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CULTURA E GIUSTIZIA
 

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Messaggi del 12/01/2024

TERREMOTO E RICOSTRUZIONI IN IRPINIA IL RESTAURO E I PIANI DI RECUPERO DEI CENTRI STORICI MINORI.

Post n°4062 pubblicato il 12 Gennaio 2024 da antonioi0

ALCUNI CASI DI RICOSTRUZIONE: GIBELLINA

TRA I NUMEROSISSIMI PAESI DELLA VALLE, GIBELLINA È, SENZA DUBBIO, IL SIMBOLO DELLA RICOSTRUZIONE POSTTERREMOTO.

SVILUPPATOSI, ALLA FINE DEL TRECENTO, ATTORNO AL CASTELLO COSTRUITO DA MANFREDI

CHIARAMONTE, IN CONCOMITANZA CON UN PROCESSO DI RIFEUDALIZZAZIONE INIZIATO NEI PRIMI ANNI DEL

SECOLO, IL PAESE DI GIBELLINA ERA ABITATO DA GENTE DEDITA PER LO PIÙ ALL’AGRICOLTURA. PROBABILMENTE GIÀ

ESISTENTE COME CASALE IN ETÀ ARABA DENUNCIAVA PLANIMETRICAMENTE UN IMPIANTO DI TIPO MEDIEVALE,

FATTO DI ASSI VIARI CHE SI DISTRIBUIVANO SEGUENDO LE CURVE ALTIMETRICHE E RACCORDATI

PERPENDICOLARMENTE DA GRADONATE. DALLA PRIMA FAMIGLIA DEI CHIARAMONTE, GIBELLINA PASSÒ NELLE

MANI DEI VENTIMIGLIA, QUESTI AGEVOLARONO LO SVILUPPO DEL FEUDO AVVIANDONE LA PRODUZIONE GRANARIA

VERSO ALCAMO296 E IL PORTO DI CASTELLAMMARE. MA LA REALE ESPANSIONE DEL PAESE SI EBBE CON LA

FAMIGLIA MORSO DAL 1548. LO SVILUPPO FU TALE CHE NEL 1619 VENNE INNALZATO AL RUOLO DI MARCHESATO E

NEL 1643 FRANCESCO MARCHISIO MORSO VENNE NOMINATO “PRINCIPE”. OLTRE CHE PER LE VICISSITUDINI

NOBILIARI GIBELLINA COME GLI ALTRI PAESI DELLA VALLE FU NOTA PER LE LOTTE CONTADINE, SPESSO CAMUFFATE DA

MOTIVAZIONI RELIGIONE E CHIAMATE “GUERRE DEI SANTI”. NEL 1741 PER IL MATRIMONIO DI STEFANIA MORSO

CON IL PRINCIPE NASELLI, GIBELLINA PASSÒ NELLA MANI DI QUEST’ULTIMA FAMIGLIA E VI RIMASE FINO

ALL’ABOLIZIONE DEI DIRITTI FEUDALI. DOPO UN PICCO DI CRESCITA DEMOGRAFICA NEL SEICENTO, GIÀ NEL

SETTECENTO E FINO ALL’UNITÀ D’ITALIA LA POPOLAZIONE RIMASE PRESSOCHÉ STABILE NEL NUMERO E DOPO L’UNITÀ

D’ITALIA INIZIÒ UN LENTO DECREMENTO CHE VENNE ACUITO CON L’EMIGRAZIONE E L’ESODO FORZATO POST

TERREMOTO. PER QUEL CHE RIGUARDA L’URBANISTICA DI GIBELLINA, SI È GIÀ DETTO COME QUESTA SI SIA

SVILUPPATA PARTENDO DAL CASTELLO, E POI SU CINQUE COLLI: DAL COLLE DEL CASTELLO CHIARAMONTANO, IL PRIMO

NUCLEO SI FORMÒ TRA IL COLLE DI SANTA CATERINA E QUELLO DI PIZZO DI CORTE, ESTENDENDOSI POI SUI COLLI DI

MADRICE E MULINO DEL VENTO297. QUESTA ESPANSIONE AVUTASI, COME DETTO, TRA CINQUE E SEICENTO, LE FECE

ASSUMERE L’ASPETTO DI UN FAZZOLETTO LUNGO E LARGO SULLE PENDICI DEI COLLI, A 400 M SLM. GLI EDIFICI SI

ORGANIZZAVANO COSÌ SULLE CURVE E LE EMERGENZE, POCHE E COSTITUITE ESSENZIALMENTE DA EDIFICI

MONUMENTALI ECCLESIASTICI E DI ORDINI CONVENTUALI, ARRICCHIVANO LA STRUTTURA URBANA, COME LA CHIESA

MADRE, SU PIAZZA MADRICE, SORTA IN UN TEMPO IMPRECISATO MA RESTAURATA NEL 1540 E POI NEL 1660.

DOPO IL SETTECENTO IL PAESE ANDÒ ESPANDENDOSI ED ARRICCHENDOSI DI EDILIZIA BORGHESE, COME QUELLA DEL

PALAZZO DI LORENZO, SORTO NELLA METÀ DELL’OTTOCENTO298. GIBELLINA FU COMPLETAMENTE DISTRUTTA DAL TERREMOTO, SI CONTARONO 185 MORTI E 190 FERITI SU UNA

POPOLAZIONE DI 6000 ABITANTI299. SI DECISE LA SUA RICOSTRUZIONE QUASI IMMEDIATAMENTE E LO SI FECE

ANCHE SOTTO PRESSIONI POLITICHE E DI PROPRIETARI DI TERRENI ED IMPRESE COSTRUTTRICI CHE DALLA VENDITA

DELLE AREE AVREBBERO RICAVATO INTROITI ECONOMICI COSPICUI300.

INIZIALMENTE FU SCELTA UNA DISLOCAZIONE, DELLA NUOVA CITTÀ, NON LONTANA DALL’ANTICO CENTRO, IN LOCALITÀ

DETTA RAMPINZERI, FACENTE PARTE DEL COMUNE DI SANTA NINFA, MA FU RESPINTA DAL CONSIGLIO COMUNALE

IL 31 AGOSTO DEL 1969, E FU SCELTO UN NUOVO SITO A 18 CHILOMETRI DA GIBELLINA “VECCHIA”, IN TERRITORIO

DI SALEMI. IL NUOVO SITO IN CONTRADA SALINELLA FU UNA SCELTA FORTEMENTE ORIENTATA DALL’ALLORA SINDACO

LUDOVICO CORRAO CHE EBBE IN SEGUITO UN RUOLO IMPORTANTE NELLA RICOSTRUZIONE DELLA CITTÀ.

L’AGGLOMERATO URBANO SAREBBE SORTO IN LUOGO DOTATO DI INFRASTUTTURAZIONE FERROVIARIA, AUTOSTRADALE E

STRADALE, IN UNA LIEVE CONCA.

IL NUOVO IMPIANTO È, QUINDI, COSTITUITO DA DUE BLOCCHI PIÙ O MENO SIMMETRICI RISPETTO AD UN ASSE

LONGITUDINALE EST-OVEST, SUL QUALE SI POSIZIONANO LE PRINCIPALI ATTREZZATURE E SERVIZI COLLETTIVI301. MA

LA PARADIGMATICITÀ DELLA RICOSTRUZIONE DI GIBELLINA È NEL TENTATIVO DI COSTRUIRE UNA NUOVA IDENTITÀ CITTADINA, NELL’UTOPIA, FORSE, DI FONDARE O RIFONDARE UNA CITTÀ METTENDO INSIEME CONCETTI E TEORIE

AVANGUARDISTICHE, ATTRAVERSO LA PARTECIPAZIONE ATTIVA DI ESPONENTI DELLA CULTURA ARTISTICA,

ARCHITETTONICA ED URBANISTICA. IN QUESTA ILLUSIONE, DETTATA DA UNA TENSIONE ALLA MODERNITÀ, ALLA

SPERIMENTAZIONE DI NUOVE TIPOLOGIE ABITATIVE, SI OPERÒ LA SCELTA DI ESCLUDERE TOTALMENTE LO SGUARDO AL

RECUPERO, AL RESTAURO E ALLA CONSERVAZIONE NON SOLO DELLA ANTICHE CASE MA ANCHE DELLE TRADIZIONI

ARCHITETTONICHE, COSTRUTTIVE, IN GENERALE CULTURALI, PRESENTI SUL TERRITORIO O DERIVANTI DALLA STORIA DELLA

VECCHIA CITTÀ302.

LA NUOVA GIBELLINA EBBE A DISPOSIZIONE, PER LA RICOSTRUZIONE, UN TERRITORIO VASTO, CHE PORTÒ AD UN DISEGNO DISPERSIVO E AD UNA FORMA URBANA ASSAI DILATATA: L’ESTENSIONE DELLA CITTÀ NUOVA RISPETTO ALLA VECCHIA GIBELLINA RADDOPPIÒ PER UNA POPOLAZIONE DI POCO MAGGIORE AI 5000 ABITANTI INIZIALI. IL

DISEGNO PLANIMETRICO DEL NUOVO INSEDIAMENTO È DI TIPO ORGANICO, CON GEOMETRIE DI CURVE CHE ASSECONDANO LA COMPOSIZIONE ALTIMETRICA DEI TERRENI, QUESTO IN CONTRASTO CON L’ORTOGONALITÀ

STORICIZZATA DI MOLTE CITTÀ SICILIANE, ANCHE NEI CASI DI RICOSTRUZIONI POST-SISMICHE (1693)303. 3. IMPIANTO URBANO DI GIBELLINA NUOVA

QUESTA SCELTA SI DEVE ALLA VOLONTÀ DI ACCORDARSI AL PAESAGGIO, IN MODO DA SEGUIRE LE SUE REGOLE E NON

QUELLE DELLA CONTRATTAZIONE URBANISTICA, IL CHE SPESSO PORTA AD UNA SORTA DI INDECISIONE E DI DISORDINE.

AL CONTRARIO, LE TIPOLOGIE RESIDENZIALI, RIGIDE E RIPETUTE, SONO CARATTERIZZATE SOSTANZIALMENTE DA CASE A

SCHIERA IN DUE PIANI CON GIARDINO ANTISTANTE, ALTERNATE DA UNA STRADA PEDONALE ED UNA CARRABILE. MENO

RIGIDA E PER QUESTO PIÙ CONFUSIONARIA RISULTA LA DOTAZIONE DI ATTREZZATURE E SERVIZI CHE SEMBRANO

OCCUPARE SPAZI DI RISULTA, ESSENDO STATE REALIZZATE IN TEMPI DIVERSI E SUCCESSIVI RISPETTO ALLE

RESIDENZA. LE STRUTTURE COLLETTIVE FURONO IL VERO TEMA DELLA RICOSTRUZIONE DI GIBELLINA. SULLA PROGETTAZIONE DI

QUESTE OPERE, OLTRE CHE SUL DISEGNO DI IMPIANTO PLANIMETRICO, SI INSTAURA LA TEORIA DELLA “NUOVA CITTÀ

MODERNA” CHE SI VOLLE METTERE IN PRATICA IN SICILIA. A PROGETTARE FURONO CHIAMATI GREGOTTI, SAMONÀ,

QUARONI, VENEZIA, PURINI. IN QUEL CONTESTO OGNUNO PROVÒ AD ESPRIMERE LA SUMMA DELLE PROPRIE TEORIE

ARCHITETTONICHE, OGNI ARCHITETTURA COSTITUÌ L’ESPRESSIONE PURA DEL PROPRIO ARCHITETTO, SCONNESSA DAL

TERRITORIO, DALLA STORIA E, SPESSO, ANCHE DALLE RESIDENZE GIÀ REALIZZATE. POCHE LE ARCHITETTURE CHE

PROVANO A MANTENERE UNA RELAZIONE CON LA MEMORIA DELLA VECCHIA GIBELLINA, TRA QUESTE SICURAMENTE

VA RICORDATO IL PALAZZO DI LORENZO DI FRANCESCO VENEZIA, CASA-MUSEO PROGETTATA NEL 1981 E

CONCLUSA” NEL 1987. IN QUESTO PROGETTO L’ARCHITETTO UTILIZZA L’UNICO FRAMMENTO SUPERSTITE

DELL’ARCHITETTURA DELLA VECCHIA GIBELLINA, PONENDOLO IN UNA FACCIATA INTERNA AL NUOVO EDIFICIO, COME

UN QUADRO IN MOSTRA. UN MODO QUESTO FORSE NON DEL TUTTO CONDIVISIBILE IN SITUAZIONI DI NORMALITÀ MA

NELL’ECCEZIONALITÀ DEL CASO RIESCE A RECUPERARE UNA MEMORIA, A SALVARE UN PARADIGMA DELLA VECCHIA

GIBELLINA, CHE È PUR SEMPRE PARADIGMA DI UN’EMERGENZA ARCHITETTONICA E NON IL RECUPERO DELLA CITTÀ

ANTICA NÈ DI ALCUNA DELLE SUE CARATTERISTICHE CORALI E STRATIFICATE, ED È, PERÒ, UNICA EVOCAZIONE DELLA

VECCHIA GIBELLINA NELLA NUOVA DESOLANTE CITTÀ. IL PECCATO È CHE IL MUSEO SIA COMPLETAMENTE

INUTILIZZATO E ANCHE QUELLE FACCIATE SIANO ADESSO SOGGETTE AD UN FORTE DEGRADO. LA VECCHIA GIBELLINA, I RUDERI DELLA CITTÀ CHE FU FINO AL 1968, EBBERO INVECE UNA SORTE COMPLETAMENTE

DIVERSA RISPETTO A QUELLI DELLE ALTRE CITTÀ DELLA VALLE. L’IDEA INIZIALE ERA QUELLA DI FERMARE UN TEMPO E

UNA FORMA, CHE POTESSERO ESSERE LUOGO DI PELLEGRINAGGIO PER GLI ABITANTI, DOVE QUESTI, CAMMINANDO,

POTESSERO RICONOSCERVI IL LUOGO DELLA PROPRIA CASA, DELLA CHIESA, DELLA PIAZZA. UN GRANDE RETTANGOLO DI

300 X 400 METRI CON LE MACERIE RACCOLTE IN BLOCCHI E RICOPERTE DI CEMENTO BIANCO, PER UN’ALTEZZA DI

UN METRO E SESSANTA CIRCA, ERA IL PROGETTO DI BURRI DEL 1981, AVALLATO DALLA FORTE PARTECIPAZIONE ANCHE

ECONOMICA DEGLI ABITANTI DI GIBELLINA, FORSE CONVINTI DI NON VOLER ABBANDONARE AL NULLA LA VECCHIA

CITTÀ, RIPRISTINANDOLA, NON IMPORTA QUANTO ARTIFICIOSAMENTE304. TRA BLOCCO E BLOCCO, PERCORSI CHE IN

PARTE AVREBBERO RICALCATO LE STRADE ESISTENTI IN PARTE SAREBBERO STATI REALIZZATI EX-NOVO. UN’OPERA DI

LAND-ART, SCULTURA, ARCHITETTURA, URBANISTICA305, MA NON DI RESTAURO O CONSERVAZIONE. LE VECCHIE CASE,

IN PARTE CROLLATE A CAUSA DEL SISMA, IN PARTE BUTTATE GIÙ PER QUESTIONI DI SICUREZZA, IN REALTÀ NON

ESISTONO PIÙ, SONO SOMMERSE COMPLETAMENTE DALLA COLATA DI CEMENTO COME FOSSE UNA TOMBA A

INDICARNE IL LUOGO DI SEPOLTURA, QUINDI LA MORTE, LA CANCELLAZIONE. L’OPERA DI BURRI È SICURAMENTE

IMPRESSIONANTE, OGGI FORSE, PIÙ CHE ALL’EPOCA DELLA REALIZZAZIONE, MA L’EMOZIONE CHE RESTITUISCE È DI

SGOMENTO E DI PERDITA DI ORIENTAMENTO, DI DESOLAZIONE E DI APPIATTIMENTO DI QUALCOSA CHE IN REALTÀ

ERA VARIO E STRATIFICATO. GUIDO ALAMANNI SCRISSE: “ …BURRI HA PROGETTATO L’OPERA D’ARTE PIÙ GRANDE

DEL MONDO (DOPO IL PROFILO DEI PRESIDENTI AMERICANI SU MONT RUSHMORE) IL CRETTO DI CENTOMILA METRI

QUADRATI CHE RICOPRIRÀ SOTTO IL LINDORE DEL CEMENTO BIANCO LE MACERIE DEL VILLAGGIO DISTRUTTO…E QUI

IL FARAONISMO NON È TANTO DEL COMUNE QUANTO DELL’ARTISTA CHE HA OSATO OCCUPARE TANTA PORZIONE DI

GLOBO TERRESTRE (IO PREFERISCO I PITTORI CHE METTONO UN MONDO IN UN QUADRO DI CINQUANTA CENTIMETRI

PER SESSANTA A QUELLI CHE METTONO UN NULLA IN CENTOMILA METRI QUADRATI)”306 . L’ARTE DEVE

EMOZIONARE E QUESTA SICURAMENTE EMOZIONA, MA SE DOVEVA ESSERE IL “RECUPERO” DELLA MEMORIA E

DELL’IDENTITÀ DELLA VECCHIA CITTÀ, QUESTO NON È. SE È ARTE CIÒ DI CUI SI PARLA NEL CASO DI GIBELLINA

VECCHIA, IL GIUDIZIO NON PUÒ PIÙ PASSARE PER IL PIANO SCIENTIFICO, MA PASSA ESCLUSIVAMENTE PER IL

 

GUSTO, LA CULTURA E LA SENSIBILITÀ DI CIASCUN OSSERVATORE.

 
 
 

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Post n°4061 pubblicato il 12 Gennaio 2024 da antonioi0

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