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Messaggi di Marzo 2016

Olimpia Malipiero 4

Post n°2705 pubblicato il 31 Marzo 2016 da valerio.sampieri
 

11.
Felice Irene, che 'l superno chiostro

Felice Irene, che 'l superno chiostro
Allumi co ' l tuo novo alto splendore;
E lasci il mondo in tenebroso horrore,
Ch' ornasti già d' altro che d' oro, & d' ostro;

Onde cagion eterna il secol nostro
Ha di pianger dolente a tutte l' hore;
E che l' invitto tuo santo valore
In ogni parte sia additato, & mostro;

Deh se pietà giamai ti strinse il petto;
Deh per l' alme virtuti amiche, & sole,
Ch' alla strada del ciel ti furon scorte;

Prega per noi l' eterno, & vivo Sole,
Che qui lasciando ogni terreno affetto
L' orme di lui seguiam sicure, e corte.

Atanagi, Dionigi, ed., Rime di diversi nobilissimi, et eccellentissimi avtori, in morte della Signora IRENE delle Signore di Spilimbergo (Venice: Domenico & Gio. Battista Guerra, fratelli, 1561), p. 142.

12.
Giovane illustre, da celesti chori

Giovane illustre, da celesti cori
Quì tra noi scesa sì leggiadra, e bella,
Di virtù ornata, e carca di tesori,
Che alluma il Mondo, come viva stella.

Ne più si vide in questa etade, o in quella
Bellezza senza par, divin splendori,
Onesti sguardi, angelica favella,
Porser le grazie in lei tutti gl' onori.

Cogl' altri morte a tanta gloria attenta,
Mirò l' andar celeste, e disse; mai
Cosa rara qua giù durar non suole.

Così detto, avventò colpo, che spenta
Fe l' alma luce di quei chiari rai,
E privò il Mondo del suo vivo Sole.

Domenichi, Lodovico, ed., Rime diverse d'alcune nobilissime, et virtuosissime donne (Lucca: Vincenzo Busdragho, 1559), p. 133.
Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 1, p. 217.

13.
Hai lasse, che per sempre sconsolate

Hai lasse, che per sempre sconsolate,
Triste rimaste siam, colme d'affanni.
Et hai perche nel piu bel fior de gl'anni
Chiudesti à noi le luci tue beate?

Hai che troncata, & svelta è ad ogni etate,
L'alta sua gloria, hai de gli aurati panni
Che farem noi, che con si dolci inganni,
Lasciasti senza te noi sfortunate?

Donne, deh non turbate il mio riposo,
Mirate il cielo, ove io son lieta, e bella
Adorna del celeste, e immortal sposo.

Fummi à l'uscir di si grave procella
Del viver di la giù tanto noioso,
Amica Morte, e non malvagia, & fella.

Domenichi, Lodovico, ed., Rime diverse d'alcune nobilissime, et virtuosissime donne (Lucca: Vincenzo Busdragho, 1559), p. 135.

14.
Hoggi 'l celeste Pelicano il petto

Hoggi 'l celeste Pelicano il petto
Sacro s'aperse, & die co'l sangue vita
A figli, & hoggi la bontà infinita
ci die 'l gran saggio del suo smor perfetto;

Hoggi nuova Fenice arse d'affetto
Amoroso nel legno, hoggi sbandita
Fù morte & hoggi la gratia smarrita
Trovò mercede nel divin conspetto.

Vero hoggi cigno si mostrò co'l canto
Dolce & estremo, ch'à pietà commosse
Il ciel, la terra, gli elementi, e'l mondo;

Hoggi è quel Serpe celebrato tanto,
ch'in Lui mirando del nemico scosse
Fur l'empie forze, & ei tratto al profondo.

Domenichi, Lodovico, ed., Rime diverse d'alcune nobilissime, et virtuosissime donne (Lucca: Vincenzo Busdragho, 1559), p. 141.

15.
Il sommo Rè del Ciel, l'eterno Gioue

Il sommo Rè del Ciel, l'eterno Gioue
Ne l'alta mente sua formato hauea
Tra mille, & mille la più Idea,
Che fosse frà l'antiche, ò fra le nove:

Quando mirando à le superbe proue
Del vitio, che lo scettro in man tenea
Del cieco Mondo si, ch'ei non scorgea
Dal torto il dritto, ond'ogni ben si moue;

Per non lasciar perir l'humana gente,
E uolendo osservar l'antico patto
Scacciando il fero, e periglioso mostro;

La bella Idea nel viso almo e lucente
Di questa inclita Donna al Mondo hà mostro,
Che 'l volgo dal camin torto hà ritratto.

Ed. Sammarco, Ottavio, Il tempio della divina Signora Donna Geronima Colonna d'Aragona (Padova: Lorenzo Pasquati, 1568), p. 93v.

 
 
 

Li Tesori

Post n°2704 pubblicato il 31 Marzo 2016 da valerio.sampieri
 

Li Tesori

Voresti dimme che mme l'ho 'nzognato?
Vôi dì ch'è stata tutta 'n' illusione?
Se ccosì è, mme sa che ssó ccojone
ben più dde quanto me sarìa penzato!

Quanno che nnaschi, ce sarà 'mmotivo,
è lloggico, te pare? È nnaturale?
La vita nu' bbuttalla ner pitale
e ccerca de capì perché sei vivo.

D'amà quarcuno certo nu' l'hai créso,
'n ze pô ssognà 'na cosa così bbella:
lo sa ch'è vvera puro 'n cranioleso!

Vivi d'amore, dice Ferradini,
e 'r monno sembrerà 'na carammella,
pe' cquanto l'egoisti só' ccretini.

Capì 'sti penzierini
a vvorte pô ssembrà ttautologgìa,
è come 'na risposta purchessìa.

Me spiego mejo, ossia:
nun serve annà a ccercà Mmaria pe' Roma
e vvive come si tu stassi in coma.

Eddaje, addobba er boma,
spruzza ner côre un po' d'ingenuità,
quela ch'avevi 'n zacco d'anni fa

e nun te stà a addannà.
Le cose semplicette só' mmijori
de 'n sacco de ricchezze: só' ttesori.

Note:
Verso 1, mme l'ho 'nzognato: l'ho sognato.
Verso 2, Vôi dì: vuoi dire.
Verso 4, me sarìa penzato: avrei pensato
Verso 5, Quanno che nnaschi: quando nasci.
Verso 9, certo nu' l'hai créso: non l'hai certo creduto.
Verso 12, dice Ferradini: il riferimento è al testo della canzone Teorema, di Marco Ferradini, che vorrebbe avere un profondo significato, ma in realtà non dice nulla.
Verso 19, annà a ccercà Mmaria pe' Roma: andare a cercare Maria per Roma, è un tipico modo di dire che significa cercare l'introvabile, cercare un ago in un pagliaio. Sono talmente tante a Roma le donne che si chiamano Maria, che è quasi impossibile trovare proprio la Maria che stai cercando.
Verso 20, come si tu stassi: come se tu stessi. Vivere come automi, inseguendo quasi inebetiti chissà cosa, qualcosa di materiale che si rivelerà effimero.
Verso 21, addobba er boma: prepara il boma. Il boma è una delle strutture sulle quali vengono issate le vele: è come dire preparati ad iniziare un viaggio per luoghi sconosciuti.
Verso 24, nun te stà a addannà: non dannarti l'anima; non starti ad affannare più del necessario.
Verso 26, de 'n sacco de ricchezze: di grandi ricchezze.

Valerio Sampieri
30 marzo 2016

 
 
 

A Idarella

A Idarella

Nun poi immagginà' ccon che allegria
E ccon che smagna tutti l'anni, aspetto
'Sto ggiórno cento vòrte bbénédétto
Che è la festa tua, ciumaca mia!

Tutta 'sta nòtte, nun te fò bbucìa,
Nun mé so' ffatto manco un pennichétto;
E appéna ggiórno, só' scénto da' lletto,
Mé só' vvestito e ssó' scappato via.

Mé dirai: e pperché? Tu ddichi bbène:
Te compatisco perché tu non sai
Che só' le smagne mie, che ssó' le péne!

Lo sai si cché vvórdì, bbócca de riso,
Statte vicino e nun baciatte mai?
Soffrì ppene d'inferno in Paradiso.
 
Giggi Zanazzo
24 febbraio 1885
(Da: "Poesie e prose scelte", Perino, pag. 205)

 
 
 

Il canto dell'odio

Il canto dell'odio

Quando tu dormirai dimenticata
Sotto la terra grassa
E la croce di Dio sarà piantata
Ritta sulla tua cassa,

Quando ti coleran marcie le gote
Entro i denti malfermi
E nelle occhiaie tue fetenti e vuote
Brulicheranno i vermi,

Per te quel sonno che per altri è pace
Sarà strazio novello
E un rimorso verrà freddo, tenace,
A morderti il cervello.

Un rimorso acutissimo ed atroce
Verrà nella tua fossa
A dispetto di Dio, della sua croce,
A rosicchiarti l’ossa.

Io sarò quel rimorso. Io te cercando
Entro la notte cupa,
Lamia che fugge il dì, verrò latrando
Come latra una lupa;

Io con quest’ugne scaverò la terra
Per te fatta letame
E il turpe legno schioderò che serra
La tua carogna infame.

Oh, come nel tuo core ancor vermiglio
Sazierò l’odio antico,
Oh, con che gioia affonderò l’artiglio
Nel tuo ventre impudico!

Sul tuo putrido ventre accoccolato
Io poserò in eterno,
Spettro della vendetta e del peccato,
Spavento dell’inferno:

Ed all’orecchio tuo che fu sì bello
Sussurrerò implacato
Detti che bruceranno il tuo cervello
Come un ferro infocato.

Quando tu mi dirai: perchè mi mordi
E di velen m’imbevi?
Io ti risponderò: non ti ricordi
Che bei capelli avevi?

Non ti ricordi dei capelli biondi
Che ti coprian le spalle
E degli occhi nerissimi, profondi,
Pieni di fiamme gialle?

E delle audacie del tuo busto e della
Opulenza dell’anca?
Non ti ricordi più com’eri bella,
Provocatrice e bianca?

Ma non sei dunque tu che nudo il petto
Agli occhi altrui porgesti
E, spumante Licisca, entro al tuo letto
Passar la via facesti?

Ma non sei tu che agli ebbri ed ai soldati
Spalancasti le braccia,
Che discendesti a baci innominati
E a me ridesti in faccia?

Ed io t’amavo, ed io ti son caduto
Pregando innanzi e, vedi,
Quando tu mi guardavi, avrei voluto
Morir sotto a’ tuoi piedi.

Perchè negare - a me che pur t’amavo -
Uno sguardo gentile,
Quando per te mi sarei fatto schiavo,
Mi sarei fatto vile?

Perchè m’hai detto no quando carponi
Misericordia chiesi,
E sulla strada intanto i tuoi lenoni
Aspettavan gl’Inglesi?

Hai riso? Senti! Dal sepolcro cavo
Questa tua rea carogna,
Nuda la carne tua che tanto amavo
L’inchiodo sulla gogna,

E son la gogna i versi ov’io ti danno
Al vituperio eterno,
A pene che rimpianger ti faranno
Le pene dell’inferno.

Qui rimorir ti faccio, o maledetta,
Piano a colpi di spillo,
E la vergogna tua, la mia vendetta
Tra gli occhi ti sigillo.

Lorenzo Stecchetti (Alias di Olindo Guerrini)
Da: Postuma, 1877

 
 
 

Le scappatelle della signora

Post n°2701 pubblicato il 30 Marzo 2016 da valerio.sampieri
 

Le scappatelle della signora

I

Le confidenze con la cameriera


- L'hai visto? ciai parlato?... - Sissignora.
- Te piace? - Che bel giovane! - E ch'ha detto?
- Che l'aringrazzia tanto der bijetto
e che l'aspetta a casa tra mezz'ora.

- Ma Pippo che dirà s'esco abbonora?
Co' quello lì, lo sai... basta un sospetto...
- Metta una scusa... - Eh, sì! Che scusa metto?
- Je dica ch'ha d'andà da la sartora...

Tanto, pe' stammatina, lui nun esce,
dice ch'è raffreddato: stia tranquilla.
- Lo so, ma se s'inquieta me rincresce...

Eccolo!... Zitta!... Pe' l'amor de Dio!...
... Pippo? sei tu?... Che vôi la camomilla?...
Adesso te la faccio, cocco mio...

II

A casa di lui


- Carlo! Non ce volevi altro che te
pe' farme fa' 'sto passo! - Amore santo!
- Come sei caro!... - Me vôi bene?... - Tanto!
Me sento... - Che te senti? - Un non so che...

Guarda come so' pallida!... - E perché?...
- Eh! l'emozione... capirai... per quanto...
Poi c'è el tenente ch'abbita qui accanto
che se m'ha visto a entrà, povera me!

Per mio marito, sai, non crede mica...
- Ah! glie vôi bene!... - Non glie voglio male,
ma per lui, più che moglie, glie so' amica.

Purtroppo, el tipo mio non era quello...
- Io, invece?... - Ah! tu sei proprio l'ideale!
- Grazie, tesoro! Levete el cappello...

Trilussa

 
 
 

Er Moro de Piazza-Navona

Er Moro de Piazza-Navona

Vedi llà cquela statua der Moro
c’arivorta la panza a Ssant’aggnesa?
Ebbè, una vorta una Siggnora ingresa
la voleva dar Papa a ppeso d’oro.

Ma er Zanto Padre e ttutto er conciastoro,
sapenno che cquer marmoro, (1) de spesa,
costava piú zzecchini che nun pesa,
senza nemmanco valutà er lavoro;

je fece arrepricà ddar Zenatore
come e cquarmente nun voleva venne (2)
una funtana de quer gran valore.

E cquell’ingresa che ppoteva spenne,
dicheno che cce morze de dolore:
lusciattèi requia e scant’in pasce ammenne.

Note:
1 Marmo.
2 Vendere.

Giuseppe Gioachino Belli
25 agosto 1830 - De Peppe er tosto
(Sonetto 42)

 
 
 

Olimpia Malipiero 3

6.
Arte, e natura in voi spirto gentile

Arte, e natura in voi spirto gentile,
Per ornarvi di pregio alto e immortale
Posero ogni opra, e vi produsser tale,
Ch'altra à voi non fù mai, ne fia simile.

Che nel vago sembiante honesto, humile,
Vostro mirando, altrui scorge ben, quale
Sia la via, ch'erge al cielo, e con quali ale
S'allontani dal vulgo errante, & vile.

Talche felice à tutti giorni, & l'hore
Dirassi questo almo fiorito nido,
Del bel paese Tosco eterno honore.

E di voi con famoso, e altero grido
Francesca Illustre s'udirà il valore
Cantar dal nostro al piu lontano lido.

Domenichi, Lodovico, ed., Rime diverse d'alcune nobilissime, et virtuosissime donne (Lucca: Vincenzo Busdragho, 1559), p. 132.


7.
Cosi benigno il cielo, & ogni stella
A M. Lodovico Domenichi.

Così benigno il cielo, & ogni stella
Si mostra à me nel varcar di quest'onde,
Et Triton, che pur fugge, & si nasconde,
Scacci co'l dolce suon l'altra procella:

Et à questa mia stanca navicella
sgombri la nebbia, che d'ambe le sponde
La cinge; & porga à miei desir seconde
Eolo l'aure in questa parte, e in quella.

E di Triton l'amica homai sia desta
Et lieto in Oriente si dimostri,
Febo, & mi scorga à l'alme mie contrade

Si come in voi, Domenichi, s'inesta
Tal' e tanto saper, ch' à gl'anni nostri
Porterà invidia ogni futura etade.

Domenichi, Lodovico, ed., Rime diverse d'alcune nobilissime, et virtuosissime donne (Lucca: Vincenzo Busdragho, 1559), p. 145.

7.a
Risposta di M. Lodovico

Così la sorte vostra iniqua, & fella,
Che tanto suo veleno in Voi diffonde,
Pentita, & stanca homai v'ami, & seconde
Veine veramente honesta, & bella;

Come lantica etate, & la novella
Se stessa a sol pensar di Voi confonde;
Si dolcemente al bel volto risponde
Lanima vostra di virtute ancella.

Cosi al buon padre vostro honore, & festa
Faccia la patria, & gli dia gliori, & gliostri
Debiti al molto suo senno, & bontade;

Come il vedervi a si gran torto mesta,
Et versar non men lagrime, che inchiostri,
Mi mette sempre in cor di Voi pietade.

Domenichi, Lodovico, ed., Rime diverse d'alcune nobilissime, et virtuosissime donne (Lucca: Vincenzo Busdragho, 1559), p. 145.

8.
D' un lustro un terzo è gia passato intero

D' un lustro un terzo è gia passato intero
Che da te lungi, e mesta ognor soggiorno,
Vinegia mia, ne mai visto ho più giorno
Da indi in qua, se non malvagio, e fero.

Come affannato in mar, stanco nocchiero,
Cui stringa oscura notte d' ogn' intorno,
Brama di pigliar porto, e far ritorno
Al desiato suo, dolce emisfero:

Tal' io vorrei l' altrui lido lasciare,
E il dubbio navigar delle trist' onde,
Ed in te, amata patria, il cor posare.

Onde mai sempre liete aure seconde,
Prego, mi scorgan fide al dolce mare,
Che felice ti cinge ambe le sponde.

Domenichi, Lodovico, ed., Rime diverse d'alcune nobilissime, et virtuosissime donne (Lucca: Vincenzo Busdragho, 1559), p. 143.
Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 1, p. 219.

9.
Del sommo eterno Re la fida Sposa

Del sommo eterno Re la fida Sposa
Deposta ogni letizia, e canti, e feste,
Umile oggi si mostra in brune veste,
E ver noi dice con voce pietosa:

Mirate, figli miei, come ogni cosa
Passa, quasi ombra, e più non si riveste,
Abbiate al Ciel le voglie attente, e preste,
Ove ogni vero ben ferma, e riposa.

Nè v' inganni mortal gloria caduca,
Non regni, non tesor, pompe, o bellezza,
O finti brevi, fuggitivi onori.

A levarvi da terra omai v' induca,
Che in questa si risolve ogni grandezza;
Ch' io segno in fronte, e voi segnate i cori.

Domenichi, Lodovico, ed., Rime diverse d'alcune nobilissime, et virtuosissime donne (Lucca: Vincenzo Busdragho, 1559), p. 140.
Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 1, p. 221.
Ronna, Antoine, ed., Parnaso italiano. Poeti Italiani Contemporanei Maggiori e Minori Preceduti da un Discorso preliminare intorno a Giuseppe Parini e il suo secolo Scritto da Cesare Cantù (Paris: Baudry, 1847), p. 1013.

10.
Dunque son pur d' Irene i lumi spenti

Dunque son pur d' Irene i lumi spenti,
Che accendevano l' alme all' alte imprese?
Dunque n' è il riso, il canto, e quel cortese
Parlar tolto? empia stella, a che il consenti?

Dunque son svelti i crin crespi, e lucenti,
E alla terra i rubin, le perle rese?
Dunque, morte crudel, le insidie hai tese
A lei per lasciar noi mesti, e dolenti?

Ahi, che ben scorsi questa alma beata,
Dove l' immortal gloria era nascosta,
Non poter abitar, molto fra noi.

Che Dio la volle, e ne' bei regni suoi,
De' rai del Sol, di stelle incoronata,
Donde dianzi la trasse, or l' ha riposta.

Atanagi, Dionigi, ed., Rime di diversi nobilissimi, et eccellentissimi avtori, in morte della Signora IRENE delle Signore di Spilimbergo (Venice: Domenico & Gio. Battista Guerra, fratelli, 1561), p. 143.
Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 1, p. 222.

 
 
 

La morale der codice

Post n°2698 pubblicato il 29 Marzo 2016 da valerio.sampieri
 

La morale der codice

I


Prova cór senatore:
- fece la zia - chi sa?...
È un vecchio porco, ma
in fonno cià bon core;

vacce, Maria, va' là...
L'onore? Eh, sì, l'onore!
Se torna l'esattore
je damo l'onestà?

Der resto, cara mia,
bisogna che t'industri:
vacce, dà' retta a zia... -

Marietta sospirò...
Ma poi, coll'occhi lustri,
rispose: - Cianderò.

Trilussa



La morale der codice

II


Er vecchio, ner vedella,
disse: - Me piaci assai!
E, dimme, hai fatto mai...
- Mai! - je rispose quella.

- E adesso ch'età ciai?
- Quindici... - Bagattella!
Ma allora, figlia bella,
non voglio... capirai...

Col posto che ciò io,
no... non potrei... va' pure:
so' un galantomo... Addio. -

Poi disse: - Fossi matto!
So' sempre seccature,
me ponno (1) fa' un ricatto...

Nota:
1 Mi possono.

Trilussa

 
 
 

Sonetto sbolenfio

Sonetto sbolenfio

O pia Maria, ve’ della mia terribile
Pena terrena la catena ignobile!
Vien manco il fianco stanco ed è impossibile
Ch’io resti a questi mal molesti immobile!

Dura sciagura, arsura inestinguibile,
Ricetto eletto han nel mio petto e, mobile
La mente, sente un serpente invisibile
Che ha vinto, estinto, in lei l’istinto nobile!

O Bella Stella, o Verginella amabile,
Ascolta, volta a me stolta e volubile,
La preghiera sincera e vera e stabile.

Odo che un nodo sodo e indissolubile
Fa fiorita ogni vita attrita e labile....
Mia pia Maria, fa ch’io non sia più nubile!!

Argia Sbolenfi (alias di Olindo Guerrini)

 
 
 

Assenza nova pe li capelli

Assenza (1) nova pe li capelli

Vôi sentí un fatto de Tetaccia (1a) storta,
la mojje de Ciuffetto er perucchiere?
Ciaggnéde (2) cuer paíno (3) der drughiere, (4)
pe comprasse (5) un tantin de beggamorta. (6)

La bbirba stiede (7) un po’ ddrento a ’na porta
indove tiè ccerte boccette nere;
poi scappa e disce: «Oh cqueste sí ssò vvere!
Tiè, odora: ah! bbenemio!, t’ariconforta».

Lesta attappò er buscetto cor turaccio,
e ariscosso un testone (8) de moneta,
mannò (9) a ccasa contento er gallinaccio.

Ma ssai che cce trovò? ppiscio de Teta;
che ppe ggabbà cquer povero cazzaccio
s’era messa l’odore in ne le deta. (10)

Note:
1 Essenza.
1a Teresaccia.
2 Ci andò.
3 Zerbino.
4 Droghiere.
5 Comperarsi.
6 Bergamotto.
7 Stette.
8 Moneta di argento da tre paoli.
9 Mandò.
10 Nei diti.

Giuseppe Gioachino Belli
24 agosto 1830 - De Peppe er tosto
(Sonetto 37)

 
 
 
 
 

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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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