Creato da RoHarLu il 01/01/2012
L'Infinito Gioco di Ciò che Sempre È [Vita].
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Il percorso in questa densità è arduo, pertanto scegliere bene i propri compagni di viaggio è cosa sicuramente molto opportuna.
Non siamo venuti soli, in verità. Siamo stati seguiti da miriadi di esseri, molti dei quali sono poi rimasti su altri livelli, pronti però a spronarci, consigliarci, rincuorarci e confortarci.
Ma anche su questo piano siamo circondati da esseri che sanno comprenderci, e assisterci all’occorrenza.
Tutti i maestri e guide che abbiamo avuto nel corso della vita ad esempio, possono essere considerati tutti, e lo sono ad ogni titolo in verità, “compagni di strada”.
Noi li abbiamo chiamati “Maestri”, li abbiamo onorati per questo, ed è stato giusto e corretto farlo, perché i loro sforzi, il loro eroismo, la loro integrità, sono diventati ormai patrimonio comune dell’umanità, meritando, per tale motivo, un’immensa ovazione.
Ma loro, per quanto piccoli o grandi siano considerati, e questa distinzione riguarda solo noi, non certo loro - ci hanno sempre guardati con occhi amorevoli, equanimi, a tratti compassionevoli. E mai probabilmente ha sfiorato la loro mente il pensiero di essere qualcosa in più dei loro allievi.
Qualsiasi differenziazione, qualsiasi classificazione, e separazione, è sempre stata nella mente di chi si considerava studente o discepolo – e non è una dramma, visto che tutti abbiamo sempre bisogno di apprendere qualcosa. Per tale motivo, quando nella gran parte si scatena poi il desiderio di andare oltre [il maestro], nasce il desiderio di “distruggerlo” nella propria mente, come nella massima: “Se incontri il Buddha per strada, uccidilo!” [seppure quest’ultima possa essere scandagliata da innumerevoli altre angolature].
In verità, se avessimo appreso fin da subito l’insegnamento, o l’esempio, del maestro, mai avremmo dovuto sperimentare questa esigenza. Perché fin da subito avremmo dovuto comprendere di essere anche noi – e, invero, mai siamo stati altro – un Buddha. Ed è solo questione di tempo perché la consapevolezza si impossessi totalmente del nostro spirito.
Fare il viaggio insieme a tutti quei “maestri”, ritrovarceli lungo il tragitto, e condividere la vita e tutto ciò che la concerne, è in realtà una grande benedizione. E rende il viaggio più agevole e consolante.
Il termine compagni è al riguardo molto appropriato, visto che è veramente uno “spartire” lo stesso “pane”, inteso nel senso più ampio del termine, nutrimento per la mente, per l’anima, per il corpo, per l’emozione.
Ma proprio per questo, perché un viaggio lungo e tortuoso necessita di una grande ed estesa compartecipazione, e potrà capitare che una volta uno deve portare o trascinare l’altro, mentre in un’altra l’altro deve ricambiare il favore, e così costantemente - che, se si vorrà procedere senza indugi, non si potrà marciare con chiunque. Perché aiutare potrà essere utile e onesto, ferire non lo è ovviamente mai, ma portare un peso morto per tutta la strada, senza che sia un fatto temporaneo, non ha assolutamente senso – oltre ad essere contrario al principio della libera sovranità di ognuno - a meno che non abbiamo deciso di rimanere lungo la via per vite, vite, e vite.
E questo non è certo l’intento di questa esistenza, tesa solo a risolvere per sempre l’illusione, e liberarsi da sensi di colpa inculcati da chi convenientemente vuole mantenerci per sempre in schiavitù, al fine di garantirsi servitori remissivi e sottomessi.
Quindi, nella naturale e incessante ricerca dei nostri compagni di vita e cammino, possiamo anche evitare di sentirci a disagio, o abbandonati, se per qualche tratto del nostro itinerario, o per un impercettibile lampo della nostra esistenza, la sorte ci dovesse imporre una qualche forma di solitudine.
Perché non siamo mai soli innanzitutto, come si è già detto. E mai lo saremo.
E perché è la qualità, non la quantità, che ha veramente valore. E che, alla fine, determinerà il risultato. Namasté.
Un Saluto di Cuore, nel gioco Infinito di ciò che sempre È [Vita].
Marius L.
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