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Messaggi del 02/08/2018

 

Acqua su Marte

Post n°148 pubblicato il 02 Agosto 2018 da robertocass
 
Foto di robertocass

 

 

 

 

Una scoperta italiana sta facendo discutere tutta la comunità scientifica mondiale, grazie al radar italiano Marsis (Mars Advanced Radar for Subsurface and Ionosphere Sounding) della sonda orbitale europea Mars Express, è stato scoperta una presenza di acqua liquida sotto il suolo marziano.

Si trova ad una profondità di un chilometro, ha un diametro di 20 chilometri (un po' meno del lago di lago di Bracciano) e uno spessore,si presume, di almeno qualche metro, anche se il dato potrebbe dilatarsi di parecchio.

Acqua liquida ed evidentemente salata perché altrimenti il radar avrebbe individuato un gigantesco iceberg dato che scendendo verso il cuore di un pianeta morto e senza attività vulcaniche, il termometro scende a meno 150 gradi.

L'eccezionale scoperta è merito delle intuizioni dello scienziato italiano Giovanni Picardi, della Sapienza di Roma, scomparso tre anni fa.

Suggestioni e ipotesi vengono spazzate via dalla completezza dei dati raccolti e analizzati dal 2015 a oggi dagli scienziati italiani che hanno fatto fare un salto ai colleghi di tutto il mondo.

Non si tratta più di presunte vene d’acqua superficiali ghiacciate o di permafrost, lo strato più esposto del terreno intriso di acqua ugualmente ghiacciata.

Ambienti ostili per gran parte delle forme di vita.

No, questa volta è stata individuata acqua allo stato liquido, salata (con i sali che fanno appunto da antigelo) e in un ambiente riparato dalle micidiali radiazioni che da tre miliardi di anni inceneriscono la crosta marziana fino a una profondità di almeno 80 centimetri.

A confermarlo in maniera inconfutabile sono gli echi delle onde lanciate dal radar Marsis che equipaggia la sonda Mars Express decollata da Bajkonur nel 2003, in volo orbitale a 250 chilometri di altezza dal pianeta.

E’ lo strumento, ricorda Enrico Flamini, capo degli scienziati dell'Asi, ideato da Picardi e realizzato da Asi e Thales Alenia Space-Italia con l’aiuto della Nasa che già nella missione Apollo aveva testato tecnologie di questo tipo.

Marsis dispone di due esili antenne di kevlar lunghe 20 metri e, grazie alle sue frequenze, è in grado di investigare fino a 5 chilometri di profondità su Marte.

Le onde poi rimbalzano e grazie a questi echi gli scienziati capiscono che cosa hanno attraversato.

Nessun dubbio: i risultati marziani nella regione di Planum Australe sono paragonabili in tutto e per tutto a quelli ottenuti con gli stessi sistemi scandagliando il sottosuolo dell’Antartide terrestre sempre alla ricerca di acqua.

Del resto Marte, e qui si fonda gran parte del fascino per il Pianeta Rosso, rappresenta il futuro della Terra lontano nel tempo forse miliardi di anni, ma già adesso utile da studiare se si vogliono comprendere le ragioni della vita e della morte di un pianeta.

La presenza di acqua allo stato liquido (e non così irraggiungibile per le tecnologie che verranno usate in una futura colonizzazione) rilancia allora la possibilità della presenza anche attuale di vita sul Pianeta Rosso e permette di pianificare con maggiori certezze le future missioni.

Nell’articolo pubblicato da Science si sottolinea inoltre che il lago marziano potrebbe essere solo il primo di altri bacini sotterranei: servirà altro tempo, infatti, per studiare la formidabile massa di dati fornita in questi 12 anni dal radar Marsis che sono stati inoltre incrociati con quelli di un altro radar italiano, lo Sharad, installato sulla sonda Mro della Nasa.

Dati che saranno esaminati anche dalla Nasa che due mesi fa ha annunciato la scoperta di molecole organiche da parte del rover Curiosity nel cratere Gale.

E poi quest’acqua liquida e salata individuata sotto il Polo Sud marziano collega le prime visioni dell’astronomo italiano Giovanni Schiaparelli che nel 1877 affermò che i canali di Marte indicavano che in un passato non sappiamo quanto lontano vi erano fium i e laghi.

Nel 2020 il trapano della Leonardo del rover Exomars potrà per la prima volta perforare il terreno marziano fino alla profondità di due metri rispetto ai pochi centimetri dei robot attuali, raggiungendo così strati riparati dalla radiazioni che oltre all’acqua potrebbero ospitare forme di vita o tracce della loro esistenza.

Le intuizioni di Schiapparelli sono state poi confermate nel 1976 dalla sonda Viking e dalle altre missioni che si sono susseguite ed il dato che la superficie di Marte fosse un tempo coperta da mari, laghi e fiumi è oggi una certezza scientifica.

«Il grande dilemma era quindi quello di dove fosse finita tutta quell’acqua, racconta Roberto Orosei dell’Inaf, primo autore dell’articolo. 

Buona parte di questa è stata portata via dal vento solare, che spazzò quella che mano a mano si vaporizzava dalla superficie degli specchi d’acqua.

Un’altra significativa porzione è depositata sotto forma di ghiaccio nelle calotte, soprattutto quella nord, e negli strati prossimi alla superficie o è legata al terreno nel permafrost.

Ma una parte doveva essere rimasta intrappolata nelle profondità e potrebbe ancora trovarsi allo stato liquido».

Questo era ciò che si ipotizzava a metà degli anni ’90, quando la missione Mars Express fu annunciata dall’Agenzia Spaziale Europea e l’Asi propose di adottare un radar a bassa frequenza per investigare il sottosuolo a grande profondità.

Strategia che si è rivelata vincente.

«Questi risultati indicano che ci troviamo probabilmente in presenza di un lago subglaciale, dice Elena Pettinelli, responsabile del Laboratorio di Fisica Applicata alla Terra ed i Pianeti dell’Università Roma Tre e co-investigatore di Marsis, simile ai laghi presenti al di sotto dei ghiacci antartici, relativamente esteso e con una profondità certamente superiore alla possibilità di penetrazione delle frequenze usate da Marsis.

In alternativa potrebbe trattarsi di un acquifero profondo nel quale l’acqua liquida riempie i pori e le fratture della roccia.

Non siamo attualmente in grado di stimare con precisione la profondità del lago, ovvero dove si trova il fondo del lago o la base dell'acquifero, ma possiamo senza dubbio affermare che sia come minimo dell’ordine di qualche metro».

Roberto Battiston, presidente dell'Asi:

«Questa scoperta è una delle più importanti degli ultimi anni. 

Sono decenni che il sistema spaziale italiano è impegnato nelle ricerche su Marte insieme a Esa e Nasa. 

I risultati di Marsis confermano l’eccellenza dei nostri scienziati e della nostra tecnologia, e sono un ulteriore riprova dell’importanza della missione Esa a leadership italiana ExoMars, che nel 2020 arriverà sul Pianeta Rosso alla ricerca di tracce di vita».

 

 
 
 
 
 

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