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Messaggi di Novembre 2017

Tramonto da Monte Mario - Ferragosto a Roma

Tramonto da Monte Mario

Nuvole madreperla,
rosa, viola,
con pennellate d'oro
e i colli ali' orizzonte
ascoltano il respiro
dell'Urbe, maestosa
fra macchie verdi
e il nastro scintillante
d'argento.

Ferragosto a Roma

Picchia fulgido il sole
sui capitelli
e le colonne mozze,
Solo nell'incantesimo,
per me solo
ricanta questa terra
la musica
dell'inno trionfale.

Enrico Giupponi
Da Strenna dei Romanisti, 1963, pag. 308

 
 
 

Bella donna presente al corso de' barbari

Bella donna presente al corso de' barbari

Questi ch'or vedi a gara, o bella Pilla,
destrier veloci a nobil gloria intenti
trar dal ferrato piè lampi e faville,
e nel corso avanzar folgori e venti,

sembrano i miei pensier, ch'a cento, a mille,
vengono a vol su gli occhi tuoi lucenti;
ché quivi, entro le candide pupille,
si serba il premio a le mie voglie ardenti.

Me il tuo sguardo gentil sol muove e regge,
muovonsi quegli a suon di tromba altera;
pargoletto fanciullo ambi corregge.

Ciascun di noi la sua vittoria spera,
o del corpo o d'amor; lor mèta e legge
è drappo vil, e tu mio centro e sfera.

Nota:
Questa poesia ci è stata inviata per la "Strenna» da Renato Mucci con il seguente commento: « ... Quanto al "pargoletto fanciullo" che può essere di non facile interpretazione, credo debba intendersi che il Poeta è governato da Amore fanciullo, e il barbero da un "fantino", cioè, con significato arcaico, anche lui da un fanciullo».

Marcello Giovannetti
(1598-1631)
Da Strenna dei Romanisti, 1963, pag. 280

 
 
 

Le farfalle - Pippo il romano

Le farfalle

Sotto l'arco di Tito due farfalle,
battendo lievemente l'ali gialle,
s'inseguono festose e fiduciose.
Ignoran tante cose
però san che alle spalle
non hanno alcun pericolo in quel sito.
Chi cerca le farfalle
sotto l'Arco di Tito?



Pippo il romano

Da buon romano, Pippo, all'osteria,
davanti a un mezzo litro di Frascati,
pensa che il miglior modo che ci sia
per non restar fregati
è di capire a volo che la gente
non mira altro che al proprio tornaconto,
quindi Pippo ritiene conveniente
fare lo gnorri o meglio il finto tonto
centellinando il vino allegramente.
Morale: ogni roman che si rispetta
mangia la foglia e beve la foglietta.

Luciano Folgore
Da Strenna dei Romanisti, 1963, pag. 256

 
 
 

Se dice che ...

Post n°4358 pubblicato il 14 Novembre 2017 da valerio.sampieri
 

Se dice che ...

Quando che se trattò de fabbricà'
inferno, purgatorio e paradiso,
san Pietro nun sapeva come fa',
se sentiva indeciso.

Dice: Er Signore ha detto che l'inferno
lo costruiranno l'anime cattive
che ce dovranno vive
tra fiamme e fôco eterno.

Mentre ch'er purgatorio
lo deve fà' la gente ch'è pentita
de quello che ha commesso nella vita,
e ce dovrà soffrì', tra pene e affanni
diciamo - pe' castigo provisorio -
un due tremila anni.

Er paradiso invece è differente,
è un lavoro preciso, delicato
e ce vo' tutta gente
che non ha fatto mai nessun peccato ...

A 'sto punto san Pietro dice - Mah ...
io 'ste gatte a pelà' nun me le pio!
Allora che te fà?
se presenta a Dio.

Dice: - Signore, come lei ha disposto,
inferno e purgatorio stanno a posto,
ma in quanto ar paradiso, lei capisce,
chi me lo costruisce?
Io cerco, giro, provo ...
ma l'anime innocenti indò' le trovo?

- Certo hai ragione - je rispose Dio.
Nun te preoccupà', ce penso io!

Prese 'na campanella
e incominciò a sonà':
din din, din don, din dan ...
Allora, da ogni nuvola, ogni stella
come tanti folletti
sbucorno fòra un sacco d' angioletti.
Venite - fece Dio - venite qui
e stateme a sentì'.

Ho fatto 'st' adunata generale
co' lo scopo preciso
d'affidavve un incarico speciale:
dovete fabbricamme er paradiso.

Dev'esse un posto da rimane tonti!
Ce vojo li brillanti, li rubini,
e li fiori de tutti li giardini
cor colore de tutti li tramonti.

Deve regnacce sempre primavera
e un profumo d'amore
che intenerisca er core ...

L'aria dev'esse limpida e 'gni sera,
verso l'Ave Maria,
se deve da sentì' 'na melodia:
Tra un canto de fontane
e n'accompagnamento de campane.

Dico, avrete capito
che 'sta località dev' esse eterna!
E, co' questo, ho finito:
S'inizino i lavori in data odierna!

- Signore così sia
dissero tutti l' angioletti in coro.
-- Bene - fece san Pietro - allora, via!
Un frullo d'ale e incominciò e' lavoro ...

Doppo un mijaro d'anni, er paradiso
stava un ber pezzo avanti,
tanto che già san Pietro e er segretario,
cominciorno a copià' dar calendario
li nomi delli santi
per invitalli all'inaugurazione.
Quanno che, 'na matina, all'improvviso,
un lampo squarcia er cielo e 'no scossone
manna a zampe per aria tutti quanti.
Anime sante, aiuto!
strillò san Pietro - Sverti, giù in ginocchio ...
Ognuno dica le preghiere sue!. ..
Ma nun passa un minuto
che ariva un antro scrocchio
e, tracche: spacca er paradiso in due.

Mezzo rimase su la stratosfera
l'antro precipitò sopra la tera.
- Mamma mia, che macello -
fece san Pietro: questo è stato er diavolo
che ha rovinato tutto sur più bello
pe' fà' un dispetto a Dio.
- Neanche per il cavolo, -
fece il Signore - sono stato io!

Dunque sta' carmo e nun piatte pena
p'er pezzo che s'è rotto. -
Detto questo legò 'na pergamena
e la buttò de sotto.

Pietro, benché rimasto imbambolato,
fece - Signore, scusi tanto, sa,
si fò un peccato de curiosità ...
Sarà che quanno nun capisco un'acca
divento peggio d'un maleducato
ma lei m'ha da spiegà'
perché fa er paradiso, poi lo spacca
e butta la metà?

- Povero Pietro mio, quanto sei fesso! ...
Quella metà che, dichi tu, ho buttato,
sarà chiamata «Er centro de la tera»!
- E quer cartoccio che ha buttato appresso,
scusi tanto, che era?
Un diploma? ... Un editto? ...
- Nun era né un editto, né un diploma,
quello è un atto de nascita: e c'è scritto:
Oggi, 21 aprile, è nata Roma!

Aldo Fabrizi
Da Strenna dei Romanisti, 1963, pag. 228-231

 
 
 

San Pietro pescatore

San Pietro pescatore

Un pescatore co li porsi boni
e una barca buttata a lo sbarajo;
ma gnente barbi o cefoli o sturioni:
anime solo e a mucchi ner tramajo.

Aperti come sporte li pormoni
e l'occhio che s'incanta a lo sbarbajo
dell'acqua, è un guajo finì in chiesa, un guajo
er piatto in testa e in mano li chiavoni.

Tonto de pater, ave e gloria: sbronzo
d'incenso; ma stanotte scatta in piede
e se la squaja dar porton de bronzo,
diretto a fiume.

La vecchietta ch'esce
a punta d'arba bacia er santo piede
e storce er naso a la puzza de pesce.

Mario Dell'Arco
Da Strenna dei Romanisti, 1963, pag. 208

 
 
 

A San Clemente

Post n°4356 pubblicato il 14 Novembre 2017 da valerio.sampieri
 

A San Clemente

Quattro agili palme dicono sì
al primo vento di primavera
Masolino esce con Caterina
nell'atrio a parlare con gli angeli.
Fra i viticci d'oro è un brusio
d'uccelli: dodici colombe salgono
verso la mano di Dio che sporge
dalle nubi rosse a farci cenno ...
Gerusalemme e Betlemme han chiuso
le porte ma dietro lievita il fermento.
Sul fiume dei secoli varca
san Cristoforo il peso di Dio,
gli sorride coi suoi mill'occhi
il pavone che passeggia nel catino.
Su ogni palma un evangelista
altalena al sole la sua promessa.
Al centro lenta goccia la speranza.

Marcello Camilucci
Da Strenna dei Romanisti, 1963, pag. 188

 
 
 

Catulliana

Post n°4355 pubblicato il 14 Novembre 2017 da valerio.sampieri
 

Catulliana

Dedica (I)

E a chi mo' je l'ammollo sto libbretto,
ch'è novo novo e sibrilluccica tutto?
Te, Cornè, te lo bécchi, così 'mpari!
Te lo ricordi che ste du' frescacce
te piacéveno tanto, sin da quanno
scocciavi tutti quanti co' tre libbri
de storia, Dio ce sarve!, tre mattoni?
Te lo strafòghi te mo' sto libbretto,
comunque sia sortito, bello o brutto.
E tu, Madonna santa, fa che duri,
si je va bbene, pe mijara d'anni.

Elio De Rossi
Da Strenna dei Romanisti, 1963, pag. 173



Cambiali (XXVI)

Furio, la tua villetta nun la bbatte
la tramontana e manco er ponentino1
né lo scirocco o er vento de levante: -
ma n'ipoteca d'otto mjjioni
ce soffia sopra, vento puzzolente!

Elio De Rossi
Da Strenna dei Romanisti, 1963, pag. 173



La ragazza di Formia (XLIII)

A rigà, te saluto, co quer naso
che t' aritrovi, co le fette a bbozzi,
l'occhi de pesce fràcico, le deta
cicciottelle e la bocca 'n po' sbavata,
che, quanno parli, pare 'na ciavatta:
saressi tu l'amica der fallito
de Formia? tu la bella? Sti buzzurri
te vònno mette a petto a Nina mia?
che gente senza 'n filo de capoccia!

Elio De Rossi
Da Strenna dei Romanisti, 1963, pag. 174



A Cicerone (XLIX)

A Cicerò, sei propio er mejo fustu
de tutti li Romani d'ogni tempo,
de quelli che sò stati e che saranno!
Bécchete sta pernacchia da Catullo,
ch'è er poeta peggiore tra li peggio,
tanto più peggio. tra tutti li peggio
come tu er mejo fico der bigonzo!

Elio De Rossi
Da Strenna dei Romanisti, 1963, pag. 174



Doppo l'elezzioni (LII)

Ched'è, Catullo? Perché nun te spari?'
Nonio er Tignosa sta a Montecitorio,
è ministro Vatinio lo spergiuro:
ched'è, Catullo? Perché nun te spari?

Elio De Rossi
Da Strenna dei Romanisti, 1963, pag. 175



T'odio (LXXXV)

T'odio, te vojo bbene! cc Che succede?>>me
dichi te. Nun so. Lo sento drento
e sò rido·tto com'a Cristo 'n croce.

Elio De Rossi
Da Strenna dei Romanisti, 1963, pag. 175



Che brutta fine (LVIII)

Celio, Ninetta mia, Ninetta, quella
che sola amò Catullo più de tutti,
più de se stesso, più de li parenti,
mo' pe li vicoletti e lungatevere
adesca e sporpa i fiji der gran Remo!

Elio De Rossi
Da Strenna dei Romanisti, 1963, pag. 175

 
 
 

Il Miracolo

Post n°4354 pubblicato il 14 Novembre 2017 da valerio.sampieri
 

Il Miracolo
Della Madonna di Trastevere

- A volemme intignà che quell'immaggine
Della Madonna, drento ar tabbernacolo,
Che va smovenno l'occhi pe miracolo
Sia un'impostura, è proprio cocciutaggine.

Ma er Vicariato dopo tante indaggine
Dimme, cià forse trovo quarche ostacolo?
Ma er popilo che approva lo spettacolo,
Siconno te, lo fa pe cojonaggine?

Ah ... mo la stella je se fa contraria
A sti Tajani, e quanti qui se troveno
La dovranno pijà l'erba fumaria! (1)

Ste smosse d'occhi, Checco mio, te proveno
Che quarche cosa certo c'è per aria! ...
_ Si ce sò li filetti che li moveno.

Nota: 1. Significa far fagotto e fuggire.

Augusto Marini
1872
Da: Cento sonetti in vernacolo romanesco, Perino 1877, pag. 51

 
 
 

Un nummero

Un nummero

Ch'ho fatto? Gnente ...
e poi chi so'? Nessuno.
Chiacchiere de la gente o de quarcuno
m'hanno lasciato sempre indifferente.
Dicheno: - È un arivista ...
un fanatico ... un fesso
che se vo' mette' in vista ...
E giù un bidone de monnezza appresso.
Invece, vedi, io so' rimasto quello
ch'ài conosciuto cinquant'anni fa
- più che amico, un fratello -
sempre in cerca d'affetti e de bontà,
co' l'impronta stampata sopra ar viso
d'un eterno sorriso,
ch'annisconne 'na lagrima, un dolore
o 'na ferita ar core.
So' solamente un «nummero», so' uno
senza mèta o un passato,
che sa d'esse' nessuno,
confuso ne la folla e navigato
tra difetti, virtù, vizzi, ambizione,
che nun ha mai cercato
la vana carità d'un'illusione.

Felice Calabresi
Da Strenna dei Romanisti, 1963, pag. 161

 
 
 

La vita è bella - La politica d'oggi

La vita è bella

Appena venghi ar monno, strilli e piagni.
Te spunteno li denti, e so' dolori.
A scôla, so' fastidi e so' papagni.
Creschi; p'abbuscà 'n sordo te ciaccori,

sgobbi, schiatti e ringrazia Dio si magni.
Poi cominci a sentitte li calori:
vai in amore, lo fai, te piace e ... sfragni;
ma poi l'hai da scontà' si nun te môri.

L'amore te fa scemo e piji moje.
Lì, se sarvi le corna, perdi er sonno,
la pace, ... invecchi, e Dio te s' ariccoje.

Ecco la vita, da la cima ar fonno.
Si ce pensi, te passeno le voje ...
d'avé' quer gusto de fa cresce er monno.


La politica d'oggi

Er marito, ch'è un grosso possidente,
pe' paura s'è fatto comunista;
se sà, lui pensa, e forse giustamente,
che mettènno 'sta fede bene in vista,

e facenno lui stesso er prepotente
co' quarche amico suo capitalista,
se sarverà benone; speciarmente
si poi lo metteranno ne la lista.

La moje è socialista sfeghetata:
gira, discore, strilla e fa la pazza,
speranno d'èsse fatta deputata.

E er fio, che fa er devoto e er sagrestano
co' li preti e li frati d'ogni razza,
s'è fatto democratico cristiano.

Mò, 'sto spartisse, è umano:
tutti vônno arivà'. Ma er fatto strano
è che gnissuno se vô' fa' italiano.

Nazzareno De Angelis
Da Strenna dei Romanisti, 1963, pag. 141, 142

 
 
 
 
 

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Data di creazione: 26/04/2008
 

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