Marius Lion

Una sola regola: Non ferire mai!

Siamo tutti diversi, così trovare dei comportamenti, o atteggiamenti, o proponimenti uniformi, è, più che complicato, praticamente impossibile.

Eppure, se il divino dovesse possedere qualche attributo [guna], qualche caratteristica, una delle prime sarebbe la “gentilezza”.

Un maestro è “gentile” – lo si è detto in verità tante volte, ma come si sa, non è mai bastevole la ripetizione di fondamenta “semplici” – come conseguenza della sua saggezza di base, della sua consapevolezza, del suo conoscere in qualche modo o senso, chi/cosa egli è.

Questa consapevolezza, che è immediatamente estensibile alla natura essenziale di tutti gli esseri che abitano e sperimentano [oltre ad averli anche co-creati] tutti i multi versi esistenti,  ha un’altra legittima conseguenza, quella di non poter ferire in alcun modo alcun essere senziente della manifestazione, per quanto illusoria quest’ultima, e quegli esseri, possano apparire ai suoi occhi e sensi.

Non fare del male ad alcuno è cosa assai complessa, vista l’ovvia e multiforme implicazione di ogni movimento già appena accennato da ognuno.

Ci sono così tanti esseri coinvolti, e così tante aspettative, e così tanti desideri ed emozioni, e atteggiamenti mentali, e altro altro ancora, in vario modo connessi, che sarebbe veramente più che un miracolo accontentare tutti, qualsiasi sia l’azione di partenza.

 Così, è indispensabile operare dei distinguo.

Tutti nella dualità abbiamo una serie smisurata di esigenze. Nella “crescita” ne perderemo una grande quantità. Tuttavia, ne rimarranno sempre tante, che non potranno non cozzare con le aspettative di tanti esseri appartenenti al nostro multi-verso di riferimento.

A volte addirittura, ci sono degli accordi tesi proprio a provocare la “delusione” di quelle aspettative. E anche questo gioca uno strano e singolare ruolo nell’intero sistema costruito attorno a noi.

Così in realtà, non la finiremo mai. Perché ci sarà sempre un qualcosa che cozzerà con chi ci sta accanto, o anche apparentemente distante, e che lo “ferirà” in qualche modo  [nei suoi sentimenti, nelle sue emozioni, nelle sue fisime mentali, nei suoi schemi di base, nei suoi principi, e così ancora, ancora, ancora].  

Eppure, siamo qui come prima cosa per essere felici, oltre che per sperimentare i nostri mondi e le nostre creazioni [E le due cose non necessariamente si trovano a coincidere].

La responsabilità [l’assunzione di] è naturalmente basilare in tutto questo processo. Perché non possiamo essere creatori senza rivendicare la paternità di quelle creazioni, e accollarcene le pertinenti implicazioni.

Quindi, da una parte lamentiamo una miriade di carenze che sembrano necessitare di una qualche compensazione, dall’altra molti esseri hanno un così spropositato flusso di aspettative su di noi e le nostre azioni, che sarebbe impossibile non tradirne alcuna, dall’altra ancora, è per noi conveniente obbligo adoperarci con tutte le nostre forze al fine di sottrarsi dal ferire alcuno.

Potremmo ancora continuare. Ma già basta questo per cogliere l’astrusità di un simile stato di cose. Che è la tipica posizione di ogni essere che sperimenta la dualità.

Ovviamente nessuno può proporre sicure soluzioni. Se non il fatto di essere “gentili” sempre. Ma anche con se stessi. E di non ferire mai, ma neanche se stessi.

Cosa che significherebbe anche di evitare di assecondare le ossessioni di chiunque, o l’ego distorto di chicchessia.

Forse, ma solo forse - ma, del resto, chi può dirlo? - una delle poche cose che possono essere fatte, è quella di mettere sullo stesso piano, in ogni situazione, e a qualsiasi livello [vibrazione, dimensione, tempo, spazio..] ci si trovi, tutti gli esseri coinvolti. Da noi a tutti gli altri, nessuno escluso.

E, ovviamente, tutti in una condizione di parità.  Namasté.

Un Saluto di Cuore, nel gioco Infinito di ciò che sempre È [Vita].

Marius L.