Creato da: piccodgl il 29/04/2006
AFFERMANDO LA MARGINALITA' DELLA META; A PATTO CHE SI PERCORRA ONESTAMENTE LA STRADA.

 

 

Post N° 270

Post n°270 pubblicato il 21 Maggio 2008 da piccodgl
 

Non era tardissimo quando è finito il film di Stone. Era un bel film tutto sommato. Sentito, tetro, poetico. Simbolico da morire. Da stopparlo continuamente e continuamente appuntare citazioni, frasi, colori. Ho preferito però gustarmelo tutto d'un fiato.

Quando s'è fatto nero nella stanza e a splendere c'erano solo le luci della tv, dello stereo, del lettore dvd, delle casse del lettore .mp3; mi sono sentita soffocare.
Non si soffoca solo per mancanza d'aria.
Era l'assenza delle stelle a sbiadire la notte che veniva.
Ho spalancato la persiana, scavalcato la finestra, appoggiato i piedi a terra.
E a terra mi sono accovacciata, nell'umido di una serata piovosa, a scrutare i bagliori flebili, velati dalle nubi, però visibili.

Non mi abbandonava una sensazione d'inquietudine, dopo la scena di Morrison ad occhi semichiusi nella vasca da bagno. Un parallelismo fin troppo banale m'ha messa KO, nemmeno le stelle hanno stanato l'ansia dagli angoli bui del pensiero: sono tornata sul letto con le chiappe umide di pioggia.

Il sonno non ha stentato ad ammantarsi sui miei capelli e dormivo già profondamente quando, come Morrison; sei morto anche tu.
Sto seduta a gambe incrociate sul tuo letto, è quasi buio. Accanto a me una persona che non conosco mi racconta chi eri. Piange, io scrollo la testa ogni volta che infila le mani nel tuo cassetto, nei tuoi scaffali, nel tuo zainetto da quinta liceo per porgermi libbre di te.
Nonononono...non è possibile no...ripeto quasi in trans. Quando il dramma non è pomposo, come non lo è mai negli incubi.

Ed è giustificata la mia calma apparente di fronte all'esplosione di nervi di quel ragazzo che so , nel sogno, essere tuo amico. Il suo dolore ha senso, il mio no. Questo mi sconvolge quanto la tua morte di cui non so nulla.
Penso che te ne sei andato prima che potessi conoscerti. Prima che i nostri baci diventassero la quotidianità. Prima che l'affetto si tramutasse in amore.

Mentre l'apparente sgomento -quieto- lascia spazio ad una contrazione degli occhi, quel sadico amico mi declama il tuo epitaffio sbrodolandomi addosso in qualche minuto tutto quello che avrei voluto scoprire solo insieme a te.
Ma tu non ci sei più e mi torturo assieme a lui con ricordi, parole, disegni, foto, appunti, dischi, bottiglie vuote. In quella ricerca del dolore fino all'ultima goccia.

...Dalla contrazione degli occhi ad un pugno sbattuto sul materasso, e poi urla a non finire. I ruoli si sono ribaltati e lui inizia a tranquillizzare me; senza forza, immaginando che non fosse possibile frenare le mie grida.

L'orologio blu batteva le 05.09, i miei occhi erano gonfi di pianto ed ho continuato a piangere per tutti i minuti che m'hanno separata dalla consapevolezza piena che si trattava di un orribile proiezione notturna.
Sei vivo, e che cazzo.
Sei nel tuo letto. Col coprimaterasso strappato.
E' il cadavere di Morrison appeso a tutte le pareti. Non il tuo, il suo.

L'orologio blu batteva le 05.35 e non smettevo di piangere. Ma perché? Avevo capito che si trattava di un incubo. E nel realizzarlo avevo sputato fuori l'inquietudine: niente era reale. Ma continuavano a scendermi le lacrime, e mi ripetevo no no no no no no...
Alzandomi di scatto, al buio, sono barcollata nel sonno fino alla sedia. Sbattuti lì i vestiti del giorno prima. Ho afferrato la mia maglia nera, l'ho stretta al viso, al petto, al collo. Ho ripreso sonno fra le lacrime.

L'orologio blu batteva le 09.30 quando mi sono svegliata. La maglia era fradicia, letteralmente. I capelli arruffati, crespi, sparsi sul viso come quelli di un corpo morto appena ripescato dal ciglio dell'acqua. Pancia in giù, braccia incrociate sotto il cuscino, gambe rannicchiate. Il volto sprofondato nel nero del piccolo lembo di stoffa, le crosticine delle lacrime sulle guance, sulle ciglia, sulle dita, sui lobi delle orecchie.

Devo aver singhiozzato per ore, senza accorgermene stavolta. Un pianto immotivato lenito dall'odore di una maglia nera.





 
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Post N° 269

Post n°269 pubblicato il 20 Maggio 2008 da piccodgl
 

Stesa a pancia in sù; la tua febbre sull'incavo del mio collo.
La sigaretta fuma, The Doors suonano, la pioggia cade e non cade.
Perciò -penso- ne valeva davvero la pena.

Di correre, di stomacarsi a forza di pianti, di sporcare d'inchiostro quintalate di carta.
Di chiedersi se sarebbe mai tornata.
Se sarebbe arrivata.
...mi sa che ho pastrocchiato con le forme verbali: correggetemi; vado di fretta.


Ci guardiamo, e non c'è niente da dire.
Verde nel verde e torna Faber: gli occhi grandi color di foglia... Mi lascio cullare. Dalle mani che si cercano, dal buco enorme nel coprimaterasso, dai capelli profumati.
Non c'è da dire nulla; ci osserviamo. Ogni centimetro di pelle, tutti i pori del viso.
Mi sfiori i capelli.
Io ti bacio in fronte.

Scatta quel tuo sorriso incontenibilmente puerile.
Guardarsi come la prima occhiata piena di pianto quando siamo venuti al mondo.
Ascoltarsi come la prima volta che ho sentito Beethoven risuonare dal piatto unto e bisunto dei miei genitori.
Toccarsi come il primo vestitino pieno di pieghe in prima elementare. Nascosto sotto il grembiule ma comunque bello. Bellissimo.
E a ruota corre il mio, di sorriso, ai lati della bocca. Occhi negli occhi a dire: e adesso? ...adesso; come la mettiamo?

Chissene. In qualche modo si metterà da sola. Fin qui c'è arrivata da sola, questa storia. Io credo che non avrà problemi a gestirsi.

Mi prendi le dita fra le tue, io chiudo gli occhi e tiro di nuovo dalla sigaretta.
E di nuovo, incessantemente, nei tuoi baci assaporo Faber: non credevi che il paradiso/ fosse solo lì al primo piano...

 
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Post N° 267

Post n°267 pubblicato il 16 Maggio 2008 da piccodgl
 

Sciolgo gli occhi e libero i pensieri.
Rincorro i minuti, mi aggrappo al tempo.
Potrei morire adesso... e morirei con la gioia nel corpo.
Costruisco l'orma e la riempio di senso anche quando non cen'è; di senso.
Sono felice, di una pienezza che ancora non ho indagato nemmeno io. Non so cosa provo, quanto siano reali i momenti che vivo; ma ha importanza?
Non posso farci niente se ho pensato di amarti.
Lo penso ancora, probabilmente. Lo vivo.

La mia felicità, ne sono sicura, si nutre anche di questo filo di paura che non mi fa dormire nelle notti in cui dormire sarebbe l'unica cosa da fare per sotterrare il tempo.
In fondo, se Alice non avesse seguito il bianconiglio; col cazzo che l'avrebbe trovato il suo mondo meraviglioso.
E certo che aveva paura.
Abbandonare sé stessi e seguire una chimera fa spavento. E quel coniglio alla fine c'era davvero o l'ha immaginato Alice, magari dopo essersi trippata l'LSD invece di leggere un buon libro?
...E soprattutto, ha davvero importanza la realtà del coniglio?

Potrei dire che sei qui vicino a me eppure tu sei abbastanza lontano.
Potrei anche dire che ti trovi davvero sdraiato al mio fianco quando sento nella mia stanza la tua risata soffocare nel raffreddore che come me ti trascini cronico.
Niente di tutto questo è stato reale. Non è vero niente. Però vive e si manifesta la sua verità nelle emozioni provate.
Eppoi quale senso ha pensarci così tanto.
Dal primo momento in cui nella mia testa siamo esistiti "noi"; ho lasciato l'ombra fresca della mia quercia e ti ho seguito, chimera profumata, fin nella tua tana.
Ho mangiato nel tuo piatto, fumato sul tuo posacenere, pisciato nel tuo cesso e riposato nel tuo letto.
Ho assaggiato le tue labbra, i tuoi centimetri di pelle sudata.
Io ho preso forte la stretta della tua mano.
E in quel momento, per quel secondo, non ho avuto paura.


Ho camminato dietro al bianconiglio, ho ascoltato la sua musica, leccato il suo odore, morso la sua pelle. Non posso rifuggirlo, questo.
Tutto ma non questo. Questo; ha molto più significato del resto.
Il fatto che ti ho seguito fin nel tuo mondo. Sono in apnea, mi manca il fiato e mi vorrebbero sostenere che ha la minima importanza se il roditore esiste? Se l'ho visto solo io, se non c'era proprio, se l'ho voluto vedere o se -magari, magari...- invece mi ha veramente condotta nella sua tana?
Indipendentemente da te, da me, e da quel "noi" di cui bramo le conseguenze, rimane fermo il fatto che ho lasciato tutto per seguire te. E l'ho fatto veramente.

Ero fiera della mia volontà ritrovata: fiera di non doverli più amare tutti per poterli tenere vicini a me. Ero discretamente al sicuro, abbracciata dalle fronde verdi e sorretta da quel ramo di quercia grande e profumato di resina.
Certo, se avesse cominciato a piovere sotto al mio albero, mi sarei comunque bagnata... ma solo un'alluvione mi avrebbe trascinata via.
Solo il più tremendo dei cataclismi avrebbe potuto, che so, uccidermi.
...Ed io, alla vista degli occhi verdi del bianconiglio, sono sprofondata -di nuovo- nel bisogno della meraviglia. E l'ho seguito, come avrebbe fatto un bambino piccolo con la palla che rotola in fondo alle frasche. Al limite del bosco.

Solo che adesso, se iniziasse a piovere -e potrebbe anche farlo: il cielo è nuvoloso benché spiri vento caldo- io verrei sommersa dalla pioggia. E' scomparso all'orizzonte il ramo che mi sorreggeva a cavalcioni e anche il tetto di foglie.
Tutto nelle zampette rapide della chimera, reale o presunta tale, a cinquanta e passa chilometri da qui.



 
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Post N° 266

Post n°266 pubblicato il 14 Maggio 2008 da piccodgl
 
Foto di piccodgl


Non c'è stato un momento in cui l'ho capito.
Però c'è stato un momento in cui hai slacciato il fiocco di seta nera da dietro alla mia nuca ed ha delicatamente appeso al chiodo la maschera di cartapesta colorata di rosso e di bianco.
Magari già la prima notte. Faceva un freddo.

Enumerare quelle minuscole attenzioni che mi hai sempre riservato non servirebbe a giustificare il senso di impotenza che ho provato, quasi istantaneamente, di fronte alla tua presenza.
Alla tua persona.
Disarmante pensare a quanto ho potuto sorridere la notte che ci ha presentati fianco a fianco. Impotente io, come ho detto, nel resocontare alle cinque del mattino davanti alla città che stava addormentandosi allora che TU STAVI GIA' NEI MIEI PENSIERI.

Scoprire giorno dopo giorno (qualche volta settimana dopo settimana) che provavamo le medesime sensazioni mi ha catapultata indietro nel tempo.
Prima volta che accade; perché a 23 anni non puoi pensare di avere così tanti "dietro" da contrapporre ai "davanti" del quotidiano che vivi.
Quando ti vedevi poco, non stavi sempre assieme, e cominciava a gontare l'emozione già qualche ora prima dell'incontro.
Incontri prima casuali, poi casualmente costanti, poi costantemente cercati.
Quando ti facevi gli squillini a distanza di ventiquattro ore precise precise e aspettavi qualche minuto (sempre meno di dieci; ma più di cinque) per ricambiarne uno.
Quando chiedersi
cosa fai, dove sei, ti diverti era tutt'un modo per sentirsi accanto; e la timidezza di un Qualcosa che nasce non lasciava troppa iniziativa alle altre spavalderie.
Tutto risplende nella sua patina adolescenziale come anni addietro.


E adesso senza maschera ho mollato gli ormeggi: è ora di andare.
Incontro a qualsiasi tempesta, pur di non smettere di sentire quello che sento.
Ho trovato un braccio caldo appoggiato sul mio fianco sinistro.
Una mano intrecciata alla mia con la stretta decisamente impegnativa.
Ho trovato un bacio di una dolcezza disarmante. Sentito, voluto, atteso.
Non un bacio rubato; un bacio legittimamente preteso.

"Poi d'improvviso mi sciolse le mani
e le mie braccia divennero ali
quando mi chiese "conosci l'estate?"
io per un giorno, per un momento,
corsi a vedere il colore del Vento".


 
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Post n°265 pubblicato il 11 Maggio 2008 da piccodgl
 


...e ti sembra di andar lontano

lei ti guarda con un sorriso

non credevi che il paradiso

fosse solo lì al primo piano....

F. de André; Via del Campo



 
 
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