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Messaggi del 23/06/2016

Ôva e ppreciutto cotto

Post n°2921 pubblicato il 23 Giugno 2016 da valerio.sampieri
 

Ôva e ppreciutto cotto

A mme mme piace si cce l'ho ppiù ttosto ...
ma che ccapischi, bbrutto sporcaccione!? ...
Io stò pe ccucinatte 'n gran ppiattone
e mmagnerai da re, ma a basso costo!

La fetta de preciutto la bbruschetti
(e quinni l'ojo nun dev'èsse tanto;
côci l'arbume ner fornell' accanto)
e allora doppo lo pôi fà a pezzetti.

Er cotto all' ôva l'hai da incorporà,
'a mozzarella ammischi 'n po' ppiù ddopo
e 'nfine e' rrosso fai solo scallà.

Quanno fai l' ôva e 'r bianco resta mollo
nun va bbene; côcilo come è dd' uopo ...
ce 'nfili la capoccia fino ar collo!

Glossario
Capoccia - Testa (sinonimo di capocchia), nella sola forma femminile. Al maschile il significato cambia e "er capoccia" è il capofamiglia, il capo di un'azienda, il più elevato in grado in un gruppo.
Côci - Cuoci (inf. coce, dal lat. coquere). A rigore, l'accento circonflesso sarebbe errato, perché non vi è contrazione di "u" ed "o", presenti nella forma italiana. Il romanesco deriva dal latino, perciò la "u" non dovrebbe esistere in tale verbo. Tale rigore, però, avrebbe avuto un senso quando si ipotizzava la conoscenza del latino in chiunque avesse studiato, laddove oggidì molti, forse, nemmeno più sanno il significato del termine "latino".
Ddopo - Dopo, ma la forma aadottata è scorretta - o quanto meno poco usata- in romanesco, in quanto il termine corretto è "doppo" (vedi verso 8). Il raddoppiamento della "d" iniziale è un semplice espediente grafico per indicare il rafforzamento fonetico della consonante "d".
E' rrosso - Il rosso. L'articolo maschile "er" perde la "r" quando è seguito da "r" o "l" e la parola successiva raddoppia l'iniziale: e' rrosso, e' llago, ecc. Tale fenomeno si è peraltro verificato nel '900.
Ôva - Uova, plurale di ôvo, dal latino ovum. Anche qui vale il discorso fatto per il verbo cuocere, a proposito dell'accento circonflesso. Belli ha usato anche la forma plurale maschile "ovi" (Sonetto 413, Edizione Teodonio, "La bballarina de Tordinone": "e un par d’occhiacci accusí ffurbi movi, / c’a nnoi sce succhi com’e rrossi d’ovi, / e li tu’ atti li pôi dí pparole."). Va detto che Belli usava la forma maschile plurale anche in italiano (si veda la nota 1 al titolo del sonetto di cui appresso: "È un detto in Roma che i giuramenti vanno giù come rossi d’ovi: o dicesi altresì di un cibo che facilmente s’ingoi. «Va giù, come un giuramento falso»."). Il sonetto in questione è il numero 920, Ed. Teodonio, e curiosamente il titolo è: "Li rossi d’ova /// La Verità assomijja ar giuramento / cuanto s’arissomijjeno du’ fave.".
Pôi - Puoi. Anche per il verbo poté (lat. classico "posse", lat. vogare "pòtere") vale il discorso della contrazione dell'italiano "uo" in "ô". In questo caso io uso l'accento anche per distinguere la forma verbale dall'avverbio di tempo "pòi". Tale forma è peraltro usata da Belli abbastanza spesso, ben 13 volte:
T1-0045: te la trov’io, che ce pôi stà in cuscenza. // Quella
T1-0061: poterà mmorí dde mala-morte. / Pôi, pe mmodo de dí, ffà l’
T1-0119: ggetto. // Oggi ch’è festa pôi serrà nnegozzio, / ché lo
T1-0201: peperoni e oliva. // Come sce pôi ggiucà, tisico nato, / senza
T1-0229: man der crapettaro, / e tte pôi figurà cquant’è ccacone
T1-0243: La piggion de casa // Nun pôi sbajjà ssi vvôi. Cquà
T1-0361: soprani e ffalli fori / pe ddí pôi scirpa e ffà le carte lei.
T1-0413: d’ovi, / e li tu’ atti li pôi dí pparole. // Eh vviè, ppasciocca,
T1-0423: peccristo, pe cquest’anno / pôi fà, ppôi dí, nun ce se va
T1-0435: avanti a scrive e a llegge. // Pôi figurà si llei cià conoscenza
T1-0917: d’inverno, nun te puzza: / pôi stacce un giorno e nnun
T1-0987: appett’a cquesto / quanno  / o pôi trovà ccerchelo puro, / dotto
T2-2151: Tratanto io cqui... lo pôi negà?» «Che vv’essce?»
Preciutto - Prosciutto (dal lat. prae e exutus, cioè prima e asciutto, essiccato). La grafia "presciutto" è errata in romanesco, in quanto Peresio, Berneri e Belli semplicemente rendevano con tale grafia il suono romanesco della lettera "c". "Trovò dopo d'havé rimuscinato, / un tozzo secco e non gli parè vero, / si messe poi, pe' non magnallo asciutto, / a rosicane un osso de presciutto" (Berneri, Meo Patacca, Canto secondo, terzina 3, versi 5-8): si notino la corrispodenza fonetica di "rimuscinato" e "presciutto".

Valerio Sampieri
23 giugno 2016

 
 
 

Er rospo e la gallina

Post n°2920 pubblicato il 23 Giugno 2016 da valerio.sampieri
 

Er rospo e la gallina

Un Rospo, ner sentì che 'na Gallina
cantava come un'anima addannata,
je domannò: - Ched'è (1) che strilli tanto?
- Ho fatto un ovo fresco de giornata:
- rispose la Gallina - apposta canto.
- Fai male, - disse er Rospo - male assai!
Tu lavori pe' l'ommini, ma loro
come t'aricompenseno el lavoro?
Te tireranno er collo
com'hanno fatto ar pollo, lo vedrai.
Nun te fidà de 'sta canaja infame
che t'ha cotto er marito ne la pila
e un fijo ner tegame!
Nun te fidà de 'sta gentaccia ingrata
che te se pija l'ova che je dài
pe' facce la frittata!
Pianta 'sti sfruttatori e impara a vive!
Se loro vonno l'ova de giornata
nu' je da' retta: fajele stantive!

Nota:
1 Come mai.

Trilussa

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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