DELLE Donne illustri dal tempo del Boccacio fino a' giorni nostri, con alcune altre state per innanzi.

Di Galla Placida figliuola di Teodosio Imperatore. Cap. I.

Benché l'animo mio sia di seguir solamete l'opera del Boccaccio, e ripigliandola, far memoria non di tutte, ma d'alcune donne le piu illustri, che sieno state dopo Giouanna Reina di Gerusalem, e di Cicilia fino a' giorni nostri, nondimeno il valor di costei e d'alcuna altra appresso m'ha sforzato, ch'io non la lasci fuor del numero di queste. Alla quale, quanto sia tenuto il bel nome Latino, chiaramente si potrà conoscere dalla degnità rimasa a quello, per mezzo suo. E se l'Autore non l'ha altrimenti ricordata, non può esser proceduto, che per difetto di memoria. Imperocché, si come ha donato all'eternità il nome d'Elena, che fu cagion della rovina di Troia, e di molt'altre provincie, non è da credere che avesse lasciato indietro questa, che ha conservato l'Italia. Galla Placida fu figliuola di Teodosio Imperatore chiamato il vecchio, e di Galla sua moglie, la quale nel CCCCXII. nel primo giorno d'Aprile che i Gotti presero Roma, che fino allora avea tenuto sotto il giogo tutto 'l mondo, piu con la fame, che con l'armi, fu allora, quando, come scrive San Girolamo, in quello assedio le madri furono sforzate da necessità mangiare i figliuoli, presa insieme con alcuni altri prigioni, e bene dico alcuni. Perche la maggior parte era morta, e tuttavia trascorrendo quei Barbari popoli con occision grandissima per tutta terra di Lavoro, Basilicata, e Calavria, avvenne che Alacrio della famiglia de' Balti, nobilissima tra i Gotti, e primo loro Re infermò quell'anno istesso in Cosenza città di Calavria, dove morì: del quale non mi pare di tacer le superbe esequie. Imperocché i suoi fratelli fecero volgere altrove il fiume Bisento, e asciugarsi il fondo: e fatto seco, cavando molto in giù la terra, ivi seppellirono in una bella sepoltura il corpo d'Alacrio, con infinito tesoro, e poi ritornarono il fiume al solito corso suo, ammazzando tutti quelli, che in quest'opera avevano affaticato, acciocché non si sapesse mai in qual parte fosse stato il lor Re sepolto. A costui successe Ataulfo suo parente della medesima famiglia de'Balti, il quale, essendo bellissima Placida, la tolse per moglie, e in Imola celebrò le nozze molto sontuose, e magnifiche. La cagione, per la quale costei sia stata molto famosa, e meriti d'esser commendata, non è per questo, ma per quello, che ora m'apparecchio di dire. Inperocché Ataulfo, essendo deliberato di volere in tutto rovinar Roma, e spianarla, con animo d'edificare ivi una nuoua città, e chiamarla Gottia, lasciando che gli altri Re e Imperadori, che succedessero dal nome suo si dicessero Ataulfi, come da Augusto si chiamavano Augusti, e già avendovi dato principio, Placida molto amata dal marito, tanto operò con bei modi, che gli levò di cuor questa opinione, e di più lo condusse a far pace col fratello Onorio, opera veramente degna di maggior eternità, che non è la penna mia, avendo conservato quella principal città, della quale è uscito la nobiltà e l'eccellenza del mondo, e in cui era restata la dignità di tutti gl'Imperi. Stato Ataulfo tre anni Re di Visigotti, e in questo tempo rotta la pace tra Onorio e quello, Costanzo Conte nobile Romano, fatto suo Capitano, ridusse a tal termine Ataulfo, che, fuggito di Nerbona, si ricoverò nell'ultima Spagna: dove volendo rifar l'esercito, fu da' suoi soldati ammazzato, non per altra cagione che quando poteva per li prieghi di Placida no volle rovinar l'imperio Romano, al quale costei hebbe tanto amore, e cotanto riverì l'Italia. Intanto essendo stato Costanzo Conte già dichiarato Cesare, Onorio gli diede Placida sua sorella per moglie, de'quali nacque Valentiniano terzo, che ancora garzone successe ad Onorio, e fu fatto Imperadore. Ma morto il marito, ed essendo stato dai cittadini Romani ammazzato Onorio, ella insieme col figliuolo picciolo, non si tenendo secura, se ne fuggì a Ravenna: dove ricevuta con grandissimo onore, come trionfante, entrò nella città, la quale, si come era ornata di prudenza e magnanimità, cosi s'adoprò, che da tutti fu tenuta, e riverita da Imperatrice, e di molti edifici ampliò la città, e aggrandì le mura di quella: di maniera che tutte quelle antichità, e di monasteri e d'altri edifici notabili, che si veggiono in Ravenna, furono da lei ordinati, e tra gli altri quella superba chiesa ch'era appresso la porta che si chiama d'Artemedulo, col figliuolo Valentiniano, già creato Imperadore, fece fondare, adornandola di ventiquattro colonne di marmi preziosissimi, e di molte altre pietre, di non poco valore, consacrandolo al beato nome di San Giovanni Evangelista. In Costantinopoli medesimamente fece edificare di superbissimi edifici, e grandissimi tempij, né meno si deve dire, che fosse Augusta, che santa. Infinite altre cose degne di memoria, e notabili in ogni grande Imperadore fece, le quali essendo manifeste, lascerò da parte, potendosi chiaramente da queste considerar la grandezza del valore suo. Morì in Ravenna negli anni del Signore CCCCXLVI al tempo di Lione di questo nome Pontefice Romano primo, e ivi fu sepolta.

Commenti al Post:
NORMAGIUMELLI
NORMAGIUMELLI il 08/12/15 alle 15:25 via WEB
In che senso...mangiavano i figli??? :-O
Bello, mi è piaciuto che abbia fatto fare la pace ai due fratelli :-)))
Vale ma la doppia i per il plurale si scriveva con la y?
:-*
:-*
 
 
valerio.sampieri
valerio.sampieri il 08/12/15 alle 15:39 via WEB
Embè, Norma, in tempi di carestia si mangia quel che si trova, mica si può fare troppo gli schizzinosi! ^__________^
Il testo che ho trovato non è molto curato ed ha, per esempio, lasciato le "u" al posto delle "v"; ha trscritto come "b" la doppia "s" e simili. Farò un controllo sul pdf originale -e per questo ho lasciato la "y" così come la ho trovata- ma penso di no: credo che la y sia un errore di conversione del testo. :-)
:-*
:-*
 
   
NORMAGIUMELLI
NORMAGIUMELLI il 08/12/15 alle 15:55 via WEB
Però la y è italiana vero? Cioè...fa parte del nostro alfabeto. Anche se io quando lo dico non le metto mai la x, la y e la k :-* :-*
 
     
valerio.sampieri
valerio.sampieri il 08/12/15 alle 16:18 via WEB
Grazie Norma :-) Ho controllato e, come pensavo, era sbagliato il testo che ho corretto e trascritto qui. Il volume originale (edizione del 1547, che puoi trovare su Google Lilbri: https://books.google.it/books?id=Ek5cAAAAcAAJ) riporta infatti "tempij". La x e la y non la ho mai trovata, mentre la k era abituale nei testi del 1200 e 1300, specie in quelli lombardi (Per esempio in Bonvesin da la Riva). Ma i testi antichi hanno tante stranezze. La v è sostituita da u, la e viene scritta con &, la doppia s con una specie di beta e quella semplice, a volte, con uno strano ghirigoro; in generale la s somiglia ad una effe; la n precedente una consonante è omessa e sostituita da un segno sulla vocale che la precede, ecceccecc. Insomma, non è facile leggere un libro antico! ^_________^
:-*
:-*
 
     
NORMAGIUMELLI
NORMAGIUMELLI il 08/12/15 alle 17:41 via WEB
Quando sono andata a Milano alla mostra dei libri antichi cercavbo di leggere e ho notato comunque che molte cose si leggono proprio per intuizione :-) e poi con l'intuizione impari quello che era e che invece è ora ^_______^ Io adoro gli scritti antichi
Buon acontinuazione Vale :-)
:-*
:-*
 
     
valerio.sampieri
valerio.sampieri il 08/12/15 alle 17:47 via WEB
:-) Comunque, mi sa che ho scritto una mezza frescaccia! :-) La x mi sembra di averla vista, e non solo nei testi veneziani, nei quali è usuale, ma proprio in Bonvesin da la Riva. La y invece non ricordo proprio di averla mai vista nelle parole italiane. Buonac ontinuaz ione anche a te! ^______________^
:-*
:-*
 
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