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Messaggi del 28/07/2015

Una fiaba

Post n°1873 pubblicato il 28 Luglio 2015 da valerio.sampieri
 
Foto di valerio.sampieri

Si perde nella notte dei tempi la leggenda del fiore più bello. Il fiore che allieta le notti di tutti gli uomini insonni perché li attende sveglio d’estate quando non riescono a prendere sonno: le belle di notte. Una notte, tanto tempo fa, un pianto lungo e sommesso si aggiungeva ai rumori dell’oscurità. Questo pianto si ripeté a lungo, finché la Luna decise di trovarne la fonte. A lungo girò intorno a tutto il pianeta e, quando aveva ormai perso del tutto le speranze, lo scorse. Un piccolo punto luminoso: era da lì che proveniva il pianto.
La Luna scese dal suo cocchio e si avvicinò. Accanto ad un pozzo, ai margini del bosco, era seduta una lucciola. "Chi sei tu? E perché rattristi con il tuo pianto tutte le mie stelle? " chiese la Luna. La lucciola spaventata alzò gli occhi e rimase stupita nel vedere il suo interlocutore.
Allora disse: "Deve scusarmi, signora Luna, non volevo mettere tristezza alle sue stelle!"
"Io sono Lumil, il principe delle lucciole!"
"Perché piangi principe Lumil?" chiese la luna.
"Si avvicina la primavera e il mio popolo comincerà a vagare per i prati e i giardini, per illuminare le calde notti" disse Lumil "Ma noi non troveremo nessuna corolla dischiusa ad attenderci. Solo tanto verde!"
"E qual è il problema? " chiese la Luna. "Il tuo popolo, da quando è stato creato, è sempre stato il popolo della notte! Voi avete un ruolo importante: dovete illuminare, come me e le stelle, le notti degli alberi".
"E questo compito ci onora !" rispose Lumil.
"Ma, vede signora Luna, c’è un sogno che ogni lucciola ha da quando nasce: io questo sogno lo faccio da sempre!"
"E qual è questo sogno?" chiese la Luna.
"Uscire dalla nostra casa, volare in un prato e trovare, almeno per una volta, un fiore che ci attenda e poterci posare sui suoi petali!" esclamò Lumil.
"Ma è un sogno, e solo un sogno rimarrà. Buona notte signora Luna e mi perdoni se l’ho disturbata". E così dicendo Lumil volò via.
La Luna ritornò in cielo, ma non riusciva a smettere di pensare a Lumil e al sogno delle lucciole.
Le notti passavano e il pianto di Lumil le riempiva, ma all’improvviso il pianto cessò. Sirio, una delle stelle, andò dalla luna e le disse: "Mamma ascolta!"e la invitò a tendere l’orecchio.
"Cosa devo ascoltare?"chiese la Luna.
"Il principe triste! Questa notte il suo pianto non si sente." rispose Sirio.
"E’ vero ! esclamò la Luna . Non odo il suo lamento!"
"E se gli fosse accaduto qualcosa?" aggiunse Sirio molto preoccupata. "Ti prego mamma va a vedere!"
E cosi fu. La Luna salì sul suo cocchio e andò in cerca del pozzo presso il quale aveva incontrato Lumil per la prima volta.
Quando lo ebbe trovato, si fermò e si avvicinò. Ferme, vicino al pozzo, trovò tante lucciole e ad una di loro chiese:
"Cosa accade?"la risposta la rattristò.
"Il nostro principe si è ammalato. Era molto triste perché sapeva che i suoi giorni stavano finendo, e che non sarebbe mai riuscito a realizzare il sogno del suo popolo. E il dispiacere lo ha consumato."
La Luna rimase lì ferma ad attendere di poter vedere il principe Lumil.
Quando la vide il principe disse: "Signora Luna, come mai è ritornata?Io non ho pianto questa notte!"
"Ero preoccupata per te, ragazzo mio e volevo assicurarmi che tu stessi bene!" rispose la Luna dolcemente.
"Non deve preoccuparsi per me. Il mio tempo ormai è finito. Raggiungerò i miei antenati con un unico rimpianto: non aver potuto realizzare il sogno del mio popolo. Spero che il prossimo principe ci riesca!"
Le forze stavano abbandonando il principe delle lucciole. Tutto il suo popolo era preso da grande tristezza. L’amore che le lucciole dimostravano al loro principe e la dolcezza di Lumil colpirono al cuore la Luna.
"Lumil la tua luce si spegnerà presto, questo io non posso evitarlo, ma - disse la Luna - andrai via sapendo di aver realizzato il sogno del tuo popolo. Guarda........"
La Luna si strappò una ciglia, la prese tra le mani e la posò in terra di fianco a Lumil. Come d’incanto dalla terra cominciarono a spuntare foglie. Le foglie presero a germogliare, d’improvviso una gemma si schiuse e fece capolino un bel fiore giallo e fucsia.
"Ecco Lumil!Questo sarà il fiore delle lucciole, per sempre, e si chiamerà come te: Lumil, che nella lingua delle lucciole significa colui che rende bella la notte!" Lumil pianse di gioia e disse: "Grazie o luminosa Luna, sarà bella di notte per il mio popolo!"
E con tutta la forza che gli rimaneva, accese la sua lucina e volò sul suo fiore. E lì si spense felice. Da quella notte, tante volte la Luna si è levata in cielo, ma ancora oggi quando, nelle notti d’estate guarda i prati, sorride. Ogni notte le lucciole raggiungono le belle di notte che si schiudono solo per loro e c’è soltanto una pianta, la più bella, che non permette a nessuna lucciola di sedersi sui suoi petali e illuminarla: è la pianta nata vicino al pozzo ed è la sola che non ha bisogno di luce perché nei suoi fiori vive Lumil.

 
 
 

De claris mulieribus 13

Post n°1872 pubblicato il 28 Luglio 2015 da valerio.sampieri
 

CAPITOLO XIII.
Ipermnestra, Reina d’Argo.

Ipermnestra, famosa per nazione e per dignità, fu figliuola di Danao, re degli Argivi, e fu moglie di Linceo. E trovasi per le antiche storie, che già furono in Egitto due fratelli figliuoli del primo Belo, e furono maravigliosi per eccellenza di signoria, dei quali l’uno fu chiamato per nome Danao, l’altro Egitto. E benchè egli avessino uguali signorie non ebbero uguale fortuna di figliuoli; perchè Danao ebbe cinquanta figliuole, e Egitto altrettanti figliuoli maschi. E avendo Danao per augurio, dovere essere morto per mano d’uno di que’ nipoti, e nascosamente essendo stimolato da molta paura, non sapendo quali egli dovesse avere sospetti per sì gran moltitudine; avvenne, che cominciando ad essere grandicelli quelli figliuoli, e quelle figliuole, Egitto domandò che tutte le figliuole di Danao fossero date ai figliuoli, alla qualcosa (pensando Danao orribile peccato) volentieri consentì. E di più dando le figliuole ai nipoti, apparecchiandosi lo sacrificio delle nozze, informò tutte quelle con gran sollecitudine, che se volessero la sua salute, ciascuna la prima notte uccidesse con ferro lo suo marito quando ella lo vedesse gravato di vino e di vivande, e legato di grave sonno. Le quali tutte portati i coltelli nascosamente nelle camere, di comandamento di lor padre li uccisero, essendo quelli giovani matti di grave ebrietà. Ma sola Ipermnestra s’astenne del peccato, perchè già la fanciulla avea posto l’animo al marito, il quale avea nome Linceo; secondo l’usanza delle fanciulle, siccome il vide l’amò, e così avendogli compassione, con grandissima sua lode si astenne di ucciderlo, e confortò lo giovine che si fuggisse, per lo quale fuggire egli campò. E, facendo la mattina lo crudel padre festa per lo commesso peccato, sola Ipermnestra fu presa e messa in prigione, dove per alcuno spazio ella pianse la pietosa opera. Oh miseri uomini con quanto cupido animo, e come caldo, desideriamo noi le cose che deono perire! e per che maledette vie, dispregiando il fine, montiamo noi all’alte cose, e con che peccato serviamo noi quelle quando vi siamo montati! come noi pensiamo, con perverse opere potere mutare la mutabile fortuna! E (che è da ridere) con quali scellerati peccati noi ci ingegniamo fare perpetua questa piccola giornata di vita mutabile e debile, vedendo tutti gli altri correre alla morte! con quali detestabili consigli, con quali opere dispreggiamo lo giudizio di Dio! E sia testimonio lo crudele Danao, lo quale con molto sangue sforzandosi accrescere i suoi tremanti anni, discorse in perpetua infamia. E lo malvagio uomo pensò che si dovesse mettere innanzi i pochi e freddi anni della sua vecchiezza, ai fiorenti della gioventù dei suoi nipoti, perchè forse altri gli avrebbe pensati più utili, purchè egli gli avesse salvati onestamente. Ma avere cercato di allungare la sua vecchiezza con le piaghe dei viventi figliuoli, giustamente può parere crudeltà; e, che più aggiunse all’ingiuria, non armò le mani dei famigli, ma delle figliuole a commettere quel peccato, acciocchè non solamente ei facesse morire i nipoti, ma col peccato fece scellerate le figliuole, le quali con la pietà egli poteva avere oneste. E volendo con quello peccato salvare la vita, non pensò quanto obbrobrio, quanto inganno, detestabile esempio d’obbrobrio, egli lasciasse alle figliuole a dovere esser perverse. Egli fece rompere la fè del matrimonio con la crudeltà; dove, pietoso padre, doveva comandare che portassero nelle camere le sacre faci, comandò che portassero coltelli; dove noi abbiamo per usanza confortare le figliuole all’amore dei mariti, egli le inanimò ad odio e omicidio; e quello che non avrebbe ardito a fare in tutti, comandollo particolarmente alle figliuole; quello che non avrebbe tentato di dì, volle che fusse fatto di notte, quello che non avrebbe ardito a campo, comandò che fosse fatto nelle camere, non pensando che quanti anni egli toglieva alla verde gioventù de’ nipoti, per crudeltà e inganno, tanti secoli s’avea per sè bruttati d’odiosa sua opera. Egli il quale giustamente poteva avere cinquanta generi, fugli salvato per esso giustamente un nimico, delle cui mani finalmente per giusto giudizio di Dio quello crudele vecchio non potè campare, sicchè il suo nocivo sangue non fosse sparso, il quale egli avea salvato con tanto sangue dei nipoti. Il quale finalmente, o che fusse cacciato, o che fuggisse, o che egli fusse chiamato, passò in Grecia, e tenne lo regno degli Argivi occupato per lo ingegno e per la forza; dove, dicono alcuni, che fu commesso lo detto peccato da Danao, ma dove quello, di crudel memoria, fu morto da Linceo, e in luogo di quello regnò Linceo ad Argo. E Ipermnestra fa tratta di prigione, e congiunta di matrimonio a migliore uomo, alla quale egli fece parte del regno: la quale non solamente ebbe fama di reina, ma fatta sacerdotessa di Iunone a Argo, fu gloriosa di doppia fama; e rimanendo le sorelle di vituperosa infamia, ella per la lodabile pietà ha condotto il suo nome, degno di lode, famoso infino al nostro tempo.

Giovanni Boccaccio

De claris muljeribus
VOLGARIZZAMENTO
DI MAESTRO DONATO ALBANZANI DA CASENTINO
[ca. 1336 - fine secolo XIV]

 
 
 
 
 

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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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