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« IL PASTO SACRO. Mito e r...NU' SUONN. Poesia di An... »

Il mito della verginità di Maria e la profezia che non s'avvera.

Post n°31 pubblicato il 23 Luglio 2009 da marcalia1
 

          Il mito del concepimento verginale trae la propria origine in un disegno politico ben preciso, volto a giustificare il messianismo terreno di Gesù come volontà del Padre Celeste. Difatti, nella sua forma tradizionale, l'Antico Testamento era scritto in uno stile ebraico formato solo da consonanti. Parallelamente fu esigenza produrre una traduzione a vantaggio degli Ebrei ellenisti (di lingua greca), conosciuta come «Versione dei Settanta». In qualche modo, la nozione di Maria come vergine paritura stabilisce qui il suo punto evolutivo, in quanto l'illibatezza originale della Madonna procede dall'errata traduzione di un vocabolo. Prendiamo uno dei brani iniziali del vangelo di Matteo:

Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi.[1]

          Il profeta a cui Matteo si riferisce è Isaia, il quale nel 735 a.C. proclamava al re Acaz di Giudea:

Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta di stancare la pazienza degli uomini, perché ora vogliate stancare anche quella del mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele.[2]

          Ora, quella traduzione in greco dell'Antico Testamento eseguita dagli ignoti «Settanta» nel III secolo avanti Cristo ad Alessandria d'Egitto, sotto la suggestione probabilmente mesopotamica di antichi miti siderali, rese la voce ebraica ha-halmah (la «giovane donna», la «fanciulla») con il termine parthénos,[3] cioè «vergine», invece che con l'esatto corrispondente semantico neanis, letteralmente «ragazza», spianando così involontariamente il sentiero, quando si sarà perduto il senso storico e politico dell'espressione di Isaia, all'interpretazione teologica della nascita virginale del Cristo, il «Messia».

I Vangeli ebrei designavano Maria con il termine almah, erroneamente tradotto «vergine» ma di effettivo significato «giovane donna». Si faceva derivare questa parola dal persiano Al-Mah, la Dea-Luna senza marito. Un vocabolo affine era il latino alma, «l'anima vivente del mondo», virtualmente identico al termine greco psyche e al sanscrito shakti. Le Vergini Sante o prostitute del tempio erano le «anime maestre» o «anime madri», l'alma mater.[4]

          Al fine di sostenere e diffondere la loro dottrina gli evangelisti avevano bisogno di dimostrare, già anche con una nascita del tutto eccezionale, che Gesù era veramente il Salvatore atteso dagli Ebrei.[5] Per questo i discepoli e gli apostolici concentrarono l'attenzione sulla nascita prodigiosa nonché sul dramma della passione e della resurrezione, rielaborando attraverso le profezie bibliche i ricordi trasmessi dalla tradizione orale.[6] Ma sulla base storica dell'Antico Testamento, nulla lascia pensare che il brano di Isaia 7,14 si riferisse al vaticinio della nascita di Gesù ben 700 anni dopo il suo proclama, anche perché una simile anacronistica rivelazione sarebbe stata poco utile in termini di necessità e di vantaggio: i profeti giudaici non erano annunciatori di futuro, bensì predicatori e riformatori sociali limitati agli eventi della loro epoca, così come la società in cui essi scrivevano non era poi molto diversa da quella dei primi tempi in cui il cristianesimo andava consolidandosi; tutti coloro che conoscono i fatti dell'epoca in cui vivono, ma auspicano giorni migliori, possono essere profeti. Per dare un esempio di come il dono della profezia coinvolga qualsiasi mente raziocinante, si legga questo passo di Platone riferito ad un «giusto crocifisso»:

Essi sostengono che l'uomo giusto, per il suo comportamento, verrà frustato, torturato, imprigionato; gli bruceranno gli occhi, e dopo avere sofferto mali d'ogni genere verrà crocifisso e capirà che occorre desiderare non di essere, ma solamente di sembrare giusto.[7]

          Il termine «profeta» va chiaramente preso nel suo stretto senso etimologico: è colui che parla in nome della divinità, ad ammonimento di tutto il popolo,[8] anche qualora la profezia si rivelasse del tutto infondata.[9] Così persino sant'Agostino, a quanto pare, accettò il motivo della verginità di Maria come un'esigenza della fede e non come dato storico effettivo: «Una vergine ha concepito: meravigliatevi! Una vergine ha partorito: meravigliatevi ancora di più!».[10] Né beninteso il passo di Ezechiele, assunto a modello dagli esegeti biblici come prefigurazione della perpetua integrità vaginale di Maria può, da questo punto di vista, essere preso alla lettera senza un notevole sforzo di fantasia: «Questa porta rimarrà chiusa: non verrà aperta, nessuno vi passerà, perché c'è passato il Signore, Dio d'Israele. Perciò resterà chiusa».[11] Il profeta intendeva ovviamente descrivere senza alcuna specifica allusione l'ingresso ormai non più accessibile di un tempio, perché santificato; eppure, nelle interpretazioni fornite dai commentatori, esso è finito per scadere nella bassa metafora che, come nessun altro dopo il Signore nella porta del santuario, ugualmente non può passare se non in qualità di una poco felice similitudine.

 

 


[1] Matteo 1,22-23. Emmanuele era il titolo persiano del dio Immani, o E-Mani, venerato nell'Elam come un sacro re-martire. Una delle sue ultime incarnazioni fu quella di Mani, detto il "Salvatore", che si riteneva essere nato da una santa vergine di nome Mariham, o Mar Mariam, "Maria la Signora", il cui titolo era "Madre della Vita del Mondo Intero". Cfr. Barbara G. Walker, op cit., p. 428 e pp. 576-577. In particolare J.M. Robertson, Pagan Christs, London, Watts&Co, 1911, p. 264 e segg. Laurence Gardner, ne La linea di sangue del Santo Graal, Roma, Newton&Compton,  2004, propende invece per l'ipotesi che il nome Emmanuele sia di origine egizia e corrisponda al nome del dio Amun (l' "occulto", "il nascosto") e che esso significhi pertanto Amun-u-El, "Amun è Dio", o "l'Occulto è Dio", (p. 328,  nota 2).

[2] Isaia 7,13-14. Come conferma, il testo del rotolo di Isaia trovato fra i manoscritti di Qumrân ha chiarito che il termine ebraico usato in origine dal profeta era halmah. Vedi nota seguente.

[3] In ebraico la parola che indica una "vergine" fisica è bethulah. La voce ha-halmah, corrispondente invece ad una ragazza in età da marito, connota primariamente la desiderabilità mentre in parthénos è implicito un senso di integrità fisiologica assai più forte. Nell'Antico Testamento ha-halmah è applicata a Rebecca prima che andasse sposa ad Isacco (Genesi 24,43) nonché alle fanciulle del Cantico dei Cantici (6,8). Pierre Saintyves, ne Las madres virgenes y los embarazos milarogros, Madrid, Akal, 1985, spiega, citando La Sainte Vierge dans l'Histoire di G. Herzog (Paris, 1908), che «tutti i tentativi dei teologi per dare ad halmah il senso di vergine hanno urtato contro i due ostacoli del Cantico VI e dei Proverbi 30,19 [...] Inoltre, il profeta Isaia non pone l'attenzione sulla madre, bensì sopra il nome che dovrà portare il bambino. Questo nome simbolico è la prova della prossima salvezza», p. 129, nota 27. Si aggiunga inoltre che in Israele non c'era aspettativa di una nascita da una vergine (perché l'idea di un uomo dalla "natura divina" nato da vergine è totalmente estranea alla fede e alla cultura ebraiche), e i Vangeli vennero addirittura predicati per anni senza alcun riferimento al concepimento verginale di Maria.

[4] (Hebrew Gospels designated Mary by the word almah, mistakenly translated "virgin", but really meaning "young woman". It was derived from Persian Al-Mah, the unmated Moon-goddess. Another cognate was Latin alma, "living soul of the world", virtually identical to Greek psyche, Sanscrit shakti. The Holy Virgins or temple-harlots  were "soul-teachers" or "soul-mothers" - the alma mater), Walker, op. cit.,  p. 1049. La traduzione è mia.

[5] Ma in Galati 4,4 Paolo, che pure ebbe un'educazione strettamente farisea, non accenna a nessuna vergine né ad alcuna nascita prodigiosa circa Gesù: il Cristo, infatti, è semplicemente "nato da donna", senza implicare nell'origine alcunché di straordinario.

[6] Cfr. Ambrogio Donini, op. cit., p. 247.

[7] Platone, La Repubblica, II, 362a

[8] Ambrogio Donini, op. cit., p. 157. Del resto, smentendo la profezia di Isaia, Giuseppe e Maria non chiamarono il loro figlio Emmanuele, bensì Gesù  (ebraico Jehoshû'a, Iēshū in aramaico) che vuol dire "Jahvè salva". Per quel che sostiene Donini, qualcosa di simile può anche riferirsi al poeta Virgilio e alla sua Sibilla Cumana, che molti teologi (Lattanzio, Tertulliano, Girolamo) vollero salutare come veri e propri profeti della nuova religione cristiana o addirittura come vati della nascita di Gesù. In realtà, nella Quarta Egloga virgiliana, si trovano solo fuggevoli espressioni di quei motivi sociali e religiosi di rinnovamento, frutto dell'ormai processo di disfacimento dell'antichità classica, le quali troveranno compiuta formulazione nel nascente cristianesimo.

[9] Deuteronomio 18,22 afferma: "Quando il profeta parlerà in nome del Signore e la cosa non accadrà e non si realizzerà, quella parola non l'ha detta il Signore; l'ha detta il profeta per presunzione; di lui non devi aver paura".

[10] Sant'Agostino, Sermo 196; citato in Laura Rangoni, op. cit., p. 105.

[11] Ezechiele 44,2.

 

 
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TaciMaParlami
TaciMaParlami il 26/07/09 alle 00:34 via WEB
...torno qui, a cercare ancora quel brivido muto che mi hai saputo donare...
è stata una giornata molto intensa, rientro solo ora, ma sono soddisfatta. Mi piace la mia nuova casa. La sento già mia...
...... ....... ..... ....... ....... c'è ancora molto da fare, ma ci penserò domani.... Adesso è temopo di riposare. Un sorriso e un abbraccio.
 
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