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Messaggi del 02/10/2015

La storia der monno 2

Post n°2072 pubblicato il 02 Ottobre 2015 da valerio.sampieri
 

La storia der monno

VI

Fece er solido, er liquido, er gassoso;
l’inferno, er purgatorio, er paradiso;
e poi fece la cosa e fece er coso,
lo sbadijo, la lacrima, er sorriso,

er giorno de fatica e de riposo,
fece er grugno, la faccia, er muso, er viso,
er pajaccia, er vijacco, er valoroso,
la pastasciutta, er semolino, er riso.

Poi fece er fiume Tevere e l’Aniene,
ce messe in mezzo Roma e li dintorni:
Anzio, Ostia, Albano, Tivoli e Fregene

co’ vigne e trattorie pe’ li contorni,
dove se magna, beve e fotte bene
che si ce vai ’na vorta ci aritorni.

VII

E poi fece le donne: brutte e belle;
le fece dritte e storte, secche e grasse,
e maritate e vedove e zitelle,
e more e bianche e gialle, arte e basse,

e mamme e moji e socere e sorelle,
casalinghe e puttane d’arta classe.
Ne fece tante! Assai più delle stelle
pe’ vede’ si quarcuno se stufasse.

E invece no! So’ tigre senza còre,
so’ cane, vorpe, leonesse, jene;
so’ capace de datte ogni dolore,

te se sugheno er sangue nelle vene.
Però la vita perde ogni sapore
senza ’na donna che te voja bene.

VIII

E fece l'omo. Gnente de speciale
in quanto a mezzo de locomozione,
ma, in quanto a contenuto cerebrale,
je costruì un cervello d’eccezione

completamente fori der normale
e lo fece così pe’ la ragione
de fallo presidente generale
de tutta quanta quella confusione.

L'omo in tar modo, cor cervello in testa,
rassomija ar padrone der vapore;
è re: comanna, arrubba, imbroja, impesta

e canta e balla e sona a tutte l’ore,
fatica e magna e beve quann’è festa
e, quanno ammazza, loda er Creatore.

IX

E fece puro quelli che so’ morti
da che ci esiste ’sto capolavoro
e gireno co’ noi ma so’ seporti:
da Adamo a Abbramo e quelli appresso a loro;

gioveni, vecchi, arti, normali e corti,
er bianco, er giallo, l’eschimese, er moro,
che, fino a che li grassi nun so’ sciorti,
puzzamo - Gesù mio! - peggio der cloro!

Perciò, finché ce stamo su ’sto monno,
sciupasselo davero è un gran peccato:
vedete quant’è bello, quant’è tonno!

Sfasciallo perché l’omo è scienziato
è ’na fregnaccia! Si guardamo ar fonno,
solo Dio la po’ fa’, che l’ha creato.

X

Perché lui solo sa perché l’ha fatto,
er Padreterno, quanno fece er monno;
ma l’ha fatto preciso, giusto, esatto,
senza principio e fine, senza fonno.

Doppo avé’ messo tutto ar posto adatto
e sistemato in mezzo er mappamonno
s’è messo a sede’ in trono, soddisfatto.
E d’allora se gode er girotonno.

Così giramo tutti alegramente,
mentre lui se diverte, in pompa magna,
a vedecce girà’: gira er serpente,

er frenguello, la rapa, la montagna;
e giro io, mi’ moje, er presidente
e Kennedi e Krusciòf e Franco in Spagna.

Gustavo Quadrini
Tratti da: La storia der monno
Cento sonetti spubbricati ner 1962

 
 
 

De claris mulieribus 32

CAPITOLO XXXII.
Ecuba, Reina de’ Trojani.

Ecuba, reina de’ Trojani, fu similmente lume grandissimo del perire di prosperità, fu certissimo ammaestramento di miserie. Questa, secondo alcuni, fu figliuola di Dimante Aone: alcuni vogliono, questa essera stata figliuola di Cifeo, re di Tracia, la qual cosa io medesimo penso, perchè i più pensarono così. Questa vergine fu moglie di Priamo, re nobilissimo de’ Trojani, e di quello mischiatamente generò e partorì diciannove figliuoli; tra i quali fu quel singolare rimedio, e splendore della gagliardia dei Trojani, Ettore, lo quale ebbe tanta chiarezza di fama, che non solamente egli fece famosi eternalmente i suoi passati, ma la sua patria d’eterna gloria. Ma non fu tanto famosa per felicità del regno, e per chiarezza de’ molti figliuoli, che anzi soperchiando l’avversa fortuna, fu conosciuta a tutto il mondo. Ella pianse con grandissima tristizia Ettore suo figliuolo, e Troilo, giovinetto ardito più che non era la sua forza, i quali furono morti per le mani di Achille, e in quella morte cadde quasi la ferma colonna del regno. E così ella miserabile vide Paris morto da Pirro, poi Deifobo, al quale prima furono tagliate le orecchie e il naso, poi vituperosamente morto, Ilion essere arso dal fuoco de’ Greci; Polite essere tagliato in grembo al padre; e Priamo medesimo vecchio innanzi agli altari della propria casa essere scannato; Cassandra, sua figliuola, Andromaca sua nuora, e sè medesima andare per ischiave de’ nemici; Polissena, essere scannata innanzi la sepoltura d’Achille; e Astianatte suo nipote, tratto del luogo nascoso, essere abbattuto ad un sasso; e ultimamente in su lo lito di Tracia trovò seppellito Polidoro suo figliuolo, giovanetto morto per fraude di Polinestore, e in quel luogo lo pianse. Per li quali, e sì grandi dolori e tanti, dicono alcuni, che ella diventò rabbiosa; e che andava urlando a modo di cagna per li campi di Tracia: e così dicono, quella essere morta e seppellita nel lito d’Elesponto in un monte chiamato Cynosenia. Alcuni dicono che ella fu menata da’ nimici in servitù con l’altre: e acciocchè non le mancasse alcuna particola di miseria, vide ultimamente, dopo la morte di Agamennone, uccidere Cassandra per comandamento di Clitennestra.

Giovanni Boccaccio

De claris muljeribus
VOLGARIZZAMENTO
DI MAESTRO DONATO ALBANZANI DA CASENTINO
[ca. 1336 - fine secolo XIV]

 
 
 
 
 

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Data di creazione: 26/04/2008
 

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