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Questo blog parla dell'regno delle due sicilie.
 

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Regno delle due sicilie

Post n°4 pubblicato il 28 Giugno 2010 da Luca.Lucci
Foto di Luca.Lucci

Regno delle Due Sicilie fu il nome che il re Ferdinando di Borbone dette al suo regno, allorché, nel 1816, dopo il Congresso di Vienna, soppresse il Regno di Napoli e il Regno di Sicilia e la relativa costituzione che li teneva separati, unendoli in un'unica entità statale.

 

Il nome è alquanto singolare nella storia d'Italia. La prima menzione ufficiale si ha quando Alfonso V d'Aragona unifica solo formalmente il Regno di Sicilia e il Regno di Napoli sotto la corona di Rex Utriusque Siciliae. L'uso dei termini Regno di Sicilia al di là del faro e Regno di Sicilia al di qua del faro, in riferimento al faro di Messina e quindi all'omonimo stretto, ha però origine già quando, incoronato Carlo I d'Angiò da Clemente IV rex Siciliae, la corte aragonese di Catania e Palermo rivendicava per sé tale titolo[2].

La Pace di Caltabellotta, nel 1302, diede questa separazione (secondo gli accordi, alla morte del re aragonese Federico d'Aragona, l'isola sarebbe dovuta tornare agli Angioini, cosa che in realtà non avvenne).

Sotto il governo spagnolo i due regni continuarono ad essere del tutto indipendenti, uno con capitale Napoli, l'altro con capitale Palermo.

Nel 1816, all'indomani del Congresso di Vienna, Regno di Napoli e Regno di Sicilia furono per la seconda volta ufficialmente riunificate, dopo quasi 600 anni, con il nome di Regno delle Due Sicilie

Il 10 maggio 1734 Carlo di Borbone, figlio di Filippo V re di Spagna e di Elisabetta Farnese, fece il suo ingresso a Napoli; il 25 maggio 1734 sconfisse definitivamente gli austriaci a Bitonto, conquistò poi la Sicilia e il 2 gennaio 1735 assunse il titolo di Re di Napoli "senza numerazione specifica"; in luglio venne incoronato a Palermo anche Re di Sicilia. Nel frattempo, con decreto dell'8 giugno 1735, provvide ad istituire un nuovo organo con funzioni consultive e giurisdizionali: la Real Camera di Santa Chiara.

Il regno non ebbe un'effettiva autonomia dalla Spagna fino alla pace di Vienna, nel 1738, con la quale si concluse la guerra di successione polacca. Secondo gli accordi stipulati, l'Austria cedeva a Carlo III di Borbone lo Stato dei Presidii, il Regno di Napoli nonché il Regno di Sicilia, che essa aveva scambiato con la Sardegna nel 1720 a seguito della Pace dell'Aja. Nell'agosto 1744 l'esercito di Carlo, forte ancora della presenza di truppe spagnole, sconfisse a Velletri gli austriaci che tentavano di riconquistare il regno.

La situazione politica ed economico-sociale dei due regni nella prima metà del '700 era disastrosa, a causa del malgoverno, avutosi durante il secolare viceregno spagnolo e nei pochi anni dei due viceregni asburgici (Austria).

Tra le prime riforme intraprese dal sovrano va ricordata la lotta ai privilegi ecclesiastici: nel 1741, con un concordato furono drasticamente ridotti il diritto d'asilo ed altre immunità; i beni ecclesiastici furono sottoposti a tassazione. Analoghi successi non si ebbero tuttavia nella lotta alla feudalità: le iniziative che minacciavano maggiormente gli interessi dei ceti privilegiati furono infatti boicottate dal ceto nobiliare.

Durante il governo di Carlo, le cui riforme provvidero a riparare malanni secolari, si registrò un notevole sviluppo dell'economia, dovuto all'aumento della produzione agricola e degli scambi commerciali connessi. Il rifiorire del commercio fu reso possibile grazie anche alla conclusione di vari trattati commerciali e con la lotta al flagello della pirateria. Nel 1755 fu istituita presso l'Università di Napoli la prima cattedra di economia in Europa, denominata cattedra di commercio e di meccanica. I corsi (in italiano e non in latino), seguitissimi, furono tenuti da Antonio Genovesi, il cui pensiero influì molto sull'Illuminismo dell'Italia meridionale. Questi segnali di risveglio dei due regni furono parte dell'epoca che vide in tutta Europa il fiorire con il cosiddetto "dispotismo illuminato" di esperienze di rinnovamento dall'alto.
Il Regno di Sicilia stesso cresce come quello di Napoli anche a livello demografico e tornano a vivere.

Nel 1759, alla partenza di Carlo, divenuto re di Spagna, salì al trono all'età di soli 8 anni Ferdinando. Principali esponenti del Consiglio di Reggenza furono Domenico Cattaneo, principe di San Nicandro, e il marchese Bernardo Tanucci. Durante la reggenza, come nel periodo successivo, fu principalmente il Tanucci ad avere in mano le redini dei due regni e a continuare le riforme iniziate in età carolina. In campo giuridico, molti progressi furono resi possibili dall'appoggio dato al ministro Tanucci da Gaetano Filangieri, il quale, con la sua opera "Scienza della legislazione" (iniziata nel 1777), può essere considerato tra i precursori del diritto moderno.

Nel 1768 Ferdinando sposò Maria Carolina, figlia dell'imperatrice Maria Teresa e sorella della regina di Francia Maria Antonietta. La nuova regina (in forza di una specifica clausola dei patti matrimoniali che le consentiva di partecipare al Consiglio di Stato dal giorno della nascita dell'erede al trono) partecipò attivamente, a differenza del marito, al governo del regno. Gli unici campi, infatti, in cui Ferdinando si impegnò personalmente furono le opere pubbliche, i rapporti con la Chiesa e la realizzazione della colonia di San Leucio (Caserta), esperimento di legislazione sociale e di sviluppo manifatturiero anche se ad ispirare il Codice delle leggi leuciane fu la stessa regina che volle sperimentare nella Real Colonia una normativa in cui apparentemente le donne e gli uomini erano uguali in tutti i campi, ma permanendo il dominio paternalistico della corona.

Nei primi anni di governo, Maria Carolina si mostrò sensibile alle istanze di rinnovamento e moderatamente favorevole alla promozione delle libertà individuali. Tale tendenza subì tuttavia una brusca inversione di rotta dopo la Rivoluzione Francese, quando la soppressione della monarchia, l'esecuzione del Re e gli anni del terrore portarono al diffondersi di un vasto timore nei ceti dominanti ed alla richiesta di opporsi ad ogni istanza riformatrice. Dopo la decapitazione dei regnanti francesi le misure repressive dei Borbone di Napoli portarono ad un'insanabile frattura tra la monarchia e la classe intellettuale che fino a quel momento era stata in dialogo con la stessa regina Maria Carolina, impegnata nei programmi del dispotismo illuminato.

I Francesi erano già entrati in Italia nel 1796 con Napoleone Bonaparte, che era riuscito facilmente ad aver ragione delle armate austriache e dei deboli governi locali. Nel 1798 i francesi occuparono Roma; un tentativo di contrasto delle truppe del Regno di Napoli mentre il regno siciliano si tenne in disparte dalla contesa (ma successivamente diventerà una base bellica per gli inglesi) si risolse in un insuccesso e così i Francesi si trovarono la strada aperta verso Napoli. Il 22 dicembre 1798 il re abbandonò il regno di Napoli per andare nel regno dell'isola e nella sua capitale: Palermo, lasciando la città praticamente indifesa; gli unici ad opporsi alle truppe francesi (dal 13 al 23 gennaio 1799) furono i cosiddetti lazzari. I popolani opposero alle truppe francesi una resistenza disperata ma tenace, come riconobbe lo stesso generale francese Championnet. I lazzari subirono anche un bombardamento dagli stessi giacobini napoletani che erano riusciti a prendere il forte di Castel Sant'Elmo. La battaglia per la conquista della città costò la vita a circa 8000 napoletani e 1000 francesi.

Il 22 gennaio 1799 (per alcuni il 21), mentre i lazzari ancora combattevano contro gli invasori francesi i giacobini napoletani - tra i quali Mario Pagano, Francesco Lomonaco, Domenico Cirillo, Nicola Fasulo, Carlo Lauberg, Giuseppe Logoteta, proclamarono la repubblica. La Repubblica Napoletana non ebbe lunga vita, travolta dalla reazione europea e incapace di garantirsi l'adesione dei ceti popolari (d'altra parte a Napoli non esisteva un nutrito ceto borghese al quale potessero ancorarsi le riforme democratiche dei repubblicani napoletani) e delle province non occupate dall'esercito francese. Fu pesante il controllo esercitato dai francesi che temevano una reale forza ed indipendenza di una libera Repubblica, con un vasto territorio, in Italia.
Il governo repubblicano promosse tuttavia importanti innovazioni (soprattutto per sancire la fine della feudalità e della servitù che faceva gravare sulle popolazioni rurali e nell'ordinamento giudiziario), che però non riuscirono a trovare pratica attuazione nei soli cinque mesi di vita della Repubblica. Di valore europeo la testimonianza intellettuale fornita dal ceto liberale meridionale, testimoniata dal giornale "Monitore Napoletano", diretto da Eleonora Pimentel Fonseca, straordinaria figura di donna impegnata nella battaglia democratica fino al supremo sacrificio. Nei territori provinciali si susseguirono rivolte popolari; furono densi di episodi di ferocia sia le "insorgenze" anti-repubblicane che la repressione attuata soprattutto dai francesi. Così, se durante i pochi mesi della repubblica vennero condannati a morte e fucilati dopo processi politici 1563 cittadini del Regno, di una spietatezza divenuta proverbiale ed esecrata in tutta Europa fu il comportamento della cosiddetta armata sanfedista, costituita in buona misura da delinquenti comuni e personalità declassate e disperate.

Il 13 giugno 1799 i sanfedisti comandati dal cardinale laico Fabrizio Ruffo, ripresero la città di Napoli che nel frattempo, il 7 maggio, era stata già abbandonata dai francesi (con al seguito un lauto bottino in opere d'arte), richiamati nel settentrione d'Italia, restituendola alla monarchia borbonica (regnante, durante la Repubblica, sul solo Regno di Sicilia). Nei mesi seguenti, una giunta nominata da Ferdinando cominciò i processi contro i repubblicani: su circa 8000 prigionieri, 105 vennero condannati a morte (di cui 6 graziati), 222 all'ergastolo, 322 a pene minori, 288 a deportazione e 67 all'esilio, mentre altri furono liberati.

 
 
 

2011 = 150 D'UNITA DI FALSITA'

Post n°3 pubblicato il 12 Giugno 2010 da Luca.Lucci
Foto di Luca.Lucci

150 Anni di falsità! , Io non festeggierò.

 
 
 

Ferdinando I delle Due Sicilie

Post n°2 pubblicato il 09 Giugno 2010 da Luca.Lucci
Foto di Luca.Lucci

Ferdinando I di Borbone (Ferdinando Antonio Pasquale Giovanni Nepomuceno Serafino Gennaro Benedetto; Napoli, 12 gennaio 1751Napoli, 4 gennaio 1825) fu re di Napoli (dal 1759 al 1799), (dal 1799 al 1806) e dal (1815 al 1816) con il nome di Ferdinando IV di Napoli, nonché re di Sicilia (dal 1759 al 1816) con il nome di Ferdinando III di Sicilia. Dopo questa data, con il Congresso di Vienna e con l'unificazione delle due monarchie nel Regno delle Due Sicilie, fu sovrano di tale regno (dal 1816 al 1825) con il nome di Ferdinando I delle Due Sicilie. Dopo Carlo III, Ferdinando è il secondo sovrano partenopeo della casata dei Borbone di Napoli. Il suo regno (durato quasi sessantasei anni) è uno dei più lunghi della storia. È passato alla storia con i nomignoli di Re Lazzarone e di Re Nasone, affibbiatigli dai lazzari napoletani che, in giovane età, abitualmente frequentava.

 

Ferdinando di Borbone naque nel Palazzo Reale di Napoli il 12 gennaio 1751 da Carlo III di Spagna, re di Napoli e di Sicilia, e da Maria Amalia di Sassonia. La sua nascita non fu considerata un grande evento poiché era il figlio terzogenito della coppia reale. Prima di lui, oltre a cinque principessine (quattro delle quali morte in tenera età) erano nati Filippo di Borbone-Spagna, Erede al trono napoletano, e Carlo Antonio, poi Carlo IV di Spagna rispettivamente nel 1747 e nel 1748. Per lui si doveva prospettare un futuro da religioso, infatti Maria Amalia lo voleva cardinale e forse anche erede del trono papale. La sua educazione fu affidata al principe di San Nicandro. La figura del suo precettore influì molto sul carattere del Principino. Infatti il San Nicandro era un uomo rozzo, dai caratteri plebei e Ferdinando, sia nella giovinezza che in età avanzata, dimostrò sempre un'indole popolaresca.Ferdinando era solito frequentare i lazzari e gli scugnizzi di Napoli. A causa di queste caratteristiche si guadagnò l'appellativo di Re Lazzarone. Inoltre si trovava a suo agio nel ruolo di pescatore e venditore di pesce al mercato.

Già in giovane età, il padre Carlo III di Borbone voleva legare Ferdinando IV al sangue asburgico, sottoscrivendo addirittura tre contratti di fidanzamento con il favore positivo dell' Imperatrice Maria Teresa d'Austria. Infatti la prima trattativa nuziale per Ferdinando fu con la primogenita dell'Imperatrice d'Austria,l'Arciduchessa Maria Giovanna d'Asburgo-Lorena, che poi morì per il vaiolo.La seconda trattativa coinvolse l'Arciduchessa Maria Giuseppina d'Asburgo-Lorena,morta anch'essa di vaiolo. Molte di queste azioni si svolsero alle spalle del diretto interessato Ferdinando. Nel 1768 fu firmato il terzo e ultimo contratto nuziale con l'Arciduchessa Maria Carolina. L'incontro tra Ferdinando IV e Maria Carolina fu alla Portella.

Nel 1768 sposò Maria Carolina d'Asburgo-Lorena. Il contratto matrimoniale prevedeva l'entrata della regina nel Consiglio di Stato, alla nascita del primogenito maschio. Essa, grazie alle sue capacità politiche e alla sua formazione, aiutò Ferdinando, spesso sostituì, nelle scelte di governo; prime conseguenze furono il licenziamento del Tanucci (1777) e l'appoggio al ministro John Acton, che aveva prestato opera nel Granducato di Toscana.Nell'anno seguente ebbe l'opportunità di conoscere i suoi cognati, Giuseppe II del Sacro Romano Impero, imperatore d'Austria e Leopoldo II d'Asburgo-Lorena, allora Granduca di Toscana. Spesso Ferdinando, per la sua ignoranza, rimaneva a lungo in silenzio. Tuttavia almeno una volta cercò di dare una lezione di buon senso al cognato Leopoldo, giungendo ad interromperlo mentre parlava. Questo il dialogo tra i due: «Dottore mio, sai dirmi quanti napoletani dimorano nei tuoi Stati?» chiese Ferdinando. «Che c'entra?» - «C'entra, c'entra, dottò! Quanti ce ne sono?» - «Nemmeno uno, che io sappia» - «Invece di toscani, nella mio reame, se ne contano a migliaia. E allora sient'a mme, Leopò: ti pare che si sarebbero trasferiti nei miei stati, se gli avessero bene insegnato a guadagnarsi il pane nella loro patria? Dottore bello, i fatti sono questi e non puoi negarli. Firenze, io l'ho vista: ‘nu bellu tavuto, ‘na bella cascia ‘e muorte! E dimme ‘e no! Tu dici: e Lorenzo detto il Magnifico? E il poeta Poliziano, carnevale e calendimaggio, e Boccaccia amante di dame belle, persino napoletane, dove li metti? Io ti rispondo: sissignore! Però robba ‘e ‘na vota, robba antica. Che ti sono serviti tutti i libri che hai letto, tutta la scienza che hai accumulato? Tu leggi molto, i tuoi popoli ti imitano, eppure non riescono a liberarsi della cappa triste e lugubre che grava sulla capitale, sulle città del tuo regno. Per quanto mi concerne, io sono ignorante, non ho cose di cui parlare, e ciò malgrado i miei popoli sono così allegri. Credimi: non resisterei qui neppure quindici giorni, se Napoli somigliasse alla tua bella e colta Firenze!».[senza fonte]

Ferdinando IV a vent'anni

Come si era già detto, la regina di Napoli Maria Carolina, influì molto sulle scelte di governo fatte da suo marito, soprattutto dopo l'entrata nel Consiglio di Stato. La più grossa conseguenza di questa influenza fu il licenziamento dell'ormai anziano primo ministro Bernardo Tanucci chiamando a questo titolo il generale John Acton a cui Maria Carolina dava molta confidenza e fiducia. Egli era legato alle Due Sicilie perché voleva dotare il Regno di una potente flotta per avviare delle campagne espansionistiche. Il tenente generale Acton, fu posto a capo del Ministero del Commercio e Marina nel 1779 e, da uomo esperto di cose militari e di mare e conoscitore degli uomini e dei tempi, fu l’organizzatore sapiente della nuova Marina ed inaugurò il secondo periodo di forte crescita della Real Marina del Regno delle Due Sicilie.

In primo luogo, riordinò su solo due Squadre la flotta: dei Vascelli e degli Sciabecchi. Acquistò vascelli e fregate,ma predispose anche un vasto programma di nuove costruzioni, ampliò il Collegio di Marina, inviò alcuni giovani guardiamarina con altri ufficiali a prestare temporaneo servizio su navi delle maggiori Marine militari europee. Fondò il famoso Cantiere navale di Castellammare di Stabia, istituì il Corpo di Fanteria di Marina, denominato Reggimento Real Marina.

Nel 1788 la Marina contava 39 navi armate di 962 cannoni così ripartite: 4 vascelli di fila, di cui 3 da 74 cannoni e uno da 60; 8 fregate, di 6 da 40 cannoni e 2 da 35; un'orca da 36 cannoni; 6 corvette, di cui 4 da 20 cannoni e 2 da 12; 6 sciabecchi, di cui 2 da 24 cannoni e 4 da 20; 4 brigantini da 12 cannoni; 10 galeotte da 3 cannoni.

Sempre nello stesso anno 1788 l'organico contava 2128 fanti di marina, 470 cannonieri, 270 marinai di posto fisso, 4 capitani di vascello, 10 capitani di fregata, un gran numero di ufficiali di grado inferiore.

Nel 1777 nacque il secondo figlio, Francesco, futuro erede al Palazzo reale di Napoli.

Le mire espansionistiche della Francia preoccuparono fortemente Ferdinando IV e come prima misura nel 1786 chiamò a Napoli un geografo di chiara fama, il padovano Giovanni Antonio Rizzi Zannoni, al quale commissionare la redazione di mappe aggiornate del Regno di Napoli, sulle quali studiare i punti critici e le possibili armi di difesa della nazione.

Negli anni successivi alla Rivoluzione francese, per rendersi conto in prima persona del confine di Stato e della sua eventuale difesa, lo stesso sovrano coordinò gli alti generali, tra cui John Acton che lo seguì, un viaggio iniziato nel 1796, durante il quale iniziò a stilare un taccuino, il diario segreto, continuato per tutta la vita, con la cronaca, gli spostamenti, gli incontri e la quotidianità.

 
 
 

Carlo III di Borbone

Post n°1 pubblicato il 09 Giugno 2010 da Luca.Lucci
Foto di Luca.Lucci

Carlo Sebastiano di Borbone (nome completo: Carlos Sebastián de Borbón y Farnesio; Madrid, 20 gennaio 1716Madrid, 14 dicembre 1788) fu duca di Parma e Piacenza con il nome di Carlo I dal 1731 al 1735, re di Napoli e Sicilia senza utilizzare numerazioni (era Carlo VII secondo l'investitura papale, ma rifiutò tale ordinale)[1] dal 1735 al 1759, e da quest'anno fino alla morte re di Spagna con il nome di Carlo III (Carlos III).

Primogenito delle seconde nozze di Filippo V di Spagna con Elisabetta Farnese, era durante l'infanzia solo terzo nella linea di successione al trono spagnolo, e quindi sua madre si adoperò per dargli una corona in Italia rivendicando l'eredità dei Farnese e dei Medici, due dinastie italiane prossime all'estinzione. Grazie ad una sapiente combinazione di diplomazia ed interventi armati, la Farnese riuscì ad ottenere dalle potenze europee il riconoscimento dei suoi diritti dinastici sul Ducato di Parma e Piacenza, di cui divenne sovrano nel 1731, e sul Granducato di Toscana, dove l'anno seguente fu nominato principe ereditario.

Nel 1734, durante la guerra di successione polacca, al comando delle armate spagnole conquistò i vicereami austriaci di Napoli e di Sicilia, e l'anno successivo fu riconosciuto come legittimo re delle Due Sicilie dai trattati di pace, in cambio della rinuncia ai ducati farnesiani e medicei. Capostipite della dinastia dei Borbone di Napoli, restituì alla città l'antica indipendenza dopo oltre due secoli di dominazione straniera, inaugurando un lungo periodo di rinascita politica e ripresa economica.

Alla morte del fratellastro Ferdinando VI nel 1759, fu chiamato a succedergli sul trono di Spagna, dove allo scopo di modernizzare il paese fu promotore di una politica riformista che gli valse la fama di monarca illuminato. In politica estera raccolse tuttavia diversi insuccessi a causa dell'alleanza con la Francia, sancita dal terzo patto di famiglia borbonico, che lo portò a contrapporsi con sorti alterne alla potenza marittima della Gran Bretagna.

 
 
 

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