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Editoria a pagamento - considerazioni finali

Post n°6 pubblicato il 18 Novembre 2012 da scrittorifrontiere

Diciamoci la verità: la maggior parte di ciò che gli editori ricevono, è di pessima qualità. Saper pestare su una tastiera e mettere insieme qualche frase di senso (si fa per dire) compiuto, non trasforma in scrittori provetti. Ci vuole ben altro. Senza contare che gli aspiranti scrittori non si informano sulle procedure da seguire; molte case editrici (la maggior parte), accettano di valutare solo testi trasmessi da agenzie letterarie o da editor con i quali collaborano, anche perché non hanno tempo (né possono permettersi di perderlo) per stare dietro a tutto quello che arriva nelle loro caselle postali, che molto spesso finisce direttamente al macero.

 

         In Italia non esiste o quasi una vera didattica della scrittura e il nostro paese vanta un primato, niente affatto invidiabile, d’un analfabetismo di ritorno che ormai supera il 72%, senza contare gli analfabeti totali, che sono oltre sei milioni di individui. Ciò nonostante, non avete idea di quante persone siano convinte di poter scrivere il romanzo della loro vita, dopo aver letto (a malapena) un paio di libri carini...

         Siamo un popolo di scrittori ma non siamo un popolo di lettori, tuttavia, un mediocre scrittore, dovrebbe essere innanzitutto un grandissimo lettore. Non ci vedete una piccola discrepanza?

         Girano “opere letterarie” dove il lessico è così sgrammaticato e il concetto di sintassi talmente astratto, che se si riesce a trovare un periodo corretto, è più che altro un evento da notificare in Vaticano…

 

         Una volta spedito il vostro manoscritto, l’attesa dovrebbe essere di diverse settimane, se non addirittura mesi, ma un editore a pagamento non aspetta, vi risponde immediatamente, per lui la tempistica è tutto. Tanto quello che gli avete mandato non lo ha letto di sicuro. I complimenti saranno tanti ma piuttosto generici, adatti a qualsiasi categoria. Per avere la prova che abbiano letto davvero il vostro lavoro, chiedete chiarimenti, ponete delle domande specifiche, sulla caratterizzazione del personaggio principale o sulla trama. Nella proposta di pubblicazione si parlerà di un semplice “contributo”, o verrà chiesto allo scrittore di acquistare un certo numero di copie al prezzo di copertina, da un minimo di cento copie in poi.

         La distribuzione è un servizio che potrebbe essere contemplato, ma difficilmente lo scrittore è in grado di verificare se è stata fatta realmente. Diffidate soprattutto quando vi promettono una “distribuzione capillare”. Le società di distribuzione (che hanno una reputazione da difendere)  non si sognano proprio di distribuire un prodotto scadente. Tenete presente poi, che un'edizione con meno di 1.000/1.500 copie, per le grandi distribuzioni - cioè per quelle capaci di arrivare in tutto il paese - non è veramente degna di considerazione.

         In Italia ci sono almeno 2000 librerie, oltre ai supermercati di grandi dimensioni che hanno sempre un settore libri, ai quali si aggiungono le edicole; più le librerie virtuali e gli stessi siti degli editori (dati AIE - Associazione Italiana Editori). Come si può parlare di distribuzione capillare?  L’editore a pagamento solitamente distribuisce solo qualche copia nelle librerie della città dove vive l’autore e nella più fortunata delle ipotesi in un paio di quelle delle città vicine. Volete una prova? Contattate i vostri amici di facebook più lontani geograficamente e chiedete loro di effettuare dei controlli nelle rispettive città. In alternativa potete telefonate personalmente nelle librerie o mandare una mail. Scoprirete che il "libro" è disponibile solo su ordinazione o acquistandolo dal sito dell'"editore".  Per questo bastano un blog o una pagina facebook.

         Ennesima domanda: se l'autore deve pagare la stampa, eventuale editing, promuoversi da solo eccetera… a che cavolo serve l'editore?

 

         Le case editrici a pagamento, tengono molto a sottolineare la loro partecipazione alle più importanti fiere del settore, ma questo non vuol dire qualità. La partecipazione ha un costo e se possono permetterselo nulla vieta loro di essere presenti con il proprio stand. L’espediente è puntualmente sfruttato per ricavarne apparente prestigio, opportunamente utilizzato per gonfiare le credenziali, oltre che i prezzi. Sappiate che l’ultima fiera della piccola e media editoria ha visto la presenza di un 70% di editori a pagamento…

         Per fortuna qualcosa si sta muovendo: VENTO LETTERARIO - FIERA DELL'EDITORIA INDIPENDENTE DI QUALITA' non ammette editori a pagamento, né Print On Demand. Ma siamo solo all’inizio.

 

         Volete saper se l’editoria a pagamento viene recensita? Decisamente no. Se si esclude qualche recensione “spintanea”, ricordate che la parola d’ordine è: non recensire quelli della REAC (rete acchiappacitrulli). Gli editori puri non vedono di buon occhio quelli che hanno pubblicato a pagamento, è una macchia sul curriculum che rischia di sporcare anche loro. Se un editore puro pubblica il testo di un autore che ha precedentemente pubblicato a pagamento, vede la sua reputazione finire in fondo a un pozzo. In troppi penseranno che è un editore a pagamento anche lui, e tutti i sacrifici fatti per farsi un nome serio nel mondo dell'editoria di qualità, saranno stati vani. Chi glielo fa fare di rischiare così tanto?

         La preferenza, ove possibile, è per quelli che scelgono l’auto-pubblicazione. Chi stampa a proprie spese, tutto sommato, è considerato un imprenditore di sé stesso, ma chi regala denaro agli editori “a perdere” è considerato un autore “a perdere”.

         Leggetevi “Editori a perdere”, di Miriam Bendìa e Antonio Barocci (Stampa Alternativa), o “Esordienti da spennare”, di Silvia Ognibene (Terre di Mezzo). Pura illuminazione.

 
 
 
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