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Mediazione tributaria: nuovo rinvio alla Consulta

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Con ordinanza 17 aprile 2013, n. 75/2/13 la Ctp di Campobasso, ritenendo non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/1992 in materia di mediazione tributaria per violazione degli artt. 3, 24, 25, 111 e 113 della Costituzione, ha rimesso gli atti al Giudice delle Leggi.

Ciò sulla base delle seguenti osservazioni.

1. Violazione degli artt. 24, 113 e 25 Cost.

Preliminarmente, la Commissione molisana ha ritenuto non manifestamente infondata la rilevata illegittimità dell’art. 17-bis cit. rispetto all’art. 24 Cost..

Tale assunto è derivato dalla considerazione che la sanzione dell'inammissibilità del ricorso per omessa presentazione del reclamo, ovvero la perdita definitiva del diritto di adire il giudice per omessa attivazione di un rimedio amministrativo, condiziona l'accesso alla giurisdizione tributaria, comprimendo il diritto di difesa.

Il legislatore, invece, ha l'obbligo di osservare il limite imposto dall’esigenza di non rendere la tutela giurisdizionale eccessivamente difficoltosa, posto anche il divieto di cui all’art. 113 Cost. di limitare solo a determinate categorie di atti la tutela giurisdizionale contro gli atti della P.A.

Il fatto, poi, che il contenuto del reclamo debba essere identico a quello del ricorso eventualmente proposto nella fase successiva, con evidente anticipazione della tesi difensiva del contribuente nella fase amministrativa e conseguente immodificabilità della stessa in un eventuale giudizio, è fortemente limitativo del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost. cit., posto oltretutto il divieto di distrazione del giudice naturale di cui all’art. 25 Cost.

Inoltre, le spese sostenute per questa procedura amministrativa obbligatoria, anche laddove portassero all’annullamento dell’atto, non sono rimborsabili, ma solo detraibili, con evidente pregiudizio del diritto di difesa non garantito nella sua interezza.

Infine, occorre altresì considerare che, in questa fase amministrativa, è esclusa la tutela cautelare.

2. Violazione dell’art. 3 Cost.

Del pari non manifestamente infondata appare la rilevata illegittimità dell’art. 17-bis cit. rispetto all’art. 3 Cost..

Ciò perché, innanzitutto, la predetta sanzione genera un’irragionevole discriminazione tra il diritto del contribuente a corrispondere il giusto tributo e la potestà impositiva dell'Amministrazione Finanziaria.

Inoltre, il c.d. reclamo/mediazione limita la tutela giurisdizionale solo nei confronti dei contribuenti interessati da una determinata categoria di provvedimenti dell'Agenzia delle Entrate con conseguente irrazionalità e diversità di trattamento anche in ordine alla tutela cautelare, esclusa per tutto il tempo necessario all’espletamento della fase del reclamo, ma solo nei confronti dei soggetti ai quali sono stati notificati provvedimenti emessi dall'Agenzia delle Entrate e relativi a controversie non superiori ad € 20.000,00.

Infine, un’altra violazione del principio di uguaglianza, è ravvisabile nella regolamentazione delle spese del procedimento (art. 17-bis, c. 10, cit.), regolamentazione prevista solo per la eventualità che si pervenga alla fase giurisdizionale.

3. Violazione dell’art. 111 Cost.

Altro profilo d’incostituzionalità dell’istituto in esame è ravvisabile anche nella violazione dell’art. 111 Cost., finalizzato ad assicurare la ragionevole durata del processo.

Ciò in quanto tale istituto è compatibile con l’accertamento con adesione, con il conseguente rischio di eccessiva dilatazione dei tempi di introduzione del giudizio tributario, che possono estendersi fino ai nove mesi e mezzo, nel dettaglio duecentoottantasei giorni, dati dalla somma dei sessanta giorni utili per la proposizione del ricorso, dei novanta del procedimento di accertamento con adesione, dei quarantasei dell’eventuale sospensione feriale e dei novanta del procedimento di reclamo/mediazione.

Anche in tal caso, però, il profilo d’incostituzionalità è riconducibile a diverse ragioni, tra le quali vi è pure quella legata al caso in cui il contribuente intenda proporre un ricorso cumulativo.

In tal caso, difatti, la necessità di rispettare il termine d’impugnazione, per ciascuno dei diversi provvedimenti da impugnare, comporta un’evidente complicazione nel caso in cui entro lo stesso termine debbano essere impugnati più provvedimenti dei quali alcuni (di valore inferiore ad € 20.000) devono seguire la procedura del reclamo obbligatorio di cui all'art. 17 bis, mentre altri (di importo superiore) devono seguire il corso ordinario, con l’effetto che, per evitare il rischio di inammissibilità del ricorso, il contribuente sarà indotto a presentare distinti ricorsi a discapito dei benefici processuali derivanti dalla presentazione del ricorso cumulativo.

Problema analogo, inoltre, ad avviso di chi scrive, è ravvisabile nel caso di accertamento integrativo di valore inferiore ai 20.000 €, destinato ad un percorso diverso da quello dell’accertamento principale che va ad integrare, se, invece, di valore superiore ai 20.000 €.

A tutto ciò, poi, i Giudici molisani hanno aggiunto che le limitazioni alla tutela giurisdizionale effettiva sono state ritenute ammissibili allorquando realizzino un alleggerimento del sovraccarico dell’apparato giudiziario ed il soddisfacimento più immediato delle situazioni sostanziali controverse, a condizione però che assumano carattere ragionevole.

A tal fine, quindi, gli stessi hanno ripreso l’orientamento della giurisprudenza comunitaria, che ammette la legittimità di una normativa nazionale che obbliga ad una procedura di conciliazione extragiudiziale prima del ricorso ad un organo giurisdizionale, a condizione che la stessa non sia “tale da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti ai singoli”, come invece si verifica nel caso del c.d. reclamo/mediazione, posto a pena d’inammissibilità.

 
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