Creato da robertocass il 22/03/2011
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Euclid

Post n°210 pubblicato il 06 Luglio 2023 da robertocass
 
Tag: euclid
Foto di robertocass

 

 

 

 

Qualche giorno fa un razzo Falcon 9 della compagnia spaziale privata SpaceX di Elon Musk ha trasportato oltre l’atmosfera terrestre Euclid, il nuovo telescopio spaziale dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA).

L'obiettivo è studiare due delle caratteristiche più sfuggenti dell’Universo: la materia oscura e l’energia oscura.

Il lancio è avvenuto da Cape Canaveral in Florida e il telescopio impiegherà circa un mese per raggiungere il proprio punto di osservazione a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra.

Siamo fatti di materia e circondati dalla materia e di conseguenza ne abbiamo un’esperienza diretta in ogni istante della nostra esistenza, tanto da non farci nemmeno caso.

La materia è tantissima, ma in termini cosmologici e cioè per lo studio dell’Universo nel suo complesso, è poca roba: si stima che costituisca meno del 5 per cento dell’Universo conosciuto.

Tutto il resto, secondo le teorie più condivise, è formato per il 25 per cento circa di materia oscura e per il 70 per cento di energia oscura.

Entrambe sono completamente invisibili sia ai nostri occhi sia agli strumenti e non sappiamo nemmeno di preciso che cosa siano né come funzionino.

Al tempo stesso, siamo ormai abbastanza certi che esistano, perché in loro assenza non si potrebbero spiegare alcuni dei fenomeni che invece riusciamo a osservare e che conosciamo ormai piuttosto bene.

Quando nel Novecento si iniziarono a calcolare le caratteristiche dell’Universo, e ad applicare modelli teorici per spiegarne le peculiarità, divenne evidente che la quantità di materia che ci è visibile non era sufficiente per spiegare il modo in cui l’Universo si è strutturato e sta insieme.

Un esempio che viene spesso utilizzato per dare l’idea del problema parte dalle galassie, i grandi sistemi che comprendono stelle, pianeti e materiale interstellare soprattutto sotto forma di gas e polveri.

La quantità di materia osservabile di una galassia è però relativamente poca: sulla base delle conoscenze di cui disponiamo, non è sufficiente per far sì che le stelle che ne fanno parte restino insieme senza sparpagliarsi per l’Universo (c’è una stretta relazione tra massa e gravità).

Uno dei modi per trovare una spiegazione è ipotizzare che ci sia qualcos’altro dentro e intorno alle galassie che ne favorisce la coesione.

Qualcosa che non emette o riflette luce e che non si fa rilevare, ma che comunque esiste e aggiunge ulteriore massa, appunto la materia oscura.

La sua esistenza aiuterebbe a spiegare molte cose, ma non tutto sul funzionamento dell’Universo.

Circa un secolo fa l’astrofisico statunitense Edwin Hubble scoprì che l’Universo si sta espandendo mentre studiava il modo in cui appaiono le galassie più distanti da noi.

Quasi 70 anni dopo, si sarebbe scoperto che l’Universo è in una fase di espansione accelerata, cioè che la velocità a cui si sta espandendo aumenta nel tempo.

Era una scoperta rivoluzionaria e inattesa, perché contraddiceva alcune parti del modello teorizzato fino ad allora per descrivere l’Universo, secondo il quale la gravità avrebbe via via portato l’espansione a rallentare.

Da quella scoperta è passato circa un quarto di secolo e ancora non sappiamo che cosa determini l’accelerazione, ma ci sono comunque diverse teorie.

Una delle più condivise ipotizza che ci sia un particolare tipo di energia, l’energia oscura, che contrasta in qualche modo la gravità e che fa sì che l’Universo acceleri nella propria espansione.

È una forma di energia ipotetica che sarebbe distribuita omogeneamente nello spazio e che come nel caso della materia oscura non riusciamo a rilevare direttamente.

Studiare qualcosa che non è osservabile è molto difficile, ma nel corso del tempo chi si occupa di astrofisica ha trovato qualche soluzione.

Una di queste è raccogliere dati estremamente precisi su quello che invece riusciamo a osservare e confrontarlo con ciò che dovrebbe succedere secondo i modelli teorici, in modo da capire che cosa manca nella realtà per completare il quadro.

Il telescopio spaziale Euclid ha proprio questo compito: effettuare misurazioni molto precise di una enorme porzione di cielo per trovare indizi su ciò che nemmeno i suoi strumenti possono vedere.

Il telescopio vero e proprio è un cilindro alto circa 4 metri con un diametro di 1,2 metri ed è collegato ad una base rettangolare che contiene al proprio interno sistemi per gestire e trasmettere verso la Terra i dati raccolti, per la propulsione e per la distribuzione dell’energia elettrica.

Telescopio e base messi insieme fanno raggiungere a Euclid un’altezza di 4,7 metri e una larghezza di 3,7 metri.

La massa complessiva è di 2 tonnellate, più o meno quanto un SUV di grandi dimensioni.

A un lato del modulo di servizio è assicurato un grande pannello che serve a proteggere il telescopio spaziale dalla radiazione solare e a raccogliere l’energia elettrica, attraverso pannelli fotovoltaici, per alimentare i sistemi di Euclid.

Lo schermo ha la funzione di evitare che si scaldino troppo i due principali strumenti del telescopio, che devono funzionare rispettivamente a -120 e  -180 °C.

Superata l’atmosfera terrestre, Euclid ha iniziato un lungo viaggio che gli permetterà di raggiungere il punto di Lagrange detto L2 a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra, in direzione opposta rispetto al Sole.

È un punto di osservazione particolare che in sostanza permette di seguire la Terra a grande distanza, in modo da compiere osservazioni nello Spazio profondo.

L2 è utilizzato spesso per questo tipo di missioni e da più di un anno ospita anche il James Webb Space Telescope, il telescopio spaziale più potente e che compie attività di osservazione in buona parte diverse da quelle che farà Euclid.

Il viaggio di Euclid verso L2 durerà circa un mese.

Una volta arrivato a destinazione il telescopio attiverà i propri strumenti e seguiranno un paio di mesi di test e di calibrazioni.

Terminata questa fase di avvio, a ottobre il telescopio sarà pronto per iniziare a osservare e rilevare dati su galassie lontane miliardi di chilometri.

Il suo obiettivo sarà mappare circa un terzo del cielo, creando una mappa tridimensionale molto precisa, che potrà essere impiegata per calcolare l’espansione dell’Universo.

Il telescopio spaziale sfrutterà anche un effetto particolare chiamato lente gravitazionale, che si verifica quando la luce emessa da una galassia arriva distorta a chi la sta osservando a grandissima distanza, a causa delle concentrazioni di materia che trova lungo il proprio percorso.

Questa materia che devia la luce è costituita da altre galassie, che possono quindi essere osservate, e per una parte consistente dalla materia oscura, che non può essere invece rilevata.

Grazie a misurazioni molto accurate si può ricostruire quanta materia sia necessaria per determinare una lente gravitazionale, indagare quanta materia “normale” sia stata coinvolta e dedurre quanta materia oscura abbia contribuito al fenomeno.

In questo modo si può scoprire la presenza della materia oscura e soprattutto scoprire come è distribuita nella porzione di Universo osservato.

I dati raccolti da Euclid saranno messi poi a disposizione della comunità scientifica.

Immagini, dati sulla luminosità delle galassie e molto altro potranno essere utilizzati per nuove ricerche e per pianificare future nuove missioni spaziali, alla ricerca delle tante cose che non riusciamo ancora a vedere e a capire.

Lo studio affascinante di immagini che ci arrivano da un passato lontanissimo.

 

da Internet

 
 
 

Encelado

Post n°209 pubblicato il 10 Maggio 2023 da robertocass
 
Foto di robertocass

 

 

 

 

Encelado, la luna di Saturno è considerato dagli scienziati uno dei luoghi migliori in assoluto del Sistema Solare dove cercare vita aliena.

Sotto il suo spesso strato di ghiaccio si nasconde un vero e proprio oceano di acqua salata profondo 10 chilometri, dove la vita potrebbe essersi evoluta in modo non dissimile da quella presente nelle profondità oceaniche terrestri, attorno alle bocche idrotermali.

Secondo un nuovo studio sarebbe possibile rilevare con sicurezza eventuali organismi alieni senza la necessità di atterrare sulla sua superficie o di trivellare il guscio di ghiaccio che riveste la luna, il cui spessore minimo è di ben 5 chilometri.

Dal cuore del pianeta, infatti, emergono enormi pennacchi tipo geyser che espellono acqua e altro materiale nello spazio e proprio dall'analisi di questi getti si potrebbe avere la conferma della vita.

A determinare che la vita aliena su Encelado possa essere rilevata senza necessità di atterrare è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'Università dell'Arizona.

Gli scienziati sono giunti alle loro conclusioni simulando le capacità di un veicolo in grado di analizzare i composti chimici presenti nei geyser emessi dall'attività vulcanica del pianeta.

Fino a quando la sonda Cassini fra il 2004 e il 2017 non ha esplorato Saturno e le sue lune si riteneva che Encelado fosse composto solo di ghiaccio.

Durante i suoi sorvoli però la sonda intercettò proprio gli spettacolari geyser di acqua salata, tra i cui elementi fu trovato del metano.

Sulla Terra la principale fonte di metano sono dei microorganismi metanogeni che interagiscono con la materia organica, alcuni di questi microbi vivono proprio a ridosso delle bocche idrotermali negli abissi, nei quali gli essere viventi non dipendono dalla fotosintesi, ma proprio dall'energia e dai composti rilasciati da queste fumarole sommerse.

Gli scienziati ritengono che simili ecosistemi potrebbero essere presenti anche su Encelado.

Per rilevarli con certezza si dovrebbe raggiungere la luna, distante ben 1,3 miliardi di chilometri dalla Terra ed entrare in una delle grandi crepe sulla superficie da cui partono i geyser.

Un'impresa estremamente complessa, non solo per le distanze, ma anche per il fatto che lo strato di ghiaccio è spesso svariati chilometri

Ma come detto sarebbe possibile determinare la presenza di vita anche dalla sola analisi dei geyser, e questo con un veicolo opportunamente progettato.

Nel polo sud di Encelado vi sono almeno un centinaio di getti, quindi non sarebbe difficile trovare una fonte da analizzare.

Recentemente uno studio ha calcolato che su Encelado c'è anche fosforo in abbondanza, un altro elemento legato alla vita.

Per una prova definitiva ci vorranno ancora molti anni visto i costi che avrebbe una spedizione tanto complessa.

 

da Internet

 
 
 

Juice

Post n°208 pubblicato il 14 Aprile 2023 da robertocass
 
Tag: juice
Foto di robertocass

 

 

 

 

È stata lanciata Juice, la sonda diretta a Giove e alle sue lune Europa, Ganimede e Callisto, che sotto la superficie ghiacciata nascondono oceani che potrebbero ospitare la vita.

Il lancio è avvenuto con un Ariane 5 dalla base europea di Kourou (Guyana Francese) ed è l’inizio di un viaggio di 8 anni.

Nella missione dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) l’Italia ha un ruolo di primo piano con Agenzia Spaziale Italiana (Asi), Università, Enti Pubblici di ricerca e industria.

Sono italiani sia un terzo degli strumenti destinati a studiare da vicino mondi così lontani, sia i pannelli solari di Juice, i più grandi mai andati nello spazio.

L'obiettivo principale è lo studio di alcun caratteristiche di Giove, ma soprattutto delle sue tre grandi lune ghiacciate: Europa, Ganimede e Callisto, scoperte da Galileo la notte del 7 gennaio 1610, osservando da Padova il cielo con il suo rudimentale cannocchiale.

Oramai da un paio di anni, se non di più, si parla solo di piccoli satelliti grandi come scatole da scarpe e poco costosi.

Ora però ci ritroviamo a parlare di nuovo di un grande satellite, alto metri e non centimetri, che costerà almeno un miliardo e che pesa al lancio sui 5mila chili, di cui ben 2.900 di propellente.

E trasporta con sé, fino a quello spazio lontano, tanto affascinante quanto freddo, una quantità incredibile di raffinata strumentazione.

Come in tante altre missioni nel nostro sistema solare, basta ricordare la splendida sonda Cassini Huygens che studiò per mesi il sistema di Saturno, l'Italia, con Leonardo e le sue partecipate Thales Alenia Space e Telespazio, porta un contributo essenziale.

Leonardo per esempio ha fornito i pannelli solari, che si dispiegheranno dopo il lancio per fornire energia al grande satellite.

Sono più di 80 metri quadri di pannelli, 24mila celle divise in dieci pannelli disposti a croce, per un totale di 85 metri quadrati.

Sono i più grandi mai costruiti per una missione oltre la Luna.

D’altronde a 750 milioni di chilometri dalla Terra la radiazione è molto debole, 25 volte più debole che sulla Terra, e un satellite pieno zeppo di strumenti come questo ha bisogno di molta energia.

La missione di Juice presenta vari obiettivi: studiare e caratterizzare le lune gioviane ghiacciate, Ganimede, Europa e Callisto, che sono di fatto anche più grandi non solo della nostra luna, ma anche di pianeti come Mercurio o Plutone.

Ma studierà anche Giove e il suo complesso sistema, che è già stato oggetto di studio da parte di altri satelliti Nasa. .

Il focus è nello studio di quei mondi come possibili habitat.

Nel nostro sistema solare conosciamo come abitato dalla vita solo il nostro pianeta.

I tre grandi satelliti gioviani, soprattutto Ganimede, potrebbero darci altre informazioni preziose per capire come appare la vita, sotto quali condizioni.

In quei mondi lontani precedenti missioni hanno individuato gusci di ghiaccio che li racchiudono, campi magnetici importanti, altro elemento importante per la presenza di vita, specie su Ganimede, il sorvegliato speciale di questa missione,voluta e gestita da Esa, ma che gode di contributi anche dalla Nasa e dalla giapponese Jaxa in termini di strumenti di misura e parti importanti di hardware.

Arrivare a Giove non è semplicissimo, occorre tanta energia, che un solo razzo non può dare, e allora ecco che è stata studiata una traiettoria piuttosto complessa e inusuale, che porterà Juice all’obiettivo in 8 anni, durante i quali sorvolerà Venere e la Terra due volte.

Anche la Luna, per la prima volta, servirà ad accelerare il grande satellite con l'effetto fionda che si ottiele con il passaggio nel campo gravitazionale dei pianeti.

Un poco come la fionda del biblico Davide, roteata sopra la testa e poi aperta, per rilasciare il sasso che conteneva.

Per studiare Giove e i suoi tre grandi satelliti Juice ha una batteria di strumenti incredibile: un pacchetto di vari strumenti per il telerilevamento con sofisticate capacità di presa immagini in varie lunghezze d'onda, un pacchetto di strumenti per lo studio geofisico dei satelliti di Giove, studiare le superfici e quel che c'è sotto la crosta.

Non manca strumentazione per studiare l’ambiente spaziale fra il pianeta e i suoi satelliti, come flusso di particelle, campo magnetico ed elettrico.

Ganimede, la luna più grande e massiccia del sistema gioviano, ma anche dell'intero sistema solare, con il suo diametro di oltre 5000 chilometri, sarà in particolare oggetto di studio, per capire quanto è grande e profondo l'oceano di acqua sotto la sua superficie.

Una missione ambiziosa e a lungo studiata, che dovrà operare in condizioni estreme, basta pensare ai 250 gradi che troverà al passaggio da Venere e ai -230 dalle parti di Giove in un ambiente finale con alta densità di radiazioni.

Proprio per questo va valorizzato il contributo di altre realtà italiane, sia scientifiche, come Università e Inaf, Istituto Nazionale di Astrofisica, che hanno lavorato a stretto contatto con l'industria.

Il migliore esempio è probabilmente lo strumento Rime a bordo del satellite, un sistema radar sviluppato da Thales Alenia Space con l'Università di Trento, capace di andare fino a 9 chilometri sotto la superficie ghiacciata di Ganimede.

Scoprendo i quattro satelliti di Giove, Io, Europa, Ganimede e Callisto, Galileo Galilei ha rivoluzionato la nostra visione dell'Universo, e del nostro posto in esso.

Fu infatti quella scoperta a fargli capire definitivamente che come quelli ruotano attorno al grande pianeta così noi giriamo attorno al Sole, e che non siamo il centro dell'universo, come si credeva anche per un errato concetto religioso.

Anzi, per la verità, oggi sappiamo che siamo otto miliardi di esseri umani su un granello di sabbia cosmico sperso fra miliardi di stelle e di galassie.

Certamente coi suoi risultati Juice rinnoverà in noi la meraviglia della conoscenza.

 

da Internet

 
 
 

Saturno e la sua luna Titano

Post n°207 pubblicato il 19 Febbraio 2023 da robertocass
 
Foto di robertocass

 

 

 

 

Saturno è il sesto pianeta del Sistema Solare in ordine di distanza dal Sole ed il secondo più grande in termini di dimensioni dopo Giove con il quale ha molte similitudini.

Infatti come Giove è un pianeta gassoso caratterizzato da una bassa densità e dai famosi anelli, che rispetto a quelli di Giove sono visibili anche con semplici telescopi.

Come Giove Saturno ha un'atmosfera che si manifesta sotto forma di fasce di differente colore, anche se in maniera molto più sfumata e meno evidente ad eccezione delle più marcate fasce equatoriali.

Anche su Saturno, come su Giove, esistono tempeste circolari all'interno delle fasce e Saturno condivide con Giove anche altri fattori, come la composizione chimica data dal 75% di idrogeno e dal 25% di elio unitamente a tracce di acqua, metano, ammoniaca, fosforo, arsenico e roccia.

Ha un campo magnetico scoperto già nel 1979 dalla sonda Pioneer I, per poi essere misurato dalla Voyager, con valori simili a quelli del campo magnetico terrestre.

Gli anelli planetari sono composti da milioni di oggetti ghiacciati delle dimensioni massime di un chilometro di diametro, disposti sul piano equatoriale del pianeta.

Impossibile stabilire il numero dei satelliti dal momento che, teoricamente, ogni particella di ghiaccio che compone gli anelli è un satellite.

Titano è il più grande satellite naturale del pianeta e uno dei corpi rocciosi più massicci dell'intero sistema solare, supera in dimensioni il pianeta Mercurio ed è il secondo satellite del sistema solare dopo Ganimede.

Titano è composto principalmente di ghiaccio d'acqua e materiale roccioso con una spessa atmosfera che ha impedito l'osservazione della superficie, e questo fino all'arrivo della missione spaziale Cassini-Huygens nel 2004, che ha permesso di raggiungere un anno dopo il suolo con un veicolo d'atterraggio.

L'esplorazione della sonda ha portato alla scoperta di laghi di idrocarburi liquidi nelle regioni polari del satellite.

Geologicamente la superficie è giovane, sono presenti alcune montagne e dei possibili vulcani, ma è generalmente piatta e liscia con pochi crateri.

L'atmosfera di Titano è composta al 95% da azoto ma sono presenti componenti minori quali il metano e l'etano, che si addensano formando nuvole.

Il clima, che include vento e pioggia di metano, ha creato caratteristiche superficiali simili a quelle presenti sulla Terra, come dune, fiumi, laghi e mari, e persino stagioni.

Con i suoi liquidi e la sua spessa atmosfera, Titano è considerato simile alla Terra primordiale, ma con una temperatura molto più bassa, dove il ciclo del metano sostituisce il ciclo idrologico presente invece sul nostro pianeta.

Tutte le informazioni sono legate alla sonda Cassini-Huygens: il lander atterrò su un suolo sabbioso e umido rivelando la presenza di un territorio del tutto simile a quello terrestre e continuò a trasmettere ancora per un'ora fino a spegnersi definitivamente.

E' certa la presenza di un oceano sotteraneo di acqua, ammoniaca, zolfo, sodio e potassio.

I due emisferi appaiono differenti e la motivazione potrebbe risiedere nelle potentissime tempeste di pioggia, sempre di idrocarburi e non di acqua, che si manifestano con cadenza annuale (un anno su Titano sono quasi trenta anni terrestri).

Sull'eventualità di presenza di vita è in corso da anni un ampio dibattito scientifico e sebbene abbia una temperatura al suolo di -180°, le scoperte fatte dalla missione spaziale Cassini-Huygens hanno aperto concrete possibilità che molecole organiche e quindi forme di vita, possano essersi sviluppate anche se in un ambiente tanto ostile, almeno per le nostre concezioni di vita.

La prossima sonda sarà Dragonfly con la partenza prevista nel 2026 e arrivo nel 2034 e da questa missione si aspettano le risposte a tutte queste domande.

Certamente scoprirà una vita completamente diversa da quello che possiamo immaginare.

 

Da Internet

 
 
 

Giove e il suo satellite Europa

Post n°206 pubblicato il 11 Febbraio 2023 da robertocass
 
Foto di robertocass

 

 

 

 

Giove è il pianeta più grande del nostro sistema solare, basti pensare che ci vorrebbero più di 1.300 Terre per costruirlo.

Se il gigante gassoso avesse le dimensioni di un pallone da basket, la Terra avrebbe le dimensioni di un acino d'uva.

La distanza tra i pianeti cambia continuamente perché si muovono lungo le loro orbite e pertanto dista dalla Terra 588 milioni di km quando è più vicino e 968 milioni di km nel punto più lontano.

La navicella spaziale Voyager 1 ha impiegato 546 giorni per raggiungerlo e Voyager 2 ne ha impiegato 688.

Dal 1973, nove veicoli spaziali lo hanno visitato, il primo è stato il Pioneer 10 della NASA che ha fornito centinaia di foto mentre il Pioneer 11 nel 1974 si è avvicinato tre volte al pianeta.

Nel 1979, la famosa astronave Voyager scoprì il sistema di anelli di Giove e scattò migliaia di foto di nuvole e tempeste sul pianeta.

Quelle immagini hanno dimostrato che la misteriosa grande macchia rossa che si vede è una gigantesca tempesta che dura almeno da quando venne scoperta nel 1878.

La sonda Galileo della NASA è diventata la prima navicella spaziale ad entrare nella sua orbita, ed è arrivata sul pianeta nel 1995, dopo un viaggio di 2.242 giorni.

Nel 2000, l'astronave Cassini che si stava dirigendo verso Saturno scattò alcune delle migliori foto che abbiamo di Giove.

La seconda navicella spaziale mai entrata nell'orbita di Giove si chiama Juno, è arrivata nel 2016 ed esplorerà il gigante gassoso fino a settembre 2025.

Giove e i suoi numerosi satelliti assomigliano a un sistema solare in miniatura e presentano un enorme interesse scientifico per gli astronomi di tutto il mondo.

Ha 79 lune e la maggior parte di queste sono piccole: circa 60 satelliti hanno un diametro inferiore a 10 km.

Le quattro lune più grandi di Giove sono: Io, Europa, Ganimede e Callisto e sono chiamate i satelliti galileiani perchè scoperti da Galileo Galilei nel 1610.

Europa è il quarto satellite naturale per dimensioni e il sesto dell'intero sistema solare.

Leggermente più piccolo della Luna, Europa è composto principalmente da silicati con una crosta costituita da acqua ghiacciata, circondato esternamente da una tenue atmosfera, composta principalmente da ossigeno.

Nel 1997 grazie al passaggio della sonda Galileo si è certi  dell'esistenza di un oceano d'acqua presente sotto la crosta, che potrebbe essere dimora di vita extraterrestre.

In questa ipotesi si pensa che Europa, riscaldato internamente dalla sua vicinanza a Giove e dalla risonanza orbitale con i vicini Io e Ganimede, rilasci il calore necessario per mantenere un oceano liquido sotto la superficie e stimolando al tempo stesso un'attività geologica simile alla tettonica a placche.

Nel 2014, la NASA riferì di aver trovato prove dell'esistenza di un'attività della tettonica a placche su Europa, la prima attività geologica di questo tipo su un mondo diverso dalla Terra.

Europa pertanto è considerato come uno dei mondi con la più alta probabilità che si sia sviluppata vita extraterrestre.

È stato ipotizzato che la vita potrebbe esistere in questo oceano al di sotto del ghiaccio, in un ambiente simile a quello delle sorgenti idrotermali presenti sulla Terra nelle profondità dell'oceano.

Si pensa che il perossido di idrogeno abbondi in gran parte della sua superficie e questo garantisce la presenza di ossigeno, perchè il perossido al contatto con l'acqua produce appunto ossigeno.

Nel 2013, la NASA riferì di aver individuato dei fillosilicati, dei minerali argillosi associati a materiali organici sulla crosta ghiacciata.

Gli scienziati suggeriscono che la presenza dei minerali sia dovuta ad una collisione di un asteroide o di una cometa.

Nella teoria della panspermia si pensa che la vita possa essere arrivata alle lune di Giove tramite la collisione di asteroidi o comete.

E' uno studio che si basa sull'ipotesi che i semi della vita siano sparsi dovunque nell'Universo, distribuiti nella polvere stellare e che sia il modo in cui la vita abbia raggiunto anche la nostra Terra.

 

Da Internet

 
 
 
 
 

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