"Meglio essere pazzo per conto proprio ,anzichè savio secondo la volonta' altrui"
(Friedrich Nietzsche)
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Il numero della Bestia "Poi vidi un’altra bestia che saliva dalla terra: ella aveva corna simili a quelle di un agnello, ma parlava come un dragone...Ed essa fece sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, ricevano un’impronta sulla mano destra o sulla fronte, di modo che nessuno possa comprare o vendere, se non chi ha l’impronta, il nome della bestia o il numero del suo nome. Chi ha intelligenza, calcoli il numero della bestia; perché è un numero umano. Il suo numero è seicentosessantasei."
Apocalisse 13:11
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IL LICANTROPO NELL'ANTICHITA'
Gli antichi conoscevano la licantropia, o morbo lupino. Nel II secolo d.C., il medico Claudio Galeno la definiva una forma di "melanconia cerebrale" (oggi diremo schizofrenia), per cui gli uomini perdono la loro identità e vanno in giro di notte, solitamente nel mese di febbraio, credendosi lupi e comportandosi come tali. Questa è l'interpretazione scientifica del fenomeno senza l'elemento classico della metamorfosi. Il primo vero lupo mannaro la cui leggenda sia giunta fino a noi è il Re d'Arcadia Licaone, che fu trasformato in lupo come punizione per aver sacrificato suo figlio a Zeus e averne assaggiato la carne. Lo storico greco Pausania scrive che in Arcadia c'erano parecchi cannibali trasformati in lupi: potevano tornare uomini solo a patto di rinunciare alla carne umana per almeno nove anni. Nell'antica Roma, I lupi mannari, come testimonia Petronio nel "Satyricon", erano chiamati versipellis, letteralmente "rovesciapelle": di fuori avevano l'aspetto di uomini normali, ma il pelo cresceva all'interno e per la trasformazione in lupi si rovesciavano come un guanto tra infiniti tormenti. Ancora nel '500 durante I processi ai presunti lupi mannari, I magistrati tagliavano a pezzi gli accusati per cercare dentro di loro il pelo del lupo. Non lo trovavano, ma di solito era troppo tardi per riabilitare I malcapitati, ormai un po'…cadaveri. Lupo mannaro deriva dal latino medioevale lupus hominarius, uomo lupo. Identico significato hanno il termine inglese werewolf (wer è la parola anglosassone che significa uomo e si veda anche il latino vir ed il sanscrito viras), e da wolf lupo. Nel Rigveda "ladro" è un epiteto riferito al lupo; ed inoltre, un tempo, quando si impiccava un ladro, di fianco a lui si impiccava anche un lupo. Questa convergenza di significati va ricollegata al fatto che il lupo è sempre stato il simbolo dei fuggiaschi, dei reietti e degli esiliati; secondo le leggi di Edoardo il Confessore I proscritti dovevano portare una maschera di lupo. Il francese loup-garou non è che una tautologia: deriva infatti da loup garwolf (werewolf) e significa quindi "lupo-uomo". Di recente è stata avanzata l'ipotesi che garou non sia una deformazione di werewolf, ma derivi invece dal celtico garo, crudele; in questo caso il loup garou sarebbe un lupo malvagio; bisogna però notare che in questa seconda ipotesi si perde qualsiasi riferimento alla partecipazione umana nella struttura del mostro, partecipazione che è fondamentale nel mito. L'italiano lupo mannaro discende come si è detto dal medio latino lupus hominarius, in latino classico si chiamava invece versipellis, colui che cambia la pelle. L'aspetto del lupo mannaro nella sua forma umana è più o meno quello che avevano, secondo le testimonianze, I citati Garnier e Grenier: occhi infossati, sopracciglia folte e unite fra di loro, peli anche sui palmi delle mani e sulle piante dei piedi, con un dito medio eccezionalmente lungo. La loro bestialità traspariva anche nell'aspetto umano e lasciava intravedere la loro vera natura. Nella forma lupesca il lupo mannaro è del tutto diverso da quella creatura pelosa tipo uomo selvaggio cui ci hanno abituato alcuni classici film dell'orrore. Il lupo mannaro sembra un vero lupo, ma è più grosso e dotato di forza e velocità soprannaturali e, sia pur raramente si alza sulle zampe posteriori. Di solito conserva occhi e voce umana e spesso non ha la coda perché si dice, che solo Dio può compiere miracoli e le trasformazioni operate dal demonio per quanto terrificanti, risultano forzatamente incomplete. Queste storie col passare dei secoli sono uscite dalle nebbie della leggenda e si sono diluite nella cultura popolare, non senza aver contaminato nel tragitto la cavalleria medievale e lasciato tracce nei nomi animaleschi dati a mezzi e corpi militari contemporanei. Nel frattempo però lo sciamano e il guerriero-belva sono diventati dei mostri, nel preciso momento in cui è stato deciso che la loro utilità sociale fosse esaurita. La metamorfosi è diventata una malattia, il prescelto è diventato una vittima, o, peggio, un pericolo da eliminare. I "licantropi guerrieri" al loro ritorno a casa non hanno più ritrovato qualcuno che si congratulasse con loro per la battaglia, ma solo argento e roghi. E chissà perché mentre scrivo questo mi sento tanto solidale con quei poveri uomini-lupo, donne-orso, uomini-tigre, il cui entusiasmo li portava ad uscire da sé, ad immedesimarsi in qualcun altro, a cambiare pelle una volta tanto...
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