Creato da RoHarLu il 01/01/2012
L'Infinito Gioco di Ciò che Sempre È [Vita].
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La celebrazione di ogni minuscolo frammento..
Post n°331 pubblicato il 02 Gennaio 2021 da RoHarLu
Il lavoro del Creatore è quello di creare. Realizzare, concretizzare, qualcosa che non esisteva prima, nella forma e/o nella sostanza. Tuttavia, se nulla si crea e niente si distrugge, allora la creazione probabilmente è solo quella variazione, cambiamento, mutazione, tra ciò che prima esisteva in un modo, e altro che ad un certo punto, in una qualche coordinata spazio – temporale, intraprende un nuovo ciclo di espressioni. Manifestare nuove forme e verità, è però solo una parte del gioco, e non potrebbe non essere così. A cosa servirebbe dare origine a qualcosa se non la si esperimenta? Quindi, il creatore esplicita, fa venire alla Luce, e, immediatamente, e anche questo fa parte del processo – mette in atto ciò che gli consente di “gustare” il sapore di ciò che ha portato in essere. Agli inizi, nel momento in cui il creatore, secondo le modalità selezionate, inizia a testare la sua opera, si sente un po’ come il bambino che non avendo mai visto il mondo, e catapultato nella città dei balocchi, percepisce tutto come meraviglia, abbracciando tutto, e concedendo ad ogni cosa tutto il suo apprezzamento. Dopotutto si tratta di se stesso! Ovviamente tutti i “verificatori” fuorusciti dal primo creatore, sono diversi, e ciascuno da ogni altro, maturando ognuno le proprie preferenze, predilezioni, appetiti. E questo porterà alla diversificazioni delle opzioni, degli effetti e delle conseguenze. Ma quella “sensazione infantile”, dell’essere come baby, quel modo meravigliato, estasiato, incantato, di rivolgersi alle realtà , e toni e melodie, rimane sempre la percezione primaria dell’ideatore, e la più regale e preziosa. Essere baby non significa però non crescere, non diventare “adulti” nel cosmo. E se il grigiore dovesse subentrare, allora vorrà dire che è il momento di passare ad altro. Soprattutto, essere baby per come lo si intende, non significa non essere “responsabili”, e, ancora di più, non essere se stessi, nel senso di “compiuti”, “integri” coerenti con la propria reale natura, intrinsecamente connessa con qualsiasi cosa fosse diventato l’effetto di quella sperimentazione alla quale si alludeva prima. E se la paura dovesse impedirlo, anche in questo caso, è tempo di scegliere altro. E se una qualsiasi altra emozione, o finzione, dovesse essere d’ostacolo, allora è tempo di andare oltre, e ispezionare altre parti di se stesso. Perché, essere uno con la creazione, non estromette l’identificazione con l’una o l’altra realtà, e, quindi, la celebrazione di ogni minuscolo frammento, tributando a ciascuno l’onore del quale è senz’altro degno. Namasté! - Marius L.
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