Creato da Avv.FAZZARI il 07/01/2009
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Praticante avvocato abilitato: Cassazione interviene su limiti di valore e materia
Avv. Simone Fazzari
Simone Fazzari & Barry Smith Law Offices
Simone Fazzari & Barry SMith Law Group
Nella fattispecie in esame il giudice dell’appello aveva dichiarato la nullità del ricorso introduttivo del giudizio (depositato in data 15 febbraio 2000) e di tutti gli atti conseguenti perché il difensore che lo aveva proposto e sottoscritto non era a ciò abilitato in quanto solo con delibera in data 28.4.2000 era stato iscritto all'Albo degli Avvocati.
La Cassazione, nella decisione in commento, ha condiviso quanto stabilito in secondo grado e a tal fine ha evidenziato che l'inciso "I praticanti avvocati, dopo il conseguimento dell'abilitazione al patrocinio.." contenuto nell’art. 7 ) L. n. 479/1999, cd. L. Carotti, non si rivolge, come sostiene il ricorrente, solo a chi non ha ancora conseguito l’abilitazione, ma ai praticanti avvocati in genere, senza distinzione tra quelli già abilitati e coloro che detta abilitazione non avevano ancora conseguito.
Inoltre, con riguardo alle cause nelle quali l’art. 7 citato prevede, per il praticante avvocato abilitato, la possibilità di esercitare l'attività professionale con riferimento agli "affari civili", tra quelle indicate al n. 1) "cause, anche se relative a beni immobili, di valore non superiore a lire cinquanta milioni" debbono ricomprendersi anche quelle in materia di lavoro e previdenza ed assistenza che, prima della istituzione del giudice unico di primo grado, rientravano nella competenza pretorile.
“Ed infatti, laddove il Legislatore ha inteso far riferimento alla materia della causa lo ha espressamente detto come ai punti 2) e 3) della lettera a) del citato art. 7 co. 1. Peraltro, la distinzione delle cause di lavoro e in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria nell'ambito degli affari civili potrebbe derivare dalla diversità del rito ma il criterio del rito è estraneo all'art. 7 co. 1 lettera a)”.
Pertanto, conclude la Suprema Corte, la sentenza impugnata deve essere confermata in quanto il difensore era carente dello "ius postulandi" rispetto alla causa introdotta con ricorso depositato il 15.2.2000 il cui valore eccedeva sicuramente i cinquanta milioni di lire, essendo stata chiesta la condanna della società convenuta al pagamento della somma di lire 83.312.675.
Avv- Simone Fazzari
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Inviato da: camilla725
il 13/01/2009 alle 18:31