Malvagità Paradossa

Ho trascorso gli ultimi trentun’anni della mia vita a correre. Forse è per questo che per un bel periodo della mia vita sono stato proprio bravino a zampettare.

Già… una volta ho corso i quattrocento metri in meno di quarantotto secondi. Sono certo stato un efficiente esempio di come si può usufruire invano della complessa meccanica del corpo umano (o forse ho trovato un cronometrista starato e rincoglionito), ma è palesemente ovvio che i miei record atletici (come molto altro) non fregano a nessuno, tantomeno a me.

Se mi lasciate continuare, vorrei però giungere un altro concetto. Datemi quindi ancora un po’ di tempo poi potete andare altrove a cercar le foto di qualche bel manzo tauro o di qualche signorina discinta e prosperosa.

Il punto è che sfrecciavo sempre, inseguito od inseguendo. Veloce come una scheggia, un razzetto od un eiaculazione precoce. Qualcosa di certo ho acchiappato, ma ho soprattutto mangiato parecchie zanzare (che subdole mi si infilavano in bocca o nel naso), ho sorpassato nella corsia sbagliata, o, peggio ancora, non mi son reso conto che la pista prima o poi finisce e… bhè è ovvio facevo sbadabum (i frammenti dei denti rotti ancora li conservo sul comodino, in attesa che la fatina dei premolari mi porti il soldino).

Pure quella santa donna di mia mamma, mi raccontava che la prima volta che ho camminato, in realtà mi son messo a correre, ma come sempre ho fatto un bel casino. Pensate che bella scena: un gagno tracagnotto, tutto ciripà, vagiti e popò, che sgambetta per la felicità dei genitori. Eccolo felice che arriva bello determinato al punto di arrivo (il papà), ma lo manca di proposito e si proietta verso delle interessantissime tende. Le tende note per non essere oggetti di consistenza solida cedono e la mia fronte impatta solerte contro la ghisa del termosifone. L’effetto, sonoro pari al rintocco di una campana baritonale, oltre ad aver creato scompiglio ha quindi celebrato l’inaugurazione della mia totale vacuità cerebrale.

So che questi racconti della mia infanzia son cose proprio belle che arricchiscono la vostra cultura sensibile tanto quanto un pranzo in solitario da McDonald, ma ecco che giunge la morale del presente post, a concludere finalmente questa lettura penosa:

La morale è sempre quella: fai merenda con girella!!!

No, non è questa (anche se la girella a sempre il suo sporco effetto scenico), ma forse è quest’altra: Correre potrebbe andare anche bene ma visti gli innumerevoli intoppi e soste, il metronomo che ho incastonato nel m cervelletto non dovrebbe servire soltanto a determinare quando la pasta è cotta e meno che meno per dirmi se “sono arrivato uno” (anche perché, fortunatamente, non capita mai), ma piuttosto a ricordarmi se e quando è ora di ripartire.

Mi raccomando, gioite tutti i giorni come Tardelli dopo il fol alla finale dei mondiali dell’82 e non lasciatemi solo nella provante impresa di fare una brutta figura tutti i giorni, fatene qualcuna anche voi. Grazie

Adesso vado a sfreciare nei pressi del moi autovelox preferito, del quale ho appena ricevuto l'apposito bollettino per pagarne l'abbonamento