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Risposta a Pietro Postai. L'Anonimo Saccente č diventato Azzeccagarbugli.

Post n°28 pubblicato il 18 Luglio 2009 da marcalia1

 

Lei pecca di hybris senza che io le abbia imposto alcuna āte. Pretende autonomamente, da semplice laureato come me (mi auguro che sia almeno del Vecchio Ordinamento), per giunta senza nessuna pubblicazione all'attivo, di insegnarmi come applicare metodologie di ricerca. Se fosse un'opera di drammaturgia lei sarebbe certamente "Quello che prende gli schiaffi" di Leonid Andreiev; purtroppo non lo è ma faccia valere almeno l'intenzione del titolo. In ogni caso lei vaneggia, caro Azzeccagarbugli, e le sue sono solo fumisterie intellettuali. A maggior ragione, non avendo letto il mio libro, si assume l'incarico di decifrare i segnacoli in esso contenuti, evitando di rispettare la prossemica del "patto narrativo" costituito naturalmente fra autore e lettore. Su 212 pagine di testo, più 4 di bibliografia, lei vuole ridurre un sintagma greco (da me citato) ad exemplum denigratorio dell'intero saggio o, peggio, come ha lasciato intendere lei, di un intero sistema assiologico di riferimento che diventa pura menzogna. Si vergogni caro giovanotto. Lei è solo un grande maleducato. Come tutti coloro che non hanno argomentazioni di contenuto ha offeso me, il mio lavoro e soprattutto l'intelligenza dei lettori. In fondo, scriva pure lei. Pubblichi. Dimostri a tutti noi il suo acume intellettuale. Ho visto che ha aperto un blog. Lo riempia con il suo nozionismo universitario. Ne approfitti per farsi conoscere e per permettere anche a noi di poter poi commentare i suoi interventi.

Se la fa dormire tranquillo, le assicuro che qualora dovesse esserci una seconda edizione del mio "Madri Immacolate", la sua critica sarà motivo di approfondimento ermeneutico per un'eventuale correzione della  citazione evangelica in greco. Lei non pubblica e quindi non lo sa, ma scrivere un libro non è per niente facile. Ho impiegato diversi anni per compulsare, verificare e reperire documentazione, nonché per fare ricerca "sul campo"; ho sottratto tempo alla mia vita per hobby, come sostiene lei ed io ne vado fiero, per redigere "Madri Immacolate"; ancora oggi esso è work in progress, e va a braccetto con la mia prossima pubblicazione sulle spose mistiche di san Paolo a Galatina. Ho inoltre 53 pubblicazioni tra articoli e libri, appunto, ed è la prima volta che mi imbatto con un maleducato e presuntuoso di razza come lei. D'altronde, ribadisco anche qui, lei sa poco o punto di antropologia religiosa né si ciba spiritualmente di archetipi matriarcali né di culti femminili e quant'altro. Un titolo accademico per me rappresenta infatti solo un simbolo senza simbolismo; funge da semantica del niente; e la tesi di laurea, poi... Suvvia, vuole attribuire dignità scientifica perfino a quella? Lei perciò si limita a criticare in virtù dei suoi sofismi linguistici, frutto di esami universitari e, spero per lei, anche di una privata propensione gnoseologica. Ma finanche la querelle su Paolo di Tarso dimostra quanto la sua mente sia troppo schematica e letterale, strictu sensu. Purtroppo non ho né voglia né tempo per approfondire la questione con lei. Forse lo ha dimenticato o non le interessa affatto, ma nella mia bellissima regione c'è stato un terremoto e i miei corregionali hanno bisogno di aiuto, checché ne dica la propaganda berlusconiana di quest'Italietta da regime, che con la sua protervia fa tutt'uno. Come sempre, nei fine settimana, accorro nell'aquilano per dar manforte. Solo là mi accorgo allora di quanta vacuità ci sia nei nostri reciproci scritti. Le lascio comunque il mio recapito privato di posta elettronica (marcalia@libero.it) al quale potrà indirizzare tutte le invettive (o critiche, scelga lei) che desidera.  Del resto, non è nemmeno giusto che i lettori si annoino per le nostre sterili discussioni da "dotti ignoranti", se mi passa il rimando a Cusano. Solo un consiglio, qualora decidesse di scrivere nel suo blog: lei è pedante anche nella sintassi. Glielo dico da fratello maggiore, a cui qualcuno concede l'opportunità, a differenza sua, di scrivere libri. Epuri la sua scrittura, la renda più fluida. Sciacqui il suo lessico e diventi un divulgatore. Converrà con me che di-vulgare significa semplicemente "tradurre", mettere al servizio del volgo o, marxianamente, del popolo. Non si alambicchi il cervello con le ipotassi, le quali affaticano anche me. Capisco che lei sia un classicista infervorato, un purista della semantica, ma è già pesante solo per questo, si figuri. Riduca perciò il suo temperamento atrabile al 10% e vedrà che tutti noi saremo lieti di leggerla.

Cordialmente,

Marco Olivieri

 

 
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