Cornici Vuote

Poesie e Racconti di Rossana Carturan e Gionni b.

 

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Jean-Paul Sartre

L'uomo non è la somma di quello che ha,

ma la totalità di quello che non ha ancora,

di quello che potrebbe avere-

Jean Paul Sartre

 

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Che sia amore. - di Rossana Carturan

Post n°17 pubblicato il 15 Gennaio 2007 da Vetriolopuro
 
Tag: Rossana

Spedisci  arcobaleni dove non possano urtarsi

ed io ti estrarrò dalle   tasche

Avanzeremo. lanciando pezzettini di buonumore

su prati macchiati di beatitudine

e nell´imbuto del caso approfitterò  di te

sgomitando vita

e basta.

 

 
 
 

Solo un cow-boy - di Rossana Carturan

Post n°16 pubblicato il 14 Gennaio 2007 da Vetriolopuro
 
Tag: Rossana

Solo un cow boy

Luca giocherella con la sua Beretta in attesa che Giorgio gli invii il segnale. Uno squillo al telefono e schizzerà via sulla Panda verde scuro.

Ultimo di 4 figli e tutte femmine, per non sentirsi inadeguato ed escluso da quelle odiose ragazzine, ha passato l’infanzia tra bambole, pentoline in ceramica e biberon in plastica e soltanto una distrazione : Giovanni, detto l'indiano, figlio della magliaia.

 Una volta la settimana Luca passava il pomeriggio dalla nonna, ed in quell'occasione legava Giovanni all'albero, ululando intorno a lui, in una innocua perversione, per tutto il pomeriggio, finché arrivata l’ora di tornare a casa lo slegava. Poi ad  otto anni gli fu regalata la sua prima pistola giocattolo.


Sorride al ricordo, mentre stringe  nella mano l’ultimo modello, non più giocattolo, di quella stessa arma che il nonno, nel modello 34 , calibro 9, comandante di divisione, ha posseduto nell’ultima guerra. Certo, la modernità della linea, aggressiva e squadrata, ha lasciato l’elegante finitura, dove la corona sabauda del Regio Esercito, incisa sul lato sinistro del fusto, donava  maestosità, ma nonostante la  longevità, pur perdendo le guanciole la rotondità, continua  ad adattarsi al palmo fedelmente
Quando l’ha in tasca, avverte  l’importanza della presenza. Un brivido solletica il collo nell’attesa di sentire le dita scorrere a cercare il grilletto in un colpo mai uscito.
Giunge lo squillo.
Prende la Panda quasi vergognandosi, credendo di offendere la creatura vistosa che dal giubbotto di jeans mostra  la sagoma.
Arriva all’Ufficio Postale con due minuti di anticipo. L’occhiale scuro in un cielo plumbeo lo difende  ancora di più dall’indiscrezione dei passanti. Accende una sigaretta, nonostante l’asma carogna, ed i colpi di tosse non gli permettono di veder entrare Giorgio.
Non è la prima rapina, ma di sicuro sarà la più grande che abbiano mai architettato

 Si sono spostati anche in un paese vicino per garantirsi un probabile anonimato.

I furti precedenti hanno sempre coinvolto piccole e conosciute situazioni. L’ultimo era stato all’alimentari della signora Virginia. Il cuore aveva esasperato i battiti quando fu costretto, guardandola dalle fessure del passamontagna, alterando la voce, a farle aprire la cassa. La donna tremava recitando il rosario sottovoce, lo stesso che sgranava ogni domenica mattina nella chiesetta del paese, tra un pettegolezzo e l’altro con la madre.


Già, in un piccolo paese, le voci sono vivide nella memoria più di un volto o di un gesto. L’era dei telefonini, dei computer aveva tardato ad inserirsi ma non nei più giovani. Nei citofoni non vi era neanche il cognome ed il riconoscimento era nel: figlio o nipote di. e lui, è Luca il nipote di Nunzio, un bel pezzo d’uomo 1,90, che in gioventù aveva fatto strage di fanciulle e dopo che la guerra passò, il paese crebbe per merito delle stesse, che, gravide, gli attribuirono un’eccessiva fecondità.

Un urlo dagli uffici è l’avviso. Una riga di sudore gli dà prurito al collo. Respira a fondo e va. Quando entra vede Giorgio che punta verso uno sportello con la scritta: Servizio Bancomat, una 7 e 65, automatica, fuori ordinanza, calcio brunito con una fenditura lieve che la personalizza.

La cassiera, cinerea nel volto, esegue, diligente, le istruzioni del ragazzo. Le mani riempiono la sacca telata di banconote di vario taglio, mentre il resto del corpo, paralizzato, perde  colore.

Un impiegato in preda al panico urta lo spigolo della scrivania ed alcune penne cadono a terra, rimbalzando sul linoleum .

Luca segue  attentamente i movimenti della donna ma è catturato dalla fierezza eroica di Giorgio, il pistolero senza nome, detto Joe , davanti a Ramon in "Per un pugno di dollari" impassibile nel volto scoperto,non per vezzo, ma per una dannata allergia alla lana che gli impedisce di usare passamontagna

Il maledetto però, con le sue penne cadute, ha distolto l’attenzione del suo Clint Eastwood. Così estrae la Beretta e mentre nella testa ronza l’ intramontabile Ennio Morricone , un pallottola 9mm, devia l’ombra ed entra nella gola dell’impiegato. Il tonfo del corpo e le grida non diminuiscono la sonorità asciutta del colpo. E’ uno solo, definitivo. Nel sangue che fluisce tra i gemiti e le sirene di una pattuglia che si avvicina, Luca sorride per la sua occasione. L’eccitazione ha avuto sbocco. Sente il compagno, tra le lacrime fuggire e insultarlo. Perché nessun ringraziamento ad un atto dovuto? Ha difeso la sua immagine, cazzo, anche Ramon lo avrebbe apprezzato. Non si capacita della mollezza e tocca la canna ancora calda. Non è gelida come la pistola a pallini dei suoi otto anni. E’ viva, ha vibrato nel palmo.

Un poliziotto lo sorprende alle spalle sfilandogli l’arma dalla mano. Luca lo riconosce. Ma sì, è Giovanni, l'indiano, il figlio della magliaia.

Sorride,tutto si sta  consumando come allora, ma con un’inversione di ruoli.

Luca non ha mai fatto l’indiano,

No, non ha mai fatto l’indiano,  sempre e solo un cow boy.

 
 
 

di campo - di Gionni b.

Post n°15 pubblicato il 12 Gennaio 2007 da Vetriolopuro
 

Condannata a questi venticinque anni
di età come a una pena. Sarà la memoria

a salvarmi: mio padre, col cappello
inclinato sulla fronte come il grano

nel vento del primo maggio, festa
dei braccianti. Le bandiere della mia terra

portavano del tricolore solo il rosso,
il verde e il bianco già stavano

nell’erba e nella povertà. Mio padre
agitava parole alla folla, poesie
proletarie.

Poi silenzio, tanti anni. Ora
studio geologia. Per ricamare

di scienza
le vecchie mezzadrie. Sono i sassi a tirarmi
la volata. In ciascuno

vedo il profilo di un uomo
e la densità chimica dei corpi.

Siamo tutti morti e nati qui,
sul terreno di sodio e potassio.

Vieni, fiore di campo, a bucare il bianco
della neve. Io

aspetto l’aurora dei verdi per fare
di me stessa un ritiro. Non avrò altro

da imparare dai libri. Ma ripetere il
canto delle donne sul solco venoso

d’autunno è gioia che mi basta.

Solo la rabbia non si risolve
in una fornace d’atomi.

La rabbia è vita che non
s’inchiostra in libri, che non si ferma

in storie.

 
 
 

Qui ed ora. - di Rossana Carturan

Post n°14 pubblicato il 11 Gennaio 2007 da Vetriolopuro
 
Tag: Rossana

I ricordi cigolano all’ ingresso
ma la scelta è in me quando il buio pizzica
quando [in.attesa] dalla finestra
filtro il secolo per non rubare al cielo
per potermi credere inabile alla memoria

Mando giù ortiche e non ho prurito

 
 
 

Costringimi a scrivere tutto - di Gionni b.

Post n°13 pubblicato il 06 Gennaio 2007 da Vetriolopuro
 

tutta questa fatica di parole


serve soltanto a rammentarne una.


 


Noi la  lasciammo libera per casa


il giorno che v’entrammo e 


si perse come una biglia. Però


bastava sapere che c’era salterà


fuori un giorno a l’altro dicevo


non è davvero smarrita pure  il gatto


talvolta si ritira in angoli remoti


da cui torna,  anche  il tuo  anello


che ricomparve dal sacco nero


dell’aspirapolvere. Bisognava


solo aspettare e intanto vivere


come se. Poi vennero


le piogge e la manutenzione


delle grondaie di rame e il tetto


d’embrici e il pendere  sbilenco


del cortile a mattoni che allagava:


l’orto  se ne andò via come un tappeto


volante. Ci si rideva su di quella


casa nave  che però resisteva


e attraversò l’inverno, sebbene


con ridotta velatura,  fino alla foce.


 


Al  carillon delle  costellazioni


il tempo delle acque si incantò


il prato ebbe un morbillo


di colori  si annuvolò di fiocchi


la siepe. Una mattina chiara


vidi  il cielo trafitto di anemofile.


 


E un ago


che giaceva nel bagno sul confine


fra  due piastrelle azzurre


mi punse di rammarico e di gioia


d’aver trovato ciò che c’era


di perso una parola 


non  più detta fra noi


ma trasformata


da fate casalinghe


in un comune


arnese  da rammendo.

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: Vetriolopuro
Data di creazione: 11/12/2006
 

PILLOLE

di essere. sognando. 

grattai la notte perché diventasse alba
di altro non mi mostrai padrona

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Simone De Beauvoir

 

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