Creato da RachelDavidson il 20/09/2013

Ti Racconto

Ricordi ed emozioni da raccontare

 

 

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IN PUNTA DI PIEDI

Post n°3 pubblicato il 05 Ottobre 2013 da RachelDavidson
 
Foto di RachelDavidson

C'è un posto nel cuore dove bisogna entrare in punta di piedi, specie nei cuori di chi ha chiuso la speranza, induriti dal dolore. Pensava questo Roberto, entrando nel suo abituale bar per il suo quotidiano caffè prima di entrare in ufficio.

Un pensiero che non sapeva neanche lui perchè gli fosse venuto in mente. A volte pensava a se stesso come un cavaliere solitario, a volte come un cretino che vagava tra un letto e un altro di donne in cerca di distrazioni. Non esisteva una LEI. Non riusciva a trovarla o semplicemente non voleva.

Ieri sera l'ultimo "incontro". Una donna seducente e affascinante incontrata in un pub. Nome? Forse Luisa. Cognome ignoto. Il tempo di due chiacchiere e si erano ritrovati in una camera d'hotel.Lei si era spogliata appena entrati, lui avrebbe preferito bere prima qualcosa, ma non ebbe modo nè tempo di esprimere l'intenzione.

Un sesso veloce, senza troppi fronzoli, a tratti violento, fatto di godimento e sospiri. Senz'anima.

Lei gli aveva morso ripetutamente l'orecchio in modo maldestro, convinta gli piacesse e lui aveva taciuto. Che senso avrebbe avuto? Di lì a poco ognuno avrebbe chiuso le porte all'altro e addio. Ma quel movimento ripetuto gli aveva tolto la passione, costringendolo ad osservare quell'amplesso per quello che era: piacevole e stimolante ginnastica. E si sorprese di se stesso.

Quando ebbero finito, lei si rivestì con la stessa velocità con cui si era spogliata. Si girò verso di lui ancora nudo nel letto e si chinò per baciarlo su una guancia:

< Bellissimo, grazie. Forse ci si becca ancora... >

E così se ne andò sorridendo, chiudendosi la porta dietro.E lui lì, imbambolato in quel letto da cui per la prima volta dopo anni non aveva ricevuto soddisfazione. Oh.... no che la donna non fosse stata all'altezza, ma non era questo il punto. E allora qual era?

< Ciao Walter!! > entrò nell'androne del palazzo dove si trovava il suo ufficio salutando vivacemente il custode, come ogni mattina. Rivolse sorrisi e alzò la mano almeno altre dieci volte prima di infilarsi nell'ascensore. E lì sospirò. Si tolse quel sorriso forzato e restò in silenzio attendendo di arrivare al 24esimo piano.

Al terzo piano l'ascensore aprì le porte. Entrò tra gli altri una donna che continuando a rovistare nella borsa non si accorse di lui andandogli a sbattere contro rovinosamente.

 < Oh, mi scusi!! > Urlò lei con gli occhi tra lo spavento e la vergogna. Poi guardò a terra e si piegò a raccogliere quanto caduto nell'urto da quella borsa misteriosamente enorme.

Roberto ebbe giusto il tempo di dire < ma si  figuri> prima di vederla scomparire tra le gambe altrui alla ricerca dei pezzi perduti. La vedeva piegata sulle ginocchia come un gallina appollaiata farsi strada in un ascensore affollato tendendo la mano alla cieca. Aveva i capelli scompigliati, vestita confusamente e quella borsa, che ancora teneva stretta in grembo, era oramai mezza vuota e arrotolata. Ne ebbe quasi pena, come si potrebbe per una creatura abbandonata dal mondo.

L'ascensore si fermò al 24esimo piano e finalmente potè uscirne, avviandosi al suo ufficio.

< Mi scusi.... ! > Sentì alle sue spalle, ma no si voltò pensando non lo riguardasse. Poi ancora:

< Mi scusi...ehi....mi scusi per favore! > Il tono più alto, un rumore fastidioso di tacchi sul pavimento lo costrinsero a girarsi.

Era lei, la donna dell'ascensore che voleva proprio lui. Gli si avvicinò ansimando, perline di sudore le ricoprivano i contorni del naso, la borsa, ancora lei, che scendeva sulle spalle malamente. Un disastro di donna, si disse tra sè e sè.

< Mi scusi - accennando un sorriso tra il respiro affannoso - io.... ecco.... volevo scusarmi....sono stata maldestra...le avrò anche fatto male....ecco.... volevo scusarmi, sì...>

< Ma no! > provò a dire imbarazzato< No no! Volevo farmi perdonare....> gli rispose con un piglio deciso decisamente stonato con tutto quel guazzabuglio di apparenza disordinata e improvvisata.

< Ecco - riprese - mi piacerebbe offrirle un caffè.... - poi rapidamente forse perchè aveva notato lo sguardo perplesso di Roberto - no no...non ORA. Capisco forse è occupato, ma un giorno, chissà. Io lavoro qui...è il mio primo giorno di lavoro...  - e fece una risatina isterica - ecco... quindi forse ci incontreremo spesso... e quindi... che dice? >

A Roberto tutto quel dire suonò come una minaccia. Rapidamente riflettè sulla cosa: cosa avrebbe comportato incontrarla tutti i giorni in ascensore con il suo sguardo implorante che attendeva da lui una riposta? Un incubo. Quindi tanto valeva togliersi il pensiero, subito.

< No, veramente io ora sarei libero. Cioè dieci minuti, non di più. Quindi perchè no!? >

E si accorse persino lui di quanto forzato suonasse il suo tono entusiasta.

Lei prima sgranò gli occhi sorpresa, poi gli fece un gran sorriso che a Roberto ricordò quello della nipotina davanti ad un nuovo gioco da scartare.

E restò così, muta, a fissarlo per pochi interminabili secondi.

< Lei può ora? > incalzò Roberto

E come risvegliata da un sogno, accennò di sì col capo.

< Andiamo al bar di sotto? > Insistette lui. E si avviarono all'ascensore.

Lei sembrava in trance, ammutolita da tanta grazia. O semplicemente, pensò Roberto, non era abituata a sentirsi dire di sì da un uomo. Di lei, in quei pochi minuti, si era fatta un'idea ben precisa. Una donna probabilmente sola, che trascorreva le sue serate chiuse in casa a vedere un bel film da lacrime garantite, con un gatto sul letto al suo fianco, che sognava il grande amore. Una vita senza sesso sicuramente. Una donna da cui fuggire, perchè in breve avrebbe fatto di lui il proprio principe azzurro, anche senza il suo permesso.

Entrarono nel bar ed ordinò due caffè. In ascensore avevano deciso di darsi del tu - piccola concessione tanto per salvare le apparenze - e si erano presentati. Roberto, piacere. Anna, piacere. Anche il nome, si disse Roberto, da favoletta della nonna.

< Bene > esordì lei al banco, mentre aspettavano il caffè < sono felice che tu abbia accettato subito, così ci togliamo il pensiero... >

Roberto la guardò incuriosito.. come "ci togliamo il pensiero" ? Lei sembrò intuire i suoi dubbi così riprese a parlare:

< Sì, beh, conosco bene gli uomini come te. Non porti la fede, quindi non sei sposato, ma sei elegante e affascinante, avrai molte donne. Sicuramente molto diverse da me. Avevi due scelte: o continuare ad evitarmi per il futuro o accettare subito. Quindi hai deciso di "liberarti" di me in breve...>

E lo guardò con i suoi occhi imploranti attendendo un riscontro. E gli sorrideva persino...

< Io... > per la prima volta Roberto non sapeva che dire e aveva perso la sua solita sicurezza..Si sentì indagato nel suo intimo.

< Tranquillo - lo interruppe lei con tono accondiscendente - Non è niente. Non sono offesa, sono abituata. Nessun uomo mi prende sul serio, fino a quando non mi conosce almeno...>

Roberto tacque. All'improvviso quell'ammasso di abiti su di un corpo scialbo, cominciò a catturare il suo interesse..E lei sembrò capirlo. Si spostarono al tavolo e lei gli raccontò la sua vita, i suoi sogni, le sue speranze. Era una donna sopravvissuta ad un matrimonio umiliante e violento. Si era ribellata, era fuggita, adattandosi a vivere ovunque, facendo ogni tipo di lavoro pur di rendersi indipendente. Era una donna forte, risoluta, dalle idee chiare. Odiava i film d'amore e i gatti. Roberto l'ascoltò per tutto il tempo e per la prima volta non desiderò essere altrove. Quando lei terminò, fu lui a raccontargli di sè e smise solo quando entrambi si accorsero che fuori il sole era tramontato.

Allora lei si alzò.

< Devo andare > senza sorridere < è stato bello parlare con te. Ciao > Così...senza aggiungere altro.

 Roberto la vide uscire dal bar senza girarsi. Come al solito era sempre lui che vedeva le donne della sua vita uscire da una porta, ma sentì qualcosa di nuovo: una donna era entrata in punta di piedi nel suo cuore.

 
 
 
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