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IL PICCOLO PRINCIPE

Post n°3 pubblicato il 29 Giugno 2008 da RomanaASR

"Buon giorno", disse la volpe.

"Buon giorno", rispose gentilmente il piccolo principe, voltandosi:
ma non vide nessuno.

"Sono qui", disse la voce, "sotto al melo..."

"Chi sei?" domando' il piccolo principe, "sei molto carino..."


"Sono una volpe", disse la volpe.

"Vieni a giocare con me", le propose il piccolo principe, sono cosi'
triste..."

"Non posso giocare con te", disse la volpe, "non sono
addomesticata".

"Ah! scusa", fece il piccolo principe.

Ma dopo un momento di riflessione soggiunse:

"Che cosa vuol dire addomesticare?"

"Non sei di queste parti, tu", disse la volpe, "che cosa
cerchi?"

"Cerco gli uomini", disse il piccolo principe.

"Che cosa vuol dire addomesticare?"

"Gli uomini" disse la volpe, "hanno dei fucili e cacciano.
E' molto noioso! Allevano anche delle galline. E' il loro solo interesse. Tu
cerchi delle galline?"

"No", disse il piccolo principe. "Cerco degli amici. Che cosa
vuol dire addomesticare"?"

"E' una cosa da molto dimenticata. Vuol dire ..."

"Creare dei legami?"

"Certo", disse la volpe. "Tu, fino ad ora, per me, non sei
che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E
neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a
centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro.
Tu sarai per me unico al mondo, e io saro' per te unica al mondo".

"Comincio a capire" disse il piccolo principe. "C'e' un
fiore... credo che mi abbia addomesticato..."

"E' possibile", disse la volpe. "Capita di tutto sulla
Terra..."

"Oh! non e' sulla Terra", disse il piccolo principe.

La volpe sembro' perplessa:

"Su un altro pianeta?"

"Si".

"Ci sono dei cacciatori su questo pianeta?"

"No".

"Questo mi interessa. E delle galline?"

"No".

"Non c'e' niente di perfetto"
, sospiro' la volpe. Ma la volpe
ritorno' alla sua idea:

"La mia vita e' monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini
danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si
assomigliano. E io mi annoio percio'. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita
sara' illuminata. Conoscero' un rumore di passi che sara' diverso da tutti gli
altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi fara' uscire
dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiu' in fondo, dei campi
di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me e' inutile. I campi di grano
non mi ricordano nulla. E questo e' triste! Ma tu hai dei capelli color
dell'oro. Allora sara' meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano,
che e' dorato, mi fara' pensare a te. E amero' il rumore del vento nel
grano..."

La volpe tacque e guardo' a lungo il piccolo principe:

"Per favore... addomesticami", disse.

"Volentieri", disse il piccolo principe, "ma non ho molto tempo,
pero'. Ho da scoprire degli amici, e da conoscere molte cose".

"Non ci conoscono che le cose che si addomesticano", disse la
volpe. "Gli uomini non hanno piu' tempo per conoscere nulla. Comprano
dai mercanti le cose gia' fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli
uomini non hanno piu' amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!"

"Che cosa bisogna fare?" domando' il piccolo principe.

"Bisogna essere molto pazienti", rispose la volpe. "In
principio tu ti sederai un po' lontano da me, cosi', nell'erba. Io ti guardero'
con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di
malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po' piu' vicino..."

Il piccolo principe ritorno' l'indomani.

"Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora", disse la volpe.

"Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io
comincero' ad essere felice. Col passare dell'ora aumentera' la mia felicita'.
Quando saranno le quattro, incomincero' ad agitarmi e ad inquietarmi; scopriro'
il prezzo della felicita'! Ma se tu vieni non si sa quando, io non sapro' mai a
che ora prepararmi il cuore... Ci vogliono i riti".

"Che cos'e' un rito?" disse il piccolo principe.

"Anche questa e' una cosa da tempo dimenticata", disse la volpe.
"E' quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un'ora dalle altre
ore. C'e' un rito, per esempio, presso i miei cacciatori. Il giovedi ballano
con le ragazze del villaggio. Allora il giovedi e' un giorno meraviglioso! Io
mi spingo sino alla vigna. Se i cacciatori ballassero in un giorno qualsiasi, i
giorni si assomiglierebbero tutti, e non avrei mai vacanza".

Cosi' il piccolo principe addomestico' la volpe.

E quando l'ora della partenza fu vicina:

"Ah!" disse la volpe, "... piangero'".

"La colpa e' tua", disse il piccolo principe, "io, non ti
volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi..."

"E' vero", disse la volpe.

"Ma piangerai!" disse il piccolo principe.

"E' certo", disse la volpe.

"Ma allora che ci guadagni?"

"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano".


Poi soggiunse:

"Va' a rivedere le rose. Capirai che la tua e' unica al mondo.
Quando ritornerai a dirmi addio, ti regalero' un segreto".

Il piccolo principe se ne ando' a rivedere le rose.

"Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora
niente", disse. "Nessuno vi ha addomesticato, e voi non avete
addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era che una volpe
uguale a centomila altre. Ma ne ho fatto il mio amico ed ora e' per me unica al
mondo".

E le rose erano a disagio.

"Voi siete belle, ma siete vuote", disse ancora. "Non si puo'
morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi
rassomigli, ma lei, lei sola, e' piu' importante di tutte voi, perche' e' lei
che ho innaffiata. Perche' e' lei che ho messa sotto la campana di vetro.
Perche' e' lei che ho riparata col paravento. Perche' su di lei ho uccisi i
bruchi (salvo i due o tre per le farfalle). Perche' e' lei che ho ascoltato
lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perche' e' la mia
rosa".

E ritorno' dalla volpe.

"Addio", disse.

"Addio", disse la volpe.
"Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede
bene che col cuore. L'essenziale e' invisibile agli occhi".


"L'essenziale e' invisibile agli occhi", ripete' il piccolo principe,
per ricordarselo.

"E' il tempo
che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa cosi'
importante".


"E' il tempo che ho perduto per la mia rosa..." sussurro' il piccolo
principe per ricordarselo.

"Gli uomini
hanno dimenticato questa verita'. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi
responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile
della tua rosa..."


"Io sono responsabile della mia rosa..." ripete' il piccolo principe
per ricordarselo.



 



 



 

 
 
 
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POESIE

Un sorriso

Un sorriso non costa niente e produce molto
arrichisce chi lo riceve,
senza impoverire chi lo da.
Dura un solo istante,
ma talvolta il suo ricordo è eterno.
Nessuno è così ricco da poter farne a meno,
nessuno è abbastanza povero da non meritarlo.
Crea la felicità in casa,
è il segno tangibile dell'amicizia,
un sorriso dà riposo a chi è stanco,
rende coraggio ai più scoraggiati,
non può essere comprato, ne prestato, ne rubato,
perchè è qualcosa di valore solo nel momento in cui viene dato.
E se qualche volta incontrate qualcuno
che non sa più sorridere,
siate generoso, dategli il vostro,
perchè nessuno ha mai bisogno di un sorriso
quanto colui che non può regalarne ad altri.

Anonimo

 

POESIE

Er Salice Piangente
 
- Che fatica sprecata ch'è la tua!
- diceva er Fiume a un Salice Piangente
che se piagneva l'animaccia sua -
Perchè te struggi a ricordà un passato
se tutto quer che fu nun è più gnente?
Perfino li rimpianti più sinceri
finisce che te sciupeno er cervello
per quello che desideri e che speri.
Più ch'a le cose che so' state ieri
pensa a domani e cerca che sia bello!
 
Er Salice fiottò: - Pe' parte mia
nun ciò né desideri né speranze:
io so' l'ombrello de le rimambranze
sotto una pioggia de malinconia:
e, rassegnato, aspetto un'alluvione
che in un tramonto me se porti via
co' tutti li ricordi a pennolone.

Trilussa

 
 

POESIE

Spleen

Quando come un coperchio il cielo pesa
grave e basso  
sull'anima gemente
in preda a lunghi affanni, e quando versa
su noi, dell'orizzonte tutto il giro
abbracciando, una luce nera e triste
più delle notti; e quando si è mutata
la terra in una cella umida,
dove
se ne va su pei muri la Speranza
sbattendo la sua timida ala, come
un pipistrello che la testa picchia
su fradici soffitti; e quando imita
la pioggia, nel mostrare le sue striscie
infinite,
le sbarre di una vasta
prigione, e quando un popolo silente
di infami ragni
tende le sue reti
in fondo ai cervelli nostri, a un tratto
furiosamente scattano campane,
lanciando verso il cielo
un urlo atroce
come spiriti erranti, senza patria,
che si mettano a gemere ostinati.
E lunghi funerali lentamente
senza tamburi sfilano né musica
dentro l'anima:
vinta, la Speranza
piange, e l'atroce Angoscia sul mio cranio
pianta, despota, il suo vessillo nero.

               Charles Baudelaire

 
 

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