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LA NOSTRA MAXI FAMIGLIA
 

 

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De ARARUM Natura

Post n°1092 pubblicato il 22 Marzo 2009 da paTTanegra

Mio padre era un avanguardista, teneva i vizi e la vita stretti per i coglioni.

Sempre contanti e mai debiti.

Sempre coprirsi prima che arrivi il freddo umido.

Sempre alzarsi presto.

Sempre una birra per accompagnare il whisky.

Sempre un’aspirina prima di andare a letto ubriaco.

Sempre al raddoppio per recuperare a poker.

E mai farsi piacere la bianca, che è una brutta bestia. “Se proprio devi farti una pista, fattela piccola tanto dura sempre venti minuti”. 

I terreni del nonno non li ha mai venduti, li teneva lì fermi anche se incolti. Diceva che della pecora si vende la lana, mai la pecora.

Beh ci saranno anche pecore che vanno vendute. Pensavo. 

Continuai gli studi universitari anche se con poca convinzione, contribuendo al vertiginoso innalzamento del livello culturale medio nazionale che ci avrebbe portato al disastro. Oggi non si trova un lavapiatti a pagarlo oro, e tutti vogliono una Ferrari nel garage.

Dopo i primi anni di ufficiose e inerti mansioni lavorative il progetto di un viaggio in solitaria mi iniziò a frullare in testa come rimedio all’accidia che vincola le scelte. 

Così iniziai a progettare i possibili percorsi e le mete. In pochi giorni avevo riempito la moleskine di appunti.

Arrivò il giorno della riunione di famiglia.

Andai da mio padre, lo fissai nelle rughe che gli incorniciavano gli occhi ancora vispi e gli dissi: “Papà .. ho preso una decisione. Sono stanco di cercare nei posti sbagliati…. voglio liberarmi da tutte le cose che mi tengono schiavo.. voglio andare un po’ in giro, stare lontano dagli automatismi quotidiani e riportare le priorità a uno stato di necessità. Perché non posso più sopportare questa sensazione di incompiutezza”. Infine, dissi le parole che credevo più adatte per coinvolgerlo nelle motivazioni della mia scelta: “Voglio lasciare una traccia su questa terra”. 

Mio padre non disse niente. Soltanto mi fece un cenno come per dire seguimi. Salimmo nella sua Panda d’epoca e imboccammo la strada che portava fuori città, verso le campagne. In pochi minuti eravamo davanti alla sbarra di ferro arrugginita che dava accesso ai vecchi campi del nonno.

Lasciata la macchina difronte alla porticina della casupola con la scritta ‘WC’ sul muro, mi fece strada nella penombra polverosa del piccolo magazzino.

Ancora senza aver detto una parola si tirò dietro il vecchio aratro a benzina agricola e lo portò fuori.

Al secondo energico strappo della corda, la motozappa partì senza fare capricci. Il rumore assordante del vecchio due tempi svelava una coppia vigorosa, faceva vibrare l’aria . 

“Tieni figlio mio”, mi prese le mani nelle sue e me le attaccò alle manopole dell’aratro.

“Questi sono quasi due ettari di  terra, fai tutte le tracce che ti pare, e se vuoi lasciare solchi profondi, bada a non farti scappare mai il manubrio. Consideralo come il tuo Presente. E ci devi rimanere attaccato al presente: come un ubriaco alla bottiglia, come una goccia cristallizzata di loctite alla ceramica, come una crosta di sangue alla pelle, come due fedi all’anulare di una vedova, come la palla rossa al naso del clown”.

 

GODERE DELLA SODDISFAZIONE RACCHIUSA NELL’IMPEGNO DEL FARE INCOSAPEVOLE E DELL’OTTENERE PER SORPRESA. 

GUARDARE SEMPRE IN DIREZIONE DELLE PUNTE DEI PIEDI.

                                             --------------- 

Ciao Trivi ,

però son 34!

 
 
 
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