Creato da: Runes_Order il 27/03/2004

LA SOGLIA DEL SONNO
  fiori per sbaglio in un campo di grano

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Messaggio N° 251
23/01/2008 

  “Non so perché ho iniziato a scrivere, forse per noia o per colpa di
questo vento strano che entra nei pensieri; era tanto tempo che non lo
facevo, da quando ciò che sento ha una scadenza imposta da altri. Sono
qui seduto sopra questo traghetto e scrivo le mie impressioni, mentre
le ultime persone prendono posto, alcune ragazze si sdraiano in costume
su delle stuoie per prendere il sole, e i giovani marinai si preparano
per salpare. Ho voluto questo viaggio per cercarmi e ritrovarmi là dove
mi sono perso una mattina di settembre. L’isola dista circa tre ore, ma
il tutto è a discrezione del mare che appare tranquillo, quasi
svogliato. Un ragazzo, poco più che maggiorenne, parla in un microfono
descrivendo, per i turisti, i tempi e i pasti del viaggio. Una coppia
di anziani cerca un po’ d’ombra, o un posto dove ripararsi dall’acqua,
e quelle ragazze sdraiate si spalmano bene la crema solare. La gente
presente oggi è davvero multirazziale, ci sono orientali ed europei,
indiani e mussulmani, tutti allegri e spensierati in un bel clima
vacanziero. Il motore della barca comincia ad aumentare i suoi colpi, e
la terraferma distante è sempre più lontana. Viaggio di schiena dove
posso, anche sui treni, lo considero un modo diverso per guardare il
passato, forse perché non ho mai sofferto alcun tipo di viaggio, anzi
lo trovo piacevole, e sono sempre un po’ emozionato. Una famiglia di
francesi consuma l’impossibile, tra bibite, merendine, e sacchetti di
patatine, quelle particolari al gusto di gamberi. La terra ormai si
perde all’orizzonte e anche gli ultimi gabbiani ci devono abbandonare,
una voce dal microfono avverte che a breve, giù nella stiva, verrà
distribuita la colazione, con grande entusiasmo della famiglia
francese. Approfitto di questo momento d’agitazione per mandare un
messaggio a casa, a chi non ha voluto seguirmi e accompagnarmi, poche
parole e un malinconico saluto. La traversata continua serena, quando
un ragazzo australiano chiede notizie della sua tavola da surf, alcuni
giovani orientali continuano a fotografare ogni cosa, anche le
ciambelle salvagente e il capitano al timone, due distinti signori
giocano a dama in disparte, una ragazza mulatta legge assorta, e un
gruppo di italiani fa la solita confusione. Il mare al largo è un po’
più increspato, e la barca pende leggermente di lato, il sole non è più
così caldo, anche se la pelle comincia a bruciare. Una ragazza
americana si siede al mio fianco, dopo avermi chiesto gentilmente se il
posto era libero, ha dei lunghi capelli biondi e un bel viso ricco di
lentiggini, mezzo nascosto da grossi occhiali da sole, che nonostante
questo non riescono a celare la tristezza che l’avvolge, osserva
fissandola la scia della barca, l’impressione è che la sua mente sia
ben lontana da questo mare, questo particolare, a pelle, è quello che
più mi attrae, anche se lei non presta a me molta attenzione. Un’onda
più alta genera qualche urletto giù nella stiva, dove alcuni passeggeri
si sono bagnati, mentre l’uomo francese, per nulla preoccupato, chiede
a uno dell’equipaggio quando verrà servito il pranzo. La barca è in
mare aperto, ancora ben distante dall’isola, ascolto distratto i
discorsi di quel gruppo d’italiani,  che,
abbastanza agitati, parlano delle onde sempre più alte, quando la
ragazza americana si alza all’improvviso guardandomi e abbozzandomi un
sorriso, un’onda molto grande fa sobbalzare il traghetto, finire tra le
mie braccia quella ragazza e la mia penna per terra, lei si scusa
imbarazzata e scende giù nella stiva. Questo avvenimento ha fatto un
bel segno di penna sul questo quaderno, che lo rende più bello, perchè
sa di vissuto. L’ondeggiare convinto della barca genera malumori e
alcuni passeggeri soffrono ancor più d’ansia e di nausea. Un attimo
dopo la porta di legno, al centro della barca, si rompe improvvisamente
e l’acqua entra abbondante lavando molte persone, il mio sguardo in
quell’ attimo  è rapito dalle pedine della dama
che rotolano indisturbate verso la poppa dello scafo. Siamo nel bel
mezzo del mare aperto in un momento di panico generale e non sono mai
stato così sereno, continuo a scrivere di tutto ciò che accade, leggero
come un soufflè. La barca arriva quasi a spegnere il motore, e ogni
persona dice la propria sul da farsi, un uomo si avvicina e mi chiede
se voglio un giubbetto salvagente, mentre una signora è quasi stizzita
dal fatto che continui a scrivere.

L’equipaggio intanto ha riparato la porta, e con l’andamento lento
della barca è tornata quasi la calma. La famiglia francese si informa
se ci sarà una merenda, mentre il ragazzo australiano si dice  entusiasta
da queste onde, e non ne fa mistero, la mia attenzione si sofferma su
quella ragazza mulatta, ha uno sguardo molto serio e gli occhi lucidi,
da subito sono il solo ad accorgermene, poi anche il resto dei
passeggeri. Ora quella ragazza piange decisa, e le lacrime le bagnano
copiose il grazioso viso, uno di quegli uomini che giocavano a dama le
si avvicina chiedendole se non si sente bene, e lei scuote la testa
continuando a piangere. Una signora le dice di non preoccuparsi e di
non avere paura che il peggio è passato, e che a breve vedremo l’isola
all’orizzonte. Quella ragazza, dopo un po’ di silenzio e con le lacrime
ancora negli occhi, disse in un perfetto inglese: Non ho paura, non
piango per questo, piango per voi e per i vostri cari. La gente si
guarda perplessa e alcuni di questi non hanno ben capito, un signore di
colore le si avvicina porgendole un fazzoletto che lei prende per
asciugarsi le lacrime, ci sono molte più persone qua sopra, perché il
mare si sente maggiormente giù nella stiva, anche se ormai i momenti di
terrore sembrano passati. Il microfono avverte che manca circa un’ora
all’arrivo all’isola, mi accorgo in quel momento della ragazza
americana, è in piedi vicino a me, e si è tolta gli occhiali, ha degli
occhi splendidi, azzurri come un lago di montagna, che guardano di lato
all’orizzonte, velati di incredibile malinconia, mi chiedo a cosa pensa
e qual’è il suo…”



Questo scritto è stato ritrovato, praticamente integro, tra i resti
delle macerie del traghetto “Ruami” salpato da Labuhan e diretto
all’isola di Sumbawa, dove una donna saudita di ventiquattro anni,
imbottita di tritolo, si è fatta esplodere provocando la morte di 57
persone e il ferimento di altre 32
 
  Inviato da Runes_Order @ 23:39:40 COMMENTI: 3  
   
Inviato da wiola.c il 25/01/2008 @ 17:57 via WEB  
splendido racconto che spero di fantasia.Se dovesse essere vero ..beh...atroce!Un caro saluto per te by Wiola  
Inviato da Runes_Order il 02/02/2008 @ 10:53 via WEB  
no no, è solo fantasia! Un saluto anche a te carissima Wiola.  
Inviato da Koi_1 il 25/04/2008 @ 14:47 via WEB  
Questo racconto è stupendo... mi ha toccato veramente... non so come spiegartelo, ma è scritto in un modo che mi piace troppo! bellissimo  
   
 
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