Creato da robertocass il 22/03/2011
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Messaggi di Aprile 2016

 

Il Marittimo

Post n°69 pubblicato il 26 Aprile 2016 da robertocass
 
Foto di robertocass

3° Puntata

 

 

 

Avevo il diploma di Aspirante al Comando di Navi Mercantili, preso con un misero 40 ma andava bene così.

Il gioro dopo vado all'unica compagnia di navigazione che conoscevo, la Fratelli D'Amico.

Gli uffici sono al centro di Roma, mi presento e con mia sorpresa vengo subito accolto con molta simpatia, mi rispondono che non vi sono problemi, devo solo fare il libretto di navigazìone e che poi mi fanno partire.

Vado subito alla Capitaneria di Porto e da allora sono parte integrante della Gente di Mare.

Passanno forse 15 giorni e arriva la chiamata.

E' sempre stato così, ho sempre seguito gli eventi che anzi mi hanno sempre anticipato, ho sempre fatto le scelte che mi venivano proposte senza mai pensarci più di tanto, senza mai pensare che forse era meglio non farlo.

E devo dire che per fortuna il bilancio è positivo.

E così accettai subito, solo il tempo di preparare la valigia, andare a Genova ed imbarcarmi come Allievo Ufficiale di Coperta sulla Lorenzo D'Amico.

Sono emozionato, non ho molti giorni per prepararmi e non vedo l'ora di partire.

Arrivo a Genova in treno, vado al porto, finalmente sono arrivato, davanti a me la nave, grande e bella.

Veramente non è né grande né bella, è una vecchia carretta con diversi anni sulle spallle.

Una carretta allora era una nave che non aveva noli prefissati e girava di porto in porto finchè non aveva il carico per partire con una rotta che nel nostro caso partiva da Genova verso gli Stati Uniti e il Canada'.

Buongiorno sono il nuovo allievo.

Sì prego il Primo ti aspetta.

Sulle navi mercantili oltre al Comandante c'é appunto il Primo Ufficiale, il responsabile di tutto quello che concerne il carico e l'allievo deve collaborare con lui e fare apprendistato.

Dopo di lui la struttura prevede il Secondo che cura l'amministrazione e la contabilità e il Terzo che segue il personale e fra l'altro cura l'aspetto sanitario.

E questo è un aspetto che sulle navi mette sempre l'angoscia.

La malattia è una delle paure più comuni per chi vive in mare, ammalarsi vuol dire comunicare con il medico solo via radio e le complicanze possono diven- tare gravi.

Ho conosciuto un terzo che aveva eseguito un operazione di appendicite solo seguendo le istruzioni via radio, senza avere nessuna nozione e solo ascoltando il medico che gli diceva cosa fare.

In qualche modo aveva salvato la vita al malcapitato, giusto il tempo neces- sario di avvicianrsi alla costa e dare la possibilità ad un elicottero di prenderlo a bordo e portarlo in ospedale.

Per questa paura incoscia ogni volta che si rimane in porto per qualche giorno tutti marcano visita e tutti vanno a farsi segnare qualche medicina.

Questo ieri, quando io ho cominciato la nave restava in porto diversi giorni, si doveva scaricare quasi tutto a mano e si doveva aspettare che arrivassero le nuovi merci da trasportare.

Oggi con le portacointainer tutto avviene in poche ore e addirittura con le petroliere al largo senza entrare mai in porto.

Il personale durante la sosta in porto non scende quasi mai, e nel caso solo per le emergenze.

Il Primo era un ex ufficiale della Marina Militare famoso per la sua intransigen- za e per l'abitudine di comportarsi come se fosse ancora su una nave da guerra, con una mania per la disciplina che talvolta era fuori luogo.

Ma io ero il suo allievo, dovevo seguirlo ed imparare, anche perchè dopo 18 mesi avrei dovuto dare l'esame per passare Terzo e le prove non erano affatto facili.

Ma Mondini, questo era il suo nome, si rivelò un ottimo insegnante, burbero e taciturno ma un vero uomo di mare.

Il nostro turno di lavoro era dalle 4 alle 8 e dalle 16 alle 20.

Ogni ufficiale ha un turno diverso sempre diviso nelle quattro ore, tanto che è facile non incontrarsi per giorni.

Fuori dal turno o ti riposi o svolgi del lavoro d'ufficio.

Ci si alza di notte e si fa normalmente il punto nave con il sestante utilizzando le stelle.

Veramente la nave utilizza il massimo della tecnologia ed il punto nave è istan- taneo, si utilizzano sistemi come prima il Loran ed oggi il GPS che ti permet- tono di sapere sempre esattamente dove sei.

Ma è uso affiancare questi sistemi a quelli tradizionali sia per un controllo sia per l'eventualità di un'emergenza che causi il black out elettronico.

Per lo stesso motivo due marinai sono fuori a dritta e a sinistra in modo da affiancare il radar.

Il motivo è sempre lo stesso, un guasto in mare aperto è sempre possibile e il rischio di affidarsi solo alla tecnologia è troppo grande.

Ogni giorno si vede il sorgere del sole.

In mare è uno spettacolo stupendo e si utilizza sempre per controllare il punto nave.

I calcoli sono tutti a base di logaritmi, si usano le tavole ma non ho mai potuto utilizzare una calcolatrice.

Sempre per lo stesso motivo i calcoli si fanno a mano in modo da non perdere mai l'esercizio.

La vita in mare è molto solitaria, in navigazione ognuno svolge il suo lavoro in modo indipendente.

Il personale non addetto ai turni si dedica alla lotta contro la ruggine, altro grande nemico, e per evitarla si picchetta e si vernicia continuamente.

La nave viene utilizzata per carico e scarico e l'usura è normale, fra l'altro la Lorenzo D'Amico non era appena uscita dai cantieri e la manuntenzione era fondamentale e veniva fatta sempre.

Il Primo non voleva che avessi confidenza con il personale, tantomeno che uscissi a terra con loro.

Questo non lo capivo, mi sembrava e non sempre gli davo retta.

Mi ricordo del garzone di camera, un napoletano che puliva le camere degli ufficiali e ci faceva da cameriere.

Era gay, oggi sarebbe normale ma allora molto meno, si era imbarcato deluso da una storia con un uomo molto più grande di lui.                                                                           Ogni volta che lo incontravo a colazione, a pranzo o a cena mi raccontava la storia, tanto che alla fine cercavo di evitarlo.

In navigazione si ha tempo libero ma in porto tutto diventa frenetico, bisogna controllare che tutto avvenga senza danni al carico.

Arrivavano gli scaricatori ed erano sempre tanti, si scaricava spesso a mano e si creava una gran confusione.

Nelle stive il Primo mandava sempre a me e la cosa all'inizio non mi piaceva.

Non era certo gente tranquilla, mi chiamavano signò ma erano furbi e si rubavano tutto, aprivano i cartoni dicendo che si erano rotti e scompariva tutto.

Certo il carico era assicurato, ma io non ci stavo e urlavo sempre, almeno all'inizio, poi ho capito la manfrina e spesso chiudevo un occhio.

Il personale era sempre tutto italiano con molti baresi e napoletani e non c'erano mai problemi.

Negli ultimi imbarchi che ho fatto sono ormai tutti stranieri, si parla solo in inglese, che fra l'altro capiscono molto male, e la sera si gira armati, perchè spesso bevono e diventavano pericolosi.

Ma allora non lo sapevo, ero giovane e pieno di voglia di fare.

 
 
 

Il Marittimo

Post n°68 pubblicato il 06 Aprile 2016 da robertocass
 
Foto di robertocass

2° Puntata



 

Ci siamo trovati con un mondo che stava cambiando profondamente, tutto veniva messo in discussione, tutto sembrava sbagliato.

Sembrava di essere solo noi ad avere le idee chiare e a sapere dove e come dovevamo andare.

Il problema è che non era assolutamente vero.

Le nostre manifestazioni erano sempre apolitiche o almeno così volevamo che fossero, il problema era che dopo s'infilitravano gruppi di ragazzi più grandi mandati dai partiti, gente esperta che si metteva subito ad organizzare e riuscivano con poco a portarci dove volevano, con il risultato che noi li seguivamo senza rendercene conto e la manifestazione prendeva una piega completamente diversa.

Quella mattina scioperavamo per un motivo che non ricordo, cominciammo a camminare verso l'Istituto Cinematografico, quando viene una macchina con quattro attivisti del MSI che iniziano ad urlare slogan contro tutto e tutti, cercando di provocare i ragazzi del Cinematografico che si erano asserragliati davanti all'ingresso.

Forse sarebbe finita così, ma sarebbe stato troppo facile, ad un certo punto intervengono le volanti a sirena spiegata.

Gli agenti scendono in tenuta antisommossa, armati e con la faccia cattiva, cominciano a menare tutti con i manganelli, corrono con i mitra in pugno.

Noi abbiamo paura e cominciamo a correre da tutte le parti.

La confusione è enorme, vedere questi agenti molto giovani con il mitra in mano e gli occhi terrorizzati è una scena da film dell'orrore.

Alla fine mi trovo con un mitra puntato sul viso e mi fermo, vengo caricato su una macchina e mi accorgo che hanno preso altri miei due compagni di classe e un attivista del MSI, uno basso tracognotto con la barba di almeno dieci anni più vecchio di noi.

Ci portano in carcere a Regina Coeli sempre senza parlare e senza dare nessuna spiegazione.

Mi ritrovo solo in una stanza, ma mi sembrava di non essere lì, vedevo tutto offuscato come in un sogno, non mi rendevo conto di dove ero, non c'era panico, solo che pensavo tanto è un brutto sogno, ora mi sveglio.

Passano alcune ore, non riesco nemmeno oggi a quantificarle, all'improvviso si apre una porta ed entrano due poliziotti.

Mi dicono di spogliarmi, sudo freddo, non riesco a parlare, li guardo con terrore, non riesco a pensare,

Cominciano a prendermi a calci, forte con gli scarponi, urlano frasi ed imprecano.

Non riesco a capirli, poi sento: prendi sporco comunista.

Riesco a pensare e a dire urlando: fermi non sono comunista, mi hanno preso davanti alla scuola, c'è un errore io sono del MSI, sono fascista.

Si fermano, mi guardano per qualche secondo poi senza guardarmi mi dicono: rivestiti e aspetta qui.

Rimango solo di nuovo, la schiena mi fa male ma non sento il dolore, sono completamente fuori, non riesco a pensare.

Vengono a prendermi, mi portano in una cella piccola con una finestra in alto da cui si vede il cielo. Rimango solo, non si sentono rumori, mi sdraio sul letto e mi addormento di colpo.

Sono rimasto in isolamento per tre giorni, un trattamento assurdo per un ragazzo preso durante un corteo studentesco.

Non ho mai saputo esattamente i motivi, certo ci scambiarono per terroristi, per brigatisti, un intervento del genere ad armi in pugno non dà altre spiegazioni.

Il risultato del clima di paura e di terrore che respirava in quegli anni.

Tre giorni di isolamento sul letto a guardare il cielo, a pregare, a prendere coscienza di quello che era accaduto.

Ma qualcuno ha deciso che potevo stare in mezzo agli altri e così mi portano in una cella grande e luminosa che poi ho saputo fosse quella che veniva utilizzata per i travestiti che venivano arrestati durante la notte.

Passano altri giorni sempre vissuti in terza persona, si arriva al processo e veniamo a sapere che saremo assistiti gratuitamente da un avvocato del MSI.

Il processo, mi sembrava di vedere un film con gli avvocati e il pubblico ministero.

Avevo appena compiuto 18 anni, ma ai miei tempi eravamo poco più che bambini, eravamo veramente ragazzi che cominciavano ad affacciarsi su un mondo che stava cambiando rapidamente.

Noi non eravamo pronti ed abbiamo dovuto imparare tutto e subito, eravamo entrati senza saperlo e senza volerlo, senza avere il tempo di rendersene veramente conto.

La contestazione, la lotta politica, tutto diventava normale e viverci sembrava scontato.

La droga, le morti per overdose, gli spinelli, si doveva crescere subito o almeno far finta di esserlo

Oggi è diverso solo perchè i ragazzi sono già abituati e sanno benissimo il mondo che li aspetta fuori dalla porta di casa, noi no, noi siamo entrati di corsa e non eravamo pronti.

Il processo finì con una pena di sei mesi con la condizionale e senza trascrizione, forse avevano capito la cantonata che avevano preso e non trova- rono niente di meglio che condannarci per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale.

Io avrei voluto oppormi e parlare delle botte che avevo preso e dei lividi che portavo sulla schiena, ma mi venne impedito e ci ritrovammo fuori con tutti che si rallegravano.

Rallegrarsi di cosa?

Avevo subito una paurosa ingiustizia e dovevo essere pure contento?

Essere scambiato per un attivista del MSI e per un picchiatore, essere giudicato per quello che non ero e non ero mai stato.

Ma poi non ci pensai più, l'uomo è uno strano animale che riesce sempre a dimenticare tutto e per uno strano meccanismo dimentica subito le cose brutte e ricorda solo quelle piacevoli.

E così si dice ai miei tempi, come era bello ai miei tempi, senza ricordare che lui ai suoi tempi stava male e non era affato felice.

Ma il tempo migliora tutto e tutto diventa passabile, si riescono a dimenticare fatti anche molto più brutti e cose mostruose, si riesce a vivere con i ricordi e le disgrazie più assurde.

E questo grazie al nostro cervello che ci aiuta a vivere e a convivere con tutto quello che siamo ed abbiamo passato, lentamente lascia che tutto si allontani e prenda un aspetto diverso.

E così lentamente ce ne facciamo una ragione e anche i nostri errori diventano più leggeri e ci perdoniamo tutto.

E così anche per me, tutto quello che mi era successo era diventato un ricordo vago e confuso.

E così passarono anche gli ultimi anni e mi ritrovai all'esame di maturita'.

Lo ricordo con una certa angoscia e talvolta l'ho pure sognato.

Non era un semplice esame era il nostro diventare grandi, il nostro ingresso nel mondo del lavoro, le scelte che dovevamo fare e che sarebbero state definitive per il nostro futuro.

Allora era così, non c'erano problemi a trovare lavoro e veramente potevi scegliere quello che volevi fare.

Oggi non è proprio così, ma questa è un'altra storia.

 
 
 
 
 

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