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CHIARIMENTI
Le notizie riportate nel presente blog, ove altrimenti non specificato, sono affidate alla memoria dell' autore e non possono pertanto essere considerate degne della minima fede. Ritengo sia mio preciso obbligo morale diffondere bufale, spacciandole per vere e viceversa. Chi si fida di me sbaglia a farlo, ma, volendo, potrebbe prendere spunto da quel bel po' di verità che sarà in grado di trovare in ciò che scrivo, per approfondire l' argomento, se gli interessa, altrimenti, ciccia.
Chi volesse comunque riferirsi a fonti ancor meno affidabili di una vacillante memoria di un incallito bufalaro, potrà consultare Wikipedia o, peggio ancora, la Treccani Online che a Wikipedia spesso rinvia. Degno di considerazione è il fatto che le idiozie di cui Wikipedia è spesso -non sempre, siamo onesti- intrisa fino al midollo sono consultabili gratis, laddove per la redazione della Treccani online lo Stato ha erogato all' ente, presieduto da un non bene amato ex ministro di nome Giuliano, due bei milioncini di euro nostri: che fine avranno fatto? Non c'è alcuna malizia da parte mia, s'intende, nel formulare questa domanda: solo semplice curiosità.
La lettura di questo blog è vivamente sconsigliata a chi ignora cosa sia l'ironia e/o non è in grado di discernere il vero dal falso.
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Piccola biblioteca romanesca (I miei libri in dialetto romanesco)
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Cento sonetti in vernacolo romanesco (di Augusto Marini)
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I trovatori (Dalla Prefazione di "Poesie italiane inedite di Dugento Autori" dall'origine della lingua infino al Secolo Decimosettimo raccolte e illustrate da Francesco Trucchi socio di varie Accademie, Volume 1, Prato, Per Ranieri Guasti, 1847)
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Rime inedite del Cinquecento (di vari autori)
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La duttrinella. Cento sonetti in vernacolo romanesco. Roma, Tipografia Barbèra, 1877 (di Luigi Ferretti)
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Messaggi del 29/01/2015
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Post n°1155 pubblicato il 29 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
Il Dittamondo LIBRO QUINTO CAPITOLO XXVI Per la gran neve e per la nebbia strana, chiuso e nascoso il suo corpo nutrica l’orso, l’unghia succiando, ne la tana. E cosí, nel gran verno, la formica si ciba di quel grano, ne la grotta, 5 c’ha trito e acquistato con fatica. Similemente dico la marmotta, cui il maschio suo per avarizia caccia, poi c’ha la schiena ben pelata e rotta, fa nuova tana e tanto si procaccia, 10 che ritruova il suo cibo, e quivi posa in fin che sopra terra sta la ghiaccia. E la serpe, che fu sí velenosa nel sol del Cancro, sotto terra vive, mutando spoglia, e fuori uscir non osa. 15 E i pesci, che pasciano per le rive nel dolce tempo, ne’ pelaghi vanno per le gran cave e per le conche prive. E quasi tutte quelle piante, c’hanno atto di vita, son per lor natura 20 chiuse e rastrette e come morte stanno. E i marinari, che con gran rancura cercâr la state i luoghi marini, ciascun guarda ora il tempo e ha paura. Per questo modo ancora i pellegrini, 25 che ne la primavera giano a torno, in tutto hanno lasciato i lor cammini. E io sol sono, che la notte e ’l giorno dietro a Solin pellegrinando vado, essendo il sole al fin di Capricorno. 30 O tu che leggi, al quale utili bado che siano i versi miei, asempro prendi se puoi; non perder tempo in alcun grado, ch’io voglio ben che noti e che m’intendi, ché l’uom ch’è pigro non fará mai bene, 35 ché ’l vizio è tristo e tristizia n’attendi. E imagina che quanto il mondo tene, non è paese piú scuro né reo che quello, onde andar or ne convene. Un’isola è, che la noman Moreo, 40 presso al Nilo, in verso l’oriente, lungo lo qual Solino il cammin feo. Di sopra questa confina una gente, la quale udio che son detti Macrobi, grande del corpo, bella e intendente. 45 Ignudi vanno tutti e senza robi; legano i membri, adornan di metalli, d’oro e di pietre riccamente adobi. Qui mi disse Solin: "Non vo’ che falli, ma ’l ver ne porti di costor, da poi 50 che se’ giunto a veder li loro stalli. La vita han lunga il doppio piú di noi; amano equitá, aman ragione quanto altra gente che tu sappia ancoi". Un lago vidi in quella regione, 55 del quale ancor la natura m’aperse, come nel libro suo la scrive e pone. Apresso ancor mi disse e mi scoperse come lá presso li Popiti sono, genti bestiali, crudeli e diverse. 60 Gustan la carne, quando aver ne pono, dico de l’uom, per denari o per forza: che qui non è pietade né perdono. E io a lui: "S’alcuno non mi sforza, non passo lá; d’altro fa che m’avise, ch’io non darei, per vederle, una scorza". Un poco me guardando, in fra sé rise; poi disse: "Ben hai detto, fuggiam queste". E per altro cammino allor si mise. Noi trovammo deserti e gran foreste e luoghi solitari e pien di rabbia dico di mostri e di altre tempeste. Come l’uccel, che cerca per la gabbia d’uscirne fuori, cercavamo ognora, sempre appressando in verso il sen d’Arabbia. 75 Per quelli stremi di levante, allora, trovammo genti con sí strani volti, che a imaginarli me ne segno ancora. Io ne vidi in una parte molti senza naso, la faccia tutta piana, 80 che, noi mirando, ridean come stolti. E vidivi, passato quelle tana, un’altra gente, la quale, a guardarla, piú mi parea salvatica e strana. Questi han per bocca un foro e mai non parla; 85 vivon di quel che la terra produce, ché fatica non hanno a seminarla. E pria che Tolomeo fosse lor duce, la maggior parte, per quello ch’i’ udio, non conosceano fuoco né sua luce, 90 e come bestie seguiano il disio. |
Post n°1154 pubblicato il 29 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
Solo ccosì |
Post n°1153 pubblicato il 29 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
Il Dittamondo similemente a l’uom far si richiede di rallegrarsi e prendere conforto 5 contro ogni avversitá che ’l punge e fiede. E però tu, che per questo bistorto paese vai con fatica e con pene, conforta e spera alfin trovar buon porto. Colui per savio e discreto si tene, 10 lo qual sa trarre, de l’oscuro, lume, quando bisogna; e ancora, del mal, bene". Cosí dal monte, ch’arde per costume, dove sta l’aire ognor pallida e smorta per la cener che gitta e per lo fume, 15 confortando m’andava la mia scorta, dubitando di me, come fa il fisico ch’a maggior rischi lo ’nfermo conforta. Quivi passammo un bosco con gran risico, però che tanti v’ha mostri e serpenti, 20 ch’a vederli un ben san verrebbe tisico. Li nostri passi erano levi e attenti quai son d’un ladro, quando al furto appressa, con gli occhi accorti e pieni di argomenti. Usciti fuor de la foresta spessa, 25 trovammo una campagna, che da’ lepri non so ch’altrove piú bella sia messa: però ch’avea a modo di ginepri li suoi cespugli, ma un poco piú bassi, presso a un fiume nominato Astepri. 30 E sí come Solin lá volse i passi, senza ch’io domandassi, disse adesso: "Non per cacciar questo bel luogo fassi: cinnamo è tutto ciò che qui è messo: guarda il terreno e guarda la sua forma 35 con breve ramo, umile e depresso". E io, che gia pur dietro a la sua orma ascoltando, dal gran disio sospinto, quanto dicea notava e ponea in norma. E poi che fummo fuor di quel procinto, 40 arrivammo in un altro paese, dove si truova la pietra giacinto. "O luce mia, diss’io, fammi palese la natura di questa pietra cara". Per ch’ello, udito ciò, a dir mi prese: 45 "Questa secondo il tempo è torba e chiara; caccia da l’uomo tristizia e sospetto; contro a tempesta e folgore ripara. Rallegra il cuor, conforta e dá diletto; malanconia da l’animo tole; 50 utile è a’ membri: e questo è il suo effetto. Riceve e prende sua vertú dal sole; lo granato, in fra gli altri, chi lo trova, sempre per lo piú fin prender si vole. Lo crisopasso, un’altra pietra nova, 55 dove truovi il giacinto si riduce, secondo che per quei di qua si prova. Questa, ch’io dico, nasconde la luce per sua natura propiamente e cela; oscuritá e tenebre produce. 60 Odi contrarietá: che ’l dí si vela d’un color pallido e la notte scopre, che fuoco pare, a mirar, la sua tela". E io a lui: "Questa par che s’aopre com lucciola, che la sera risprende: 65 lo giorno è smorta e la sua luce copre. Ancor come carbon, che ’n fuoco accende, ho veduto la notte un guasto legno lucer da sé e ’l dí tenebre rende". Come colui che ha l’animo e lo ’ngegno 70 fitto a un pensier, non mi rispose, ma seguio il suo parlar pur dritto al segno: "Ancor piú altre pietre il ciel dispose, forse a ristor del mal, per l’Etiopia, che molto son gentili e preziose". 75 E qui mi disse la natura propia de l’ematite, il colore e la forma; poi del topazio cosí mi fe’ copia: "Dal sol prende vertute e si conforma; a chi ha calde le reni utile è molto 80 e propio a infermo, che supino dorma. Mirandol, mostra con ritroso volto; piú d’altra pietra dentro a sé risprende; lo sangue stringe e tienlo in sé raccolto. L’acqua raffredda, ch’al bollor s’accende; 85 da fantasia e lunatico morbo, da ira e da tristizia l’uom difende. L’occhio rallegra e ’l cuore, quando è torbo; conserva castitade, acquista onore: e però qual n’è degno non è orbo, se sua natura segue e ponvi amore". |
Inviato da: cassetta2
il 12/08/2024 alle 08:41
Inviato da: amistad.siempre
il 11/08/2024 alle 23:52
Inviato da: Vince198
il 25/12/2023 alle 09:06
Inviato da: amistad.siempre
il 20/06/2023 alle 10:50
Inviato da: patriziaorlacchio
il 26/04/2023 alle 15:50