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Messaggi di Settembre 2016

L'editto

Post n°3163 pubblicato il 21 Settembre 2016 da valerio.sampieri
 

L'editto

Dicheno che una vorta
un Prete nun entrò ner Paradiso
perché trovò 'st'avviso su la porta:
«D'ordine de Dio Padre onnipotente
è permesso l'ingresso solamente
a queli preti ch'hanno messo in pratica
la castità, la carità, l'amore
che predicò Gesù nostro Signore.
Se quarchiduno ha fatto a l'incontrario
sarà mannato subbito a l'inferno.
Firmato: Er Padre Eterno.
San Pietro, segretario.»
- Povero me! So' fritto!
- disse er Prete fra sé - Tra tanti mali
ciamancava l'affare de 'st'editto!
Chi diavolo sarà che je l'ha scritto?
Naturarmente, l'anticlericali...

Trilussa

 
 
 

La scolazzione

La scolazzione

Hai la pulenta? Ebbè? ggnente de male:
eh a sta robba co tté mme sce la stiggno: (1)
eppuro, quanno viè lo sbarzo, (2) intiggno, (2a)
ciavessi d’aricurre a lo spedale.

Senti, và a nnome mio da lo spezziale
de facciata (3) ar canton de Torzanguiggno, (4)
e fàtte dà (5) un po’ d’acqua de grespiggno
stillata (6) cor un pizzico de sale.

Tu ppijjela a ddiggiuno domatina
ammalappena che tte sei svejjato:
pijjela, e vederai che mmediscina!

Poi maggna puro, (7) e ddoppo avé mmaggnato
bbévete (8) la tu’ bbrava fujjettina,
abbasta (9) che nun zii (10) vino annacquato.

Note:
1 Stignarsela con alcuno, vale «vedersela, combattersela».
2 Sbalzo: occasione proprizia.
2a Da intiggne (intingere), non da intiggnà (ostinarsi), altro verbo romanesco.
3 Incontro.
4 Tor Sanguigna: nome di una torre e della piazza in cui sorge.
5 Fatti dare.
6 Distillata.
7 Pure.
8 Beviti.
9 Purché.
10 Non sia.

Giuseppe Gioachino Belli
Morrovalle, 22 settembre 1831 - De Peppe er tosto
(Sonetto 111)

 
 
 

Campagna

Post n°3161 pubblicato il 21 Settembre 2016 da valerio.sampieri
 

Campagna

De sopra a 'na montagna, a poco a poco
Er sole scomparisce, e già 'na stella,
Spunta, fa 'gni tantino capoccella
Mentre ch'er celo a un punto pare foco,

De forà a 'na casetta, pe dà sfoco
A la 'malinconia, 'na villanella
Canta, ma nu' je giova, poverella,
Perchè e' riccorto è stato troppo poco.

Più in qua, verso la strada, un contadino,
Co' un fascio d'erba, torna dar lavoro,
Sfinito da la fame e da li stenti,

Lui s'ariposa e canta 'gni tantino
Guardanno la casetta er viso moro.
Ma quele strofe pareno lamenti!

Antonio Camilli
Tratto da: Poesie Romanesche, Roma, Tipografia Industria e Lavoro, 1906, pag. 58

 
 
 

Dedica

Post n°3160 pubblicato il 20 Settembre 2016 da valerio.sampieri
 

Dedica

Il mio primo libro di versi lo pubblicai nel 1913. Se ne vendettero appena cinquanta copie; le altre, allo scoppio della guerra, le donai alla Croce Rossa come carta da macero; nè mai poesia ebbe fine più degna. Il volume stampato un anno e mezzo fa dall'eitore dei "romanisti", Staderini, ebbe migliore accoglienza, e in pochimesi fu esaurito. Mi ero tuttavia proposto di non pubblicare altri versi prima della pace vittoriosa; avevo quasi scrupolo a metter fuori, in questo periodo di ferro, scritti che fossero o potessero parere futili. Ma ecco perchè ho cambiato idea. Tornando nell'autunno scorso da una missione all'estero, dovetti far sosta in una piccola stazione ungherese. C'era fermo un treno militare con nostri reduci dalla Russia. Un bel sergentino, che mi conosceva di vista, mi venne a salutare: "Sapete che al fronte c'era arrivato il vostro libro di poesie? Ce lo liticavamo per leggerlo la sera in crocchio; si discuteva se fossero più belli i sonetti burleschi o quelli sentimentali; abbiamo perfino messo in musica gli stornelli sul Re e sul Duce. A noi romani pareva di ritrovarci più vicini a casa. Pubblicherete presto qualche altra cosa?".
So troppo bene che questo giudizio va attribuito solo alla grande distanza, che deformava la lente visiva di quei brvi ragazzi. Quei due stornelli, ad esempio, sono ben povera cosa, e non riescono a rappresentare con efficacia l'immagine augusta del Sovrano che si affaccia alla loggia del Quirinale, nè la maschia figura del Duce che dal balcone di Palazzo Venezia lancia le sue frasi taglienti, mentre la folla in un delirio di passione lo acclama. Pure, mi sono detto, qualche po' di merito i miei versi lo debbono avere, se riescono a interessare e a commuovere dei combattenti, ossia dei veri uomini. Ecco perché pubblico oggi qualche altra cosa. E la dedico ai combattenti romani, che meglio la potranno intendere; augurandomi che serva a dare un'ora di svago a quei nostri giovani che espongono i loro generosi petti per la gloria d'Italia, nel nome di questa Roma immortale, che si va facendo ogni giorno più bella, più rispettata più grande.

Dello stesso autore:
Sonetti romaneschi - W.Modes, libraio-editore, Roma, 1913.
Pater Aeneas. Dramma sacro in tre atti, in versi. - Fratelli Treves, editori, Milano, 1930.
Poesie romanesche . Staderini, editore, Roma, 1940

Da: Antonio Muñoz
L'Arca de Noè - Poemetto romanesco
Staderini Editore - Roma 1940
Lire 5

 
 
 

Un consijo

Post n°3159 pubblicato il 20 Settembre 2016 da valerio.sampieri
 

Un consijo

La carne fa venì l'uricemia,
er pesce si nun puzza è congelato,
er pollo cià er carcagno adurterato
e l' ova fresche so' dell' Arbania.

Co' li  legumi viè' l'aerofagia,
er maiale t'intossica, er castrato,
per fegheto è un veleno, l'affettato
po' datte puro la setticemia.

Er fritto t' arovina le budella,
la robba dorce provoca er diabete,
la frutta fa venì la cacarella.

Perciò si vòi sta' bene, damme retta,
per evita' li medichi e  le diete,
aggustete la Pasta benedetta.
 
Aldo Fabrizi
Dal volume «Pasta asciutta»

Strenna dei Romanisti 1968, pag. 165

 
 
 

A l'asciutto

Post n°3158 pubblicato il 20 Settembre 2016 da valerio.sampieri
 

A l'asciutto

Nera come la barca de Caronte
L'arca rimase a galla un mese armeno,
Finacché una matina a l'orizzonte
Spuntò la prima stricia de sereno.

Dio carmò l'ira sua; "chiuse la fonte
De l'abbissi", e innarzò l'arcobbaleno;
L'arca annò prima a sbatte addosso a un monte,
Poi calò insieme all'acqua sur terreno.

Piano piano tornaveno a l'asciutto
Cuppole e torri, arberi e campagne,
Sporchi der fango che copriva tutto.

L'aria se coloriva de viole;
Spuntò l'aurora dietro a le montagne,
Finché s'aprì 'na nuvola, e uscì er sole.

Antonio Muñoz
L'Arca de Noè - Poemetto romanesco
Staderini Editore - Roma 1940
Sonetto XXI

Note [VS]:
Arméno = Almeno, per lo meno. [Ravaro]: Chiappini - Armeno nun facessi er cicerono || Trilussa - Ma armeno magneremo quarche cosa.
T1-0185, Er vino novo: "la vita a spampanasse, c'un rampazzo / pesava armeno una descina o ddua, // se spremé in bocca er zugo de quell’ua,"
T1-0449, La poverella: "Anime sante! se movessi un cane / a ppietà! eh armeno sce se movi lei, / me facci prenne un bocconcin de pane."
T1-0960, A li zzelanti: "dàmme der birbo, si vvassallo è ppoco; / ma ffàmme dì le mi' raggione armeno. // Sí, l'arepríco, tu ssei troppo pieno"
T2-1141, La fanga de Roma: "ce trapassi in barchetta o in carrettella. // Ce fussi armeno un po' de serciatella / attorn’attorno, quattro serci soli,"
T2-1551, Cristo a la Colonna: "me sce sò mmisurato stammatina, / e armeno er culiseo stava ar zicuro."
T2-1692, La vesta: "in cap’a un giorno o ddua sc’entra la testa? // Che sso... ffussimo armeno ggente ricche, / bbuggiarà! E de sto passo chi sse trova"
T2-1697, La Sabbatína: "e nun state a sfassciamme er ciufoletto». / «Dímme armeno a cquest'ora indove vai». // «Dove me pare». «Ah Nnino!...». «Ôh, pprincipiamo»."
T2-1730, Chi era?: "si cche rrazza de morto Iddio ve manna! // Armeno chi ha ddu' deta de scervello / ciavería da fà mmette pe le donne"
T2-1789, La folla pe le lettre: "me sfraggneva cor gommito una costa. // Io me storcevo; e armeno er prete santo / m'avessi detto: nu l’ho ffatto apposta."
T2-1973, La caramaggnòla d’Argentina: "«Nò, ccredo che cce resciti Arlecchino. / Armeno Nicolò cce l'ho llett'io, / e cce disceva puro piccinino»."
T2-1980, La pizza der compare: "Ma ccredevo che cquanno uno se stizza / avessi armeno6 da sarvà er decoro, / e nun a la commare sto disdoro"
T2-1119, L’Ombrellari: "E mm’arispose lei: «Bbrutto seggnale! / ché ppe nnoi sce vorebbe armén'arméno / rivienissi er diluvio univerzale»."
Muñoz, L'Arca de Noè, A l'asciutto: "Nera come la barca de Caronte / L'arca rimase a galla un mese armeno, / Finacché una matina a l'orizzonte"
Finacchè = Finché. Nessuna occorrenza in Belli, che usa, invece "Finaménte". [Ravaro]: Finché, fino a quando. || Belli Finamente che scivolo e te schizzo. || Trilussa - Finacché nun pijava la parola. [Ravaro] riporta anche "Finènta", col significato di finché, sino a che: Zanazzo - Però si finenta che campate.
Muñoz, L'Arca de Noè, A l'asciutto: "L'arca rimase a galla un mese armeno, / Finacché una matina a l'orizzonte / Spuntò la prima stricia de sereno."
Matina = Mattina. Almeno 59 occorrenze in Belli.
Muñoz, L'Arca de Noè, A l'asciutto: "L'arca rimase a galla un mese armeno, / Finacché una matina a l'orizzonte / Spuntò la prima stricia de sereno."
Stricia = Striscia. Non mi risultano altre occorrenze di tale grafia
T1-0050, Lo sposalizzio de Tuta 3: "Chi ccommanna a l’urione? er Presidente. / Ch’edè ar muro sta strisscia luccichente? / Cià ccamminato la lumaca iggnuda."
T2-1890, Li moccoletti der 37 2°: "credenno tutto com’ar tempo antico. // Io vedde, usscenno dar Gesú, una strisscia / de paíni c’annava tarroccanno,"
T2-1553, Er missionario dell’Innia: "eppoi drent'una bborza, tutta fatta / a strissce de villuto e ttaffettano. // Er prete porta un croscifisso e cquella,"
T2-2215, La sposa de Mastro Zzuggno: "Co cquer nasetto a bbecco de pollastro! / co cquer petto a ddu’ strisce de scimosa! / co quel’occhietti de color de rosa!"
Muñoz, L'Arca de Noè, A l'asciutto: "Finacché una matina a l'orizzonte / Spuntò la prima stricia de sereno. // Dio carmò l'ira sua; "chiuse la fonte"

 
 
 

Uno pe' sera (18)

Post n°3157 pubblicato il 19 Settembre 2016 da valerio.sampieri
 

Uno pe' sera, di Giulietta Picconieri, Editrice artistica romana, 1961, pag. 18.

Pag. 18

La donna, come er vino,
diventa generosa,
si se invecchia un tantino! ...

Chi cià li fiji cià la providenza! ...
Ma come campa mejo chi stà senza!

Tanto nell'arte, come ne l'amore,
si nun ce metti un po' de poesia,
combini solo quarche porcheria.

Er cornuto s'ammaschera da tonto
finché je torna conto!

 
 
 

Er cicerone spiega... 16

Er Cicerone spiega ...

XVI.


Appresso ar pozzo bello che t'ho detto
Ce ne so' tanti mezzi rovinati,
La fonte de Giuturna (1) co' un tempietto
Che serviva a pregacce l'antenati.

Eppoi antri pozzi neri, sgangherati
Che si ce butti l'occhi p'un pochetto
Te senti come da' 'na stretta ar petto
E appena che te scanzi te rifiati.

Appresso 'na fontana scura scura
Dove adesso nessuno ce se sciacqua
Ch'a vedella fa' un senso de paura.

Perchè pe' li romani è un gran destino;
So' stati da ch'è monno in mezzo all'acqua
E invece je piaciuto antro ch'er vino.
 
Nota: (1) La Fonte di Giuturna acqua medicamentosa sacra ai Romani.

Giggi Pizzirani
Da: Romani antichi e Burattini moderni, sonetti romaneschi, Roma, Casa Editrice M. Carra & C. di Luigi Bellini, 1928, pag. 22

 
 
 

Chiome bionne

Post n°3155 pubblicato il 18 Settembre 2016 da valerio.sampieri
 

Chiome bionne

Come 'na barca spersa in arto mare
Sola, tra la tempesta, cerca er porto;
Cusì 'st'anima mia tra lo sconforto
Spasima e cerca que' le labbra care.

Rosa d'Aprile!
Vorebbe esse 'n'ucello, avecce l'ale,
Pe' venitte a bacià, bocca gentile!

Tutta l'anima mia, la Primavera,
L'odori de le rose, moribonne,
Stanno tramezzo a le tu' chiome bionne
Che so' l'incanto raro de' la tera.

Tesoro amato,
Co que' le chiome bionne m'hai intessuto
'Na rete d'oro e me ciai carcerato.

'Sto pòro core;
E lo fai navigà tramezzo a un mare
De spasimi, de pianti e de dolore.

Io t'amo tanto!
Nun me fa sperde sti sospiri ar vento,
Nun me fa vive solo che de pianto!

Bocca de fata!
Possi arivà a baciamme in fin de vita
Tu che l'anima mia t'hai già rubata.

Antonio Camilli
Tratto da: Poesie Romanesche, Roma, Tipografia Industria e Lavoro, 1906, pag. 57

 
 
 

Uno pe' sera (17)

Post n°3154 pubblicato il 18 Settembre 2016 da valerio.sampieri
 

Uno pe' Sera, di Giulietta Picconieri, Editrice artistica romana, 1961, pag. 11, 13.

Pag. 17

Coll'invecchiasse, er gallo se fa tosto;
e l'omo, poveretto, fa l'opposto.

La donna fatta a "S",
è quello che pò esse! ...
A l'ommini, però,
je piace fatta a "O".

L'omo vo' sarvà sempre l'apparenza;
e puro quann'è vecchio arimbambito,
mica te dice ch'è rincojonito,
ma che s'è fatto un omo d'esperienza ...

La donna che conosce troppe cose,
nun ha dormito sempre su le rose! ...

 
 
 
 
 

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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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