Creato da fabbri.giancarlo il 08/08/2012
Giancarlo Fabbri giornalista freelance

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Messaggi di Giugno 2017

Livia non si arrende

Post n°1026 pubblicato il 29 Giugno 2017 da fabbri.giancarlo
 

Livia 01 Scagliarini

San Lazzaro (Bologna)

Conoscendo la mia passione per la storia locale, e per le storie vere di vita vissuta, un’amica di San Lazzaro mi ha dato da leggere “Non mi arrendo” di Livia Scagliarini dicendomi che mi sarebbe piaciuto. Si tratta di un libretto di ottanta pagine nemmeno tanto recente, edito nel 2016 dalla Europa Edizioni, di un’autrice che non conoscevo pur frequentando San Lazzaro, dove vive, da oltre vent’anni. Con piacere posso dire che si legge d’un fiato e che per molti anziani sarà come rivedere un film già vissuto girato, in gran parte, in bianco e nero.

“Non mi arrendo” è la storia di una vita, quella di Livia, spesso ferita da circostanze dolorose che invece di abbatterla le hanno dato stimolo e forza di dedicarsi a chi era, e a chi è, più sfortunato di lei. Vincendo i timori iniziali ha scritto di sé per partecipare a un concorso del periodico “LiberEtà” del sindacato pensionati Spi-Cgil. Fu attratta dal tema del 2011 “Per una vita di lavoro e di impegno sociale” che sentì suo. Non fu tra i sei finalisti, i cui testi furono pubblicati, ma non si diede per vinta facendone stampare 700 copie da una tipografia, per metterlo in vendita con parte dell’incasso devoluto all’onlus Anffas Bologna (Associazione famiglie disabili intellettivi o relazionali. Un testo che è piaciuto con Livia che ha poi inviato quel libro fatto in casa alla Europa Edizioni che l’ha edito per farlo conoscere al pubblico.

Livia è nata nel 1947 in una casa colonica, in quel di Molinella, dove la famiglia viveva, scrive, «in uno stanzone con camera e cucina divise circa a metà da un lenzuolo “a mo” di tenda, naturalmente senza bagno». «E fu una conquista ottenere dal Comune una casa nel centro del paese». Finite le scuole medie il suo sogno era di studiare Ragioneria ma, purtroppo, a Molinella allora non c’erano le superiori e per andare a studiare a Bologna ci volevano molti soldi. La prima esperienza lavorativa, non retribuita, fu per otto mesi nella segreteria della scuola media, una sorta di formazione lavoro, che gli permise di imparare a scrivere a macchina e gestire un archivio e in seguito, iscrivendosi a dei corsi, di diplomarsi in stenografia e dattilografia che gli permisero di essere assunta come impiegata in un magazzino.

A 17 anni il fidanzamento con Paolo, che ne aveva 18, il matrimonio, la nascita di Andrea nel 1971, e nel 1974 di Fabio che si ammalò a poco più di un anno di età e rimase per sempre menomato. Poi l’entrata come dipendente nel mondo cooperativo, la morte di Andrea in un incidente stradale nel 1996, la pensione nel 2000; infine l’impegno a tempo pieno nel volontariato. Messo così è il sunto di una vita normale che nel libro è un invito a non arrendersi mai perché «nei momenti più difficili della vita una via d’uscita la si trova sempre ed è importante non rinunciare mai a essere se stessi».

Giancarlo Fabbri

 
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“Antiche storie di libri e di vita” è l’ultimo libro di Zucchini

Post n°1025 pubblicato il 29 Giugno 2017 da fabbri.giancarlo
 

Zucchini 01 Gianluigi

Nelle scorse settimane un amico mi ha donato l’ultima opera di Gian Luigi Zucchini a titolo “Antiche storie di libri e di vita. Bologna, 1934-1955” edito dalla Pendragon di Bologna. Zucchini lo conosco da 26 anni come cofondatore e redattore del semestrale culturale “Savena Setta Sambro” di cui cura le pagine dedicate all’arte figurativa, e come poeta. Visto il periodo a cavallo della seconda guerra mondiale avrei omesso quel “antiche” dal titolo ritenendo più attinente, un “Storie di libri e di vita”. Questo è l’unico appunto che ritengo di fare a un libro che contiene una ben scritta storia di vita personale dell’autore.

Una storia travagliata che non conoscevo. Lo immaginavo di famiglia abbiente passato senza difficoltà dalle medie al liceo classico e infine all’Università. Studi effettuati anche se minati, e allungati nei tempi, da difficoltà economiche e da una lunga malattia, col libro che pare una manifestazione di amore e gratitudine verso zia Giorgina, che gli aveva sostenuto gli studi, sorella della madre Vittorina che lo lasciò orfano. Per il piccolo Gian Luigi, rimasto solo col padre calzolaio, la perdita della madre fu un trauma parzialmente mitigato dall’amore che gli donava la zia Giorgina assieme agli sproni a continuare gli studi.

Poi a rendergli ancora più difficile la vita ci si mise anche la guerra, i bombardamenti, lo sfollamento a Minerbio da parenti, la coabitazione con i tedeschi, e le prime deludenti esperienze lavorative. Un libro da leggere. Anzi che dovrebbero far leggere a quei giovani che vanno a scuola con abiti, zaini e accessori firmati che, vivendo negli agi, non riescono a credere alle storie vissute che gli raccontano i nonni. Gian Luigi bambino trovò in casa due o tre libri di sconosciuta provenienza ma l’amore per i libri e per la lettura, divenuta onnivora, giunse tardi. E mi piace qui lasciare a lui stesso la parola.

«Non è facile parlare di libri in un libro. Sembra che i libri siano cose a sé, invece ci lasciano sempre qualcosa. Certo dipende anche dai libri che si leggono. Però ho sempre trovato nei libri qualcosa che mi ha aiutato a reggere il peso, a volte insopportabile, di certe situazioni. E così, quasi per sdebitarmi, ho cominciato a scrivere, senza sapere che cosa: ricordi, impressioni, idee, fatti, turbamenti, angosce? Un po’ una cosa un po’ un’altra e pagina dopo pagina, è uscito un libro».

Gian Luigi Zucchini giornalista, critico d’arte, docente universitario ha alle spalle una lunga carriera accademica e giornalistica. Nemmeno ventenne inizia l’insegnamento nelle elementari, in città e in piccole località di montagna, continuando gli studi universitari, e già due anni dopo collabora col quotidiano “L’Avvenire d’Italia” che si stampava a Bologna. Dopo la laurea è docente universitario insegnando fino a qualche anno fa, conferenziere e collaboratore di quotidiani e periodici sparsi per l’Italia. Gian Luigi Zucchini è poi autore di una ventina di libri, su argomenti vari come la musica, le arti e i beni culturali. Ha poi pubblicato un romanzo e una biografia su Giovanni Pascoli.

 
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Domenica il “Palazzo della cultura” sarà dedicato a Tonino Pirini

Post n°1024 pubblicato il 20 Giugno 2017 da fabbri.giancarlo
 

Pirini 11 Tonino

Ozzano (Bologna)

Alle 9.30 di domenica 25 giugno il “Palazzo della cultura” di piazza Allende 18 a Ozzano – che contiene la Biblioteca adulti, la Biblioteca ragazzi, la sala “Città di Claterna”, la sala “Giorgio Grandi”, la mostra “Museo Città romana di Claterna”, e sedi di associazioni culturali – sarà dedicato a Tonino Pirini. La cerimonia si terrà in sala “Città di Claterna” con interventi di Ermenegildo Bugni segretario provinciale Anpi, degli ex parlamentari Franco Chiusoli e Mauro Olivi, del presidente della Banca di Bologna Enzo Mengoli, del sindaco Luca Lelli, dell’ex sindaco Mario Teodoro e del pronipote Mauro Pirini.

Al termine dei discorsi sarà proiettata una sintesi dell’ultima video intervista a Tonino, poi la scopertura della targa che dedica il centro culturale di Ozzano a Pirini, infine la conclusione della cerimonia commemorativa con un aperitivo. Nello stesso edificio dalle 8.30 alle 9.30, e dalle 16.30 alle 18.30, sarà possibile visitare una mostra che espone documenti storici, fotografie e onorificenza di Tonino Pirini.

«E’ importante che le scolaresche partecipino alle celebrazioni del 25 aprile nel ricordo della lotta di resistenza e della liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Ci fa sperare che nel futuro la resistenza riviva nelle nuove generazioni». Parole di Pirini che raccolsi nel 2007 per una rivista ozzanese. Una sorta di testamento spirituale del sottotenente partigiano “Leone” che ha superato il fronte della vita lo scorso 26 giugno dell’anno scorso a 96 anni di età. Un Pirini sempre elegante, rispettoso degli altri ma orgoglioso del suo passato e delle sue idee, era un gentiluomo d’altri tempi. Un personaggio che ha fatto la storia di Ozzano anche se nato a Castel San Pietro l’11 gennaio 1920.

Nel 1937 si trasferì a Ozzano dove fu chiamato alle armi e inviato a L’Aquila e a Chieti dov’era l’8 settembre 1943. Come altri si tolse la divisa e tornò a casa, sfuggendo ai tedeschi, per unirsi al battaglione “Pasquali” della IV brigata “Venturoli Garibaldi” con il nome di battaglia “Leone” raggiungendo poi il grado di sottotenente. Dopo la liberazione fece parte del Comitato di liberazione nazionale (Cln), organizzò la sezione del Pci ozzanese, fu eletto segretario dell’Anpi e amministratore della Cooperativa di consumo del popolo.

Tonino Pirini è stato salutato davanti a quel municipio che per anni fu la sua seconda casa; consigliere comunale dal 1951, sindaco dal 1955 al 1958 fu destituito dalla carica di sindaco, dal prefetto di Bologna, dopo aver subito una condanna per aver espresso solidarietà ai lavoratori che si erano opposti allo sfratto forzato dei sindacati e dei partiti di sinistra dalla Casa del popolo (ex Casa del fascio) di Ozzano. Negli anni seguenti fino alla rielezione a sindaco, in carica dal 1965 al 1976 poi assessore dal 1976 al 1982, Pirini fu sindacalista nella Cgil, socio fondatore della Cassa rurale e artigiana di Ozzano (oggi Banca di Bologna) di cui fu presidente per dieci anni. Come sindaco rieletto nel 1965 aveva impostato il primo Piano regolatore, realizzato scuole e servizi, avviato l’industrializzazione del territorio. A 90 anni di età, e anche oltre, era nel direttivo locale Spi-Cgil, nella Commissione per la cultura, revisore dei conti del Centro anziani, presidente dei garanti Pd, presidente dell’Anpi e della Commissione per le celebrazioni civili. Nel 2004 fu insignito, assieme a Marco Vacchi (Ima), del premio “Torre d’oro”, dal sindaco Valter Conti; e nel 2010 del titolo di Cavaliere della Repubblica dal presidente Giorgio Napolitano.

Mi piace pensare, come faceva fino a qualche anno fa, che Tonino ci abbia lasciato pedalando senza fretta in sella alla nera lucida Bianchi, classica con i freni a bacchetta, come un gentiluomo d’altri tempi.

 
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Nodo di Rastignano, alla Festa dell’Unità, con Donini e Monesi

Post n°1023 pubblicato il 20 Giugno 2017 da fabbri.giancarlo
 

ZZZZ Assemblea 03

L’assemblea del marzo scorso con Donini, Monesi, Minghetti e i sindaci della Val di Savena

Pianoro (Bologna)

Dopo l’assemblea pubblica, svoltasi il 14 marzo nell’aula magna delle scuole medie, alle 20.45 del 23 giugno alla festa dell’Unità di Carteria torna un’occasione per fare il punto sul “Nodo di Rastignano” e non soltanto. Si tratta di un incontro pubblico con l’assessore regionale alle infrastrutture e alla programmazione territoriale Raffaele Donini, col consigliere delegato della Città metropolitana Marco Monesi, e con il sindaco di Pianoro Gabriele Minghetti, su temi come: “Trasporto pubblico, infrastrutture e pianificazione urbanistica”. Con la speranza di ricevere notizie certe sui 110 milioni di investimenti che aveva promesso oltre un anno fa il governo Renzi, poi confermato dal governo Gentiloni per voce del ministro alla Coesione territoriale Claudio De Vincenti, per il cosiddetto “Patto territoriale per Bologna”. Finanziamento che comprende 30 milioni di euro, spendibili subito, da destinare alla realizzazione del secondo lotto del Nodo di Rastignano.

Trenta milioni di euro per un’opera che dalla rotatoria del Trappolone in territorio di San Lazzaro, purtroppo ancora da realizzare, con un lungo viadotto scavalcherà la ferrovia “Direttissima” Bologna-Prato, la via Andrea Costa (Sp 65 “della Futa”) e il torrente Savena per poi congiungersi alla strada di Fondovalle Savena (via De Gasperi) e alle vie Torriane e del Paleotto. Opera stradale che a oltre quarant’anni dai primi progetti dovrà finalmente allontanare il traffico dal centro di Rastignano bay-passando la strozzatura viaria esistente dal ponte del Paleotto al ponte di San Ruffillo. Anche pochi giorni fa, con un’altra rottura di acquedotto al ponte Savena di San Ruffillo, che ha formato file chilometriche, si è avuta la dimostrazione che la nuova viabilità è assolutamente indispensabile per la vallata e per la sua economia.

A detta di tutti, soprattutto dei residenti di Rastignano, occorre infatti ridurre il più possibile il tempo intercorrente tra il completamento del primo stralcio in realizzazione (alla rotatoria Mafalda di Savoia di via Corelli alla rotonda del Trappolone), oggi previsto entro il 2018 con un anno di ritardo, e l’avvio del secondo. Infatti il primo stralcio toglierà senza dubbio traffico dalle bolognesi vie Toscana, del Pozzo, Filippini, Ponchielli e Foscherara ma non certamente dal cuore di Rastignano sia esso a est o a ovest della vecchia linea ferroviaria.

Mi piace ricordare che anni fa si fecero manifestazioni in strada dalla Pedagna, al confine con i comuni di Bologna e San Lazzaro, fino alla chiesa di Rastignano. Iniziative di popolo organizzate dal consiglio di frazione di Rastignano con in testa, alleati, due avversari politici come Alberto Monti (Pci) e Paolo Bagnoli (Dc). Oggi, invece, c’è quasi un clima di rassegnazione da parte di cittadini che sono forse diventati un po’ troppo individualisti, inerti e silenti nei confronti delle istituzioni.

 
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Già in edicola la natura, la storia e le storie delle valli bolognesi

Post n°1022 pubblicato il 13 Giugno 2017 da fabbri.giancarlo
 

Adriano 01 Daniele

Da sinistra la copertina del 52, Adriano Simoncini e Daniele Ravaglia

Appennino bolognese

Con una gran festa al Chalet di Val Serena, in quel di San Benedetto Val di Sambro, lo scorso 11 giugno è stato presentato il 52° numero del semestrale di storia, cultura e ambiente “Savena Setta Sambro” edito da Minerva per conto dell’omonimo Gruppo di studi storici con sede a Monzuno. A rimarcare l’importanza dell’evento la presenza di amministratori locali dell’Appennino e di personalità della cultura.

Un numero 52, appunto stampato e distribuito a Bologna dalla casa editrice Minerva, che è già disponibile anche nelle edicole dei sei comuni interessati dal Gruppo di studi: Castiglione dei Pepoli, Grizzana Morandi, Loiano, Monghidoro, Monzuno, Pianoro, San Benedetto Val di Sambro e Sasso Marconi. Il suo sottotitolo: “Rivista semestrale di storia, cultura e ambiente” evidenzia i suoi indirizzi di documentazione, raccolta e divulgazione su quanto riguarda la ricerca storica, geofisica, naturalistica, culturale e artistica della montagna.

Un “libro di conservazione e tutela della memoria locale”, che ha come condirettori il presidente del Gruppo di studi Daniele Ravaglia, direttore generale di Emilbanca, e lo scrittore Adriano Simoncini dove i 36 articoli che lo compongono formano, con i volumetti precedenti, una sorta di enciclopedia storica del territorio locale. Il volume in brossura, sobrio ed elegante come si addice a questa rivista che da 26 anni colma un precedente vuoto culturale sentito sia dagli studiosi della montagna bolognese, che dai tanti appassionati di storia locale.

Grazie a questa rivista è possibile approfondire lo studio del tessuto antropologico e naturalistico di questo territorio ricco di testimonianze storiche. E raccogliere l’intera collana, ma non tutti gli arretrati sono disponibili, è come avere nella propria biblioteca, o in quella della scuola un patrimonio culturale e storico che cresce ogni anno. La rivista in questo numero è di 224 pagine con interventi, articoli e saggi brevi accompagnati da immagini, quasi tutte inedite, con un vasto ventaglio di argomenti per poter accontentare ogni persona che ami questi luoghi. Per informazioni, abbonamenti e arretrati consultare il sito web del gruppo di studi: www.savenasettasambro.com o inviare una e-mail all’indirizzo: redazione@savenasettasambro.com.

 
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