Creato da: tizianacorreale il 16/12/2007
Attraverso i miei occhi a volte una semplice eco, altre un'inarrestabile surrealtà...

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Per poco più di un istante

Post n°31 pubblicato il 21 Aprile 2011 da tizianacorreale
Foto di tizianacorreale

I suoi occhi sono così neri. Neri da sprofondarci dentro. Il suo sguardo mi invita in luoghi differenti, così differenti ed immensi che non sono del tutto sicura di volerli visitare. È come sempre sulle sue, e durante queste lunghe ore in cui riflette mi mancano quelle poche sillabe che pronuncia quando tenta di comunicare. Penso che non riuscirei a stare zitta quanto lei, soprattutto non riuscirei a guardare il nulla come lei. Sono convinta, infatti, che nel suo nulla lei guardi se stessa, in un modo che non riesco a provare, perché in me echeggiano sempre madre, padre, fratello, amore, amicizia, e si susseguono ricordi e fantasie senza quasi lasciare spazio a me.

 
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Libertà

Post n°30 pubblicato il 21 Aprile 2011 da tizianacorreale
Foto di tizianacorreale

Tengono alti, nel corteo, i loro manifesti. Sugli striscioni immagini di Gheddafi sbarrate con un segno rosso, “assassino”, i cartelli più generosi si limitano a dare di lui tale definizione, altri ne chiedono la dannazione. Un grido si alza chiaro tra i manifestanti: “Tripoli come Tunisi. Tripoli come il Cairo”. Perché anche a Tripoli, il popolo vuole liberarsi di un dittatore da troppo tempo attaccato al potere, ed anche in questa capitale non si è più disposti a sopportare la corruzione delle élite dirigenti e i privilegi di famiglia. La notte cinge il campo di battaglia, ricorda ai ribelli la frustrazione del restare in silenzio a sopportare: loro, in ogni caso, non potrebbero riposare. Dunque, fiamme, ovunque, riscaldano la città e gli animi dei manifestanti: Gheddafi vada via, Gheddafi vada all’inferno. Omar si unisce a loro anche se non riesce ad abbandonarsi alla stessa furia. Guarda il tutto con l’occhio dello storico, lui che ha studiato, e vorrebbe fuggire, andare via. L’aeroporto è affollato di gente che cerca un modo per scappare, si accorge che l’aria di tale luogo lo soffoca ancor più che i fuochi della città centrale, perché è propria della disperazione di chi subisce e non crede davvero in ciò che fa. Ci pensa su un attimo. Lui crede davvero alla legittimità di quella rivolta: allora perché non incendiare tutto? Perché non rendersi fiaccola di quel falò giustiziere? Entra in una casa deserta, non si accorge che quella è casa del suo amico Mustafa, tantomeno del sangue sulle pareti. Prende una bottiglia vuota e si dirige verso la macchina, dopo l’incrocio sente i fucili dell’esercito di Gheddafi sparare, vede dei piedi ancora vivi, comparire. Poi, improvvisamente, sente le sirene. “Un’ambulanza” si dice “Quell’uomo ha ancora speranze, devo solo portarlo su quell’ambulanza”. Aspetta che i soldati si allontanino per andare a cercare di alzarlo. Le sirene si avvicinano. Ha quasi sollevato il corpo e vede da lontano arrivare la vettura. Nessuna barella esce da lì solo un fucile. L’istinto lo porta a farsi scudo del cadavere dell’uomo che cercava di salvare. È ora inondato di sangue e vorrebbe fosse il suo. Porta lo stesso quel corpo all’ospedale, con fatica perché sulla strada si ferisce ad una gamba. All’ospedale parla con un medico. “I corpi non stanno bene qui” dice “Ieri dei militari ne hanno portati via molti per nascondere il numero delle vittime”. L’alba sta sorgendo, i soldati si ritirano, i ribelli esausti escono fuori a guardare cosa ne è rimasto delle loro vite, delle città che difendono. A chi può portare Omar quel corpo? Potrebbe lasciarlo nelle fosse comuni, ma neppure lui ricorderebbe più chi fosse e non gli sembra giusto. Allora va a casa sua, scende in cantina e lo lascia lì: per qualche ora starà assieme alle vecchie foto e al suo primo dizionario. Ancora sulla soglia della porta, questa volta a mani libere, si guarda attorno: “C’è ancora un posto per  me o dovrei forse chiudermi in cantina con l’uomo che ho ucciso?” Mustafa, gli va incontro. Gli manca un braccio, ma Omar non se ne accorge. Osservano insieme la tranquillità della città, in quell’alba. Coloro che sono rimasti cercano cibo qua e là, alcuni hanno trovato del pane e, per portarlo alla famiglia, fanno lo slalom tra i cadaveri lentamente portati alle fosse per esser seppelliti. Tutto accade con una lentezza soporifera, non ci sono più rumori. Omar vorrebbe dare una mano ma non ci riesce. Riesce solo a guardarsi attorno. “Gheddafi assassino!”, “Hai ucciso mio fratello!” “Inferno a Gheddafi!”. Mustafa chiede: “Si ferito?” e lui: “Non abbiamo libertà” dice “vogliamo anche la nostra libertà”.

 
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Il resto di niente

Post n°29 pubblicato il 23 Marzo 2011 da tizianacorreale
Foto di tizianacorreale

Il film è ambientato ai tempi della Rivoluzione francese. Eleonora Pimentel Fonseca è stata condannata a morte dopo la caduta della Repubblica napoletana. La storia è raccontata in due tempi: nelle poche ore che precedono l’esecuzione di Eleonora e nella lunga vita trascorsa fino a quel momento. La vita di Eleonora è ricca di avvenimenti; ella è una nobile portoghese trasferitasi in Italia per ragioni economiche, la quale passa dall’essere una giovane timida e riservata all’essere una donna forte e decisa, con un importante incarico nella Repubblica napoletana: quello di dirigerne il giornale, ovvero “Il Monitore”. Nel film sono rappresentati molte personalità storicamente rilevanti come Vincenzo Cuoco, Mario Pagano e Gaetano Filangeri, ma, soprattutto, è mostrato il loro rapporto con quel popolo che cercano di difendere, nel quale vedono una potenziale libertà, che non riescono ad esplicare a causa di problemi economici.

Le scene si basano molto sul passaggio da luce a oscurità ed è di grande impatto la corrispondenza delle poche ore della morte con un’intera vita: il tempo non passa mai nelle stanze in cui Eleonora attende che la vengano a prendere per impiccarla, mentre, al contrario, fugge il periodo in cui nella donna è palese la voglia di riflettere, di fermarsi a pensare al modo migliore di agire.

I dialoghi si svolgono con una semplicità tale che non ci sembra di esser poi così lontani dai nostri tempi, probabilmente per effetto della magia del dialetto, che rende tutto più vicino alla gente comune, al comune spettatore.

Di particolare efficacia sono le scene in cui Eleonora si sofferma sulla folla, perché i suoi occhi sembrano guardarla sempre come se essa fosse una bambina, spensierata ed energica, tutta da crescere. Infatti, una delle scene più intense del film è quella in cui la donna va al teatrino dei bambini e guarda la meraviglia negli occhi dei fanciulli con una forte incredulità.  Sembra quasi che lei si sia allontanata spiritualmente così tanto dalla fanciullezza da desiderare più di ogni altra cosa tornare a meravigliarsi con la stessa semplicità di un bambino.

Tutto sommato il film parla di una donna, eppure la protagonista non è altro che la perla più curiosa di un film ricco di soggetti, perché tutto ciò che la circonda è costruito con minuziosità ed è effettivo protagonista del film, essendo Eleonora una donna che prima di ogni cosa, cerca di imparare dal mondo e di restituire ciò che ha imparato.

 
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Quanto può essere doppia la linea che separa un paese dalla guerra?

Post n°28 pubblicato il 20 Marzo 2011 da tizianacorreale
Foto di tizianacorreale

Un paio di giorni fa ci rendevamo conto che c’era una brutta situazione,  eppure l’idea di ricevere bombe in testa ancora non era chiara nella nostra mente. Adesso Gheddafi dichiara che colpirà nel mediterraneo (prevedibile) ed immediatamente il punto di vista di noi scolaretti minorenni cambia. Vediamo procedere la macchina della morte, la vediamo procedere con lo scudo della difesa dei cittadini e ancora non sappiamo cosa ci sia sotto, aspettiamo di scoprirlo, di leggerlo nei libri di storia dei nostri figli, quando sarà ormai troppo tardi. Quanto può mimetizzarsi la linea che separa un paese dalla guerra? Vivremo abbastanza per aver consapevolezza anche in questioni così delicate? Ci chiediamo se chi si affanna a mostrare la sua conoscenza di informazioni nascoste possa capire davvero, oggi. Nel frattempo cerchiamo di imitarlo, di cercare e leggere qualcosa tra Spinoza e la Rivoluzione Francese, nascondendo nelle nostre domande su Napoleone e il ruolo dello stato, quesiti ben diversi…

 
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Bright star

Post n°27 pubblicato il 19 Marzo 2011 da tizianacorreale
Foto di tizianacorreale

La storia di un giovane poeta inglese, Jhon Keats, e di una giovane sarta, Fanny Brawne. I due si innamorano  ma sia le differenti condizioni economiche che la cattiva salute di lui impediscono loro di essere felici. Ogni tema che esula da quello amoroso nel film è secondario, infatti la stessa poesia, che dovrebbe essere protagonista, finisce per non essere altro che un mezzo per coltivare l’amore dei due giovani. I due personaggi dei protagonisti sono ben delineati, c’è sempre uno dei due in scena; oltre ai loro personaggi è di rilievo il personaggio di Charles Brown, poeta anch’egli ma molto più portato al diletto e all’ozio che allo studio e alla profondità. La colonna sonora è essenziale, gli scambi di battute arricchiti dai numerosi riferimenti poetici. Il film sembra avere qualcosa di surreale, quasi la macchina da presa non mirasse a descrivere un ambiente ma soltanto due persone e ciò che le porta l’una verso l’altra.

 
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