Creato da fabbri.giancarlo il 08/08/2012
Giancarlo Fabbri giornalista freelance

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Messaggi del 13/08/2012

Ci siamo bevuti rii, torrenti e fiumi

Post n°8 pubblicato il 13 Agosto 2012 da fabbri.giancarlo

Da che mondo è mondo è normale che d’estate la portata idrica dei corsi d’acqua della nostra regione diminuisca. Ma non è normale che torrenti e fiumi siano addirittura ridotti a secche pietraie con pesci bolliti nelle sempre più rare pozzanghere. Spesso i pesci sono morti per anossia, per l’alta concentrazione di liquami e pesticidi dovuta all’evaporazione dell’acqua, o per versamenti di sostanze tossiche. Un fenomeno che ha il suo acme proprio nel periodo precedente la chiusura per ferie delle attività produttive. La dimostrazione più eclatante, nei giorni scorsi ad Anzola, col torrente Ghironda che aveva assunto una colorazione, artificiale, verde smeraldo. Anche per la tropicalizzazione del clima i nostri corsi d’acqua sono diventati come uadi, fiumi fossili, dei deserti africani o mediorientali.
Riguardo all’acqua potabile molti pozzi sui conoidi di pianura sono stati chiusi per evitare la subsidenza dei suoli; e i fiumi ce li siamo bevuti. Infatti dalle montagne non scende più acqua come una volta anche perché quasi tutte le sorgenti che alimentavano i rii sono state incanalate negli acquedotti. Con l’assurdo che d’estate, per aumento di utenza data da villeggianti e turisti, si riporta l’acqua a monte con autobotti, per riempire i depositi, spendendo migliaia di euro.
Come al solito si chiudono i rubinetti quando non c’è più acqua. E come tutti gli anni si torna a parlare, a solo a parlare, di realizzare a monte invasi che trattengano l’acqua. Un esempio è dato dalla diga di Castrola di cui si parla da oltre trent’anni, con progetto abbandonato nel 2003, che non è prevista dal Piano territoriale di coordinamento provinciale (Ptcp) e nemmeno dal Piano regionale di tutela delle acque (Pta). Con richiesta d’acqua potabile e irrigua in aumento.
Da anni si gridano allarmi poi dimenticati alla prima pioggia per ritrovarci, l’estate successiva, con una situazione peggiorata e anche con l’agricoltura in ginocchio. Se poi scoppia un incendio boschivo nel nostro Appennino, che richieda lanci d’acqua dall’elicottero, nelle vicinanze c’è soltanto il lago di Castel dell’Alpi. O qualche laghetto per la pesca sportiva. Non resta, quindi, che chiedere l’intervento di un qualche sciamano per una danza della pioggia. Se poi piove, grazie all’impermeabilizzazione dei suoli, l’acqua se ne corre impetuosa verso il mare facendo disastri. In molte zone gli alvei dei torrenti sono come foreste con le radici degli alberi piantate (per modo di dire) nella sabbia e nella ghiaia. Ma sembra che nessuno veda e… provveda.

 
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