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Che dolce prendi ?

Post n°31 pubblicato il 20 Febbraio 2007 da scollopax
Foto di scollopax

Quando esco e ordino qualcosa in un locale (ristorante, pub, bar, ovunque), magari il dolce più buono del mondo, gli chiedo se anche lei prende qualcosa... e la risposta è sempre, o quasi, la solita: "No, semmai ne assaggio un po' del tuo".
Ma perché? Voglio dire, è il dolce più buono del mondo, ho mangiato per un'ora pensando a questo momento, immaginando il sapore del dolce sulla mia lingua... quei dolci buonissimi e piccoli, minuscoli, che si perdono in grandi piatti da nouvelle cuisine. Ne ho cinque forchettate ben messe, o una decina, se le faccio piccole per far durare più a lungo quel piacere. Già non mi basta la mia porzione... E devo dargliene un po' a lei. Io non glielo voglio negare. Ma dico: porca miseria, prendine una porzione e avanzala. Avanzala, non fa niente, la mangio io , butto via dei soldi ma almeno mi godo questo sottile piacere della vita. Macché... Lo mangio vivendomelo male. Malissimo. Perché non so quando attaccherà.
E, come in tutti i dolci che si rispettano, c'è una parte buona e una meno buona. La logica, se io fossi senza rompiscatole appostati come avvoltoi, mi direbbe di mangiare prima la parte meno buona (per esempio la crosta se è una crostata) e poi godermi la migliore in poche ma favolose forchettate, in un piacere così totale che cancella per un minuto tutti gli orgasmi che hai avuto(qua , mi sa che ho esagerato un po...)

Nel tempo ho avuto modo di adottare diverse tecniche. La prima:mangio tutto in velocità (ma il piacere è inquinato da questa fretta) e alla fine la guardo desolato e triste dicendogli: "Amore, scusami, l'ho mangiato tutto e me ne sono scordato... ne ordino un altro...". In quel momento la vedo combattuta e penso “mi odierà. Sicuro mi odierà. Ma solitamente non dice nulla oltre al semplice "Fa niente..." ingoiando un po' di bile.
La seconda: mangio questo dolce preso dal panico. Non posso mica partire dalla crosta... Di solito, per uscire da questa situazione gli ricordo il fattaccio. "Prendine pure un po'...", porgendogli il piatto. Se mi va bene, si prende i due pezzi migliori, ma almeno l'agonia è finita. Mangerò quello che mi rimane in tranquillità.
Se mi va male, mi risponderà la seconda frase peggiore dopo "ne assaggio un po' del tuo": "No, avanzamene un po'". Un po'?! Che è "un po'"? Quantificami "un po'". Quanto gli avanzo, e che gli avanzo? Mica posso dare la crosta. No, porca miseria, la crosta me la mangerò io, e a lei dovrò dare la parte buona, per giunta un bel pezzetto, mica posso fare la figura del pidocchioso.
Ma la terza possibilità purtroppo vede lei che all'improvviso, come un felino, fa volare la sua forchetta (o il cucchiaio, dipende dal dolce) nel mio piatto, portandosi via un bel pezzo, magari quello che avevo evitato di mangiare per gustarlo alla fine. E continua tranquilla e beata in questa sua tortura, afferrando ogni pochi istanti un altro dei pezzi migliori, fino a mangiarli tutti. Tutti i miei pezzi migliori. Mi fa incavolare. Ho sognato quel dolce. Sono venuto in questo locale proprio per quel dolce. Io me lo sono ordinato. Tu non l'hai voluto. Accidenti, potevi prenderlo e non l'hai voluto. E ti sei mangiato il mio.
 
 
 
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