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Commissione di massimo scoperto: dai Tribunali soluzioni contrastanti

Foto di Avv.FAZZARI

Avv. Simone Fazzari

Simone Fazzari & Barry Smith Law Offices 

Simone Fazzari & Barry Smith Law Group

 

 

Le sentenze del Tribunale di Macerata, dell’11 marzo 2013, e quella del Tribunale di Milano del 27/03/2013, analizzano alcune delle problematiche tipiche del contenzioso promosso dai clienti delle banche al fine di ottenere la restituzione delle competenze abusivamente addebitate dall’istituto di credito, unica parte nel rapporto bancario che “tiene il conto”.

Delle due sentenze solo la prima affronta il problema della c.d. usura da cms, ben nota alla S.C., sezione penale, ma poco valorizzata nei procedimenti civili, mentre la seconda ripercorre delle strade, care alla filobancaria, ma superate da tempo.

Sulla poca difendibilità, sul piano della trasparenza, delle CMS, basti riportare le parole del Presidente DRAGHI:

«Abbiamo già in passato richiamato l’attenzione sulla commissione di massimo scoperto, un istituto poco difendibile sul piano della trasparenza. Va sostituita, dove la natura del rapporto di credito lo richieda, con una commissione commisurata alla dimensione del fido accordato, come avviene in altri Paesi. Una simile innovazione richiede un complesso adattamento della prassi delle banche. Essa però dovrebbe essere avviata con decisione, proponendo il cambiamento ai nuovi clienti, anche per evitare il rischio che la questione sia risolta con gli strumenti operativi della legge». (Considerazioni Finali del Governatore della Banca d’Italia DRAGHI all’assemblea Ordinaria dei Partecipanti, in Roma, 31 maggio 2008)

Ma, procediamo con ordine.

Per quanto riguarda la CMS è necessario distinguere tra il periodo anteriore all'entrata in vigore del decreto legge 185/2008 e quelli successivi.

Relativamente al primo periodo è evidente la mancanza di una definizione univoca della CMS con la conseguente differente applicazione della stessa nelle differenti banche.

In particolare, se si prende per buona la definizione della CMS operata dalla Banca d’Italia, secondo cui la CMS costituisce il corrispettivo della banca a fronte dell’onere di tenere a disposizione del cliente una determinata somma nell’ambito di un contratto di affidamento, si deve rilevare che la CMS è applicabile solo alla commissione di affidamento e non certo alla commissione sullo scoperto, dato che si parla di scoperto (extrafido) solo fuori dei limiti dell’affidamento.

Ma ipotizzando l’applicazione della CMS alla commissione di affidamento va rilevato come, per consolidata prassi bancaria, la CMS è sempre stata applicata non sulla parte di fido inutilizzata, bensì, al contrario, sul massimo importo utilizzato intra fido. Le clausole relative alla CMS, presenti nei contratti bancari, si limitano genericamente ad indicare la percentuale di commissione di massimo scoperto applicata al conto, senza specificare su quali importi e per quali periodi venga applicata (cfr. Trib. Verbania, Dott. Claudio Michelucci, Sent. n. 257 del 24 aprile 2013; TRIBUNALE di CATANZARO, Dott. M. A. NASO, Sent. n. 517 del 21 marzo 2013; Tribunale di Taranto - Sezione Distaccata di Manduria, Dott.ssa Francesca Caputo, Sentenza N. 70 del 14 Febbraio 2013; Tribunale di Taranto - Sezione Distaccata di Manduria, Dott.ssa Francesca Caputo, Sentenza N. 70 del 14 Febbraio 2013 tutte edite in www.studiotanza.it)

Quanto detto comporta l’invalidità di detta clausola ai sensi dell’art. 1346 c.c., in quanto un contratto per essere valido richiede che l’oggetto sia determinato o determinabile.

Infine, se si accede ad una definizione della clausola di massimo scoperto conforme al suo nome, cioè come commissione sullo scoperto, allora la clausola suddetta dovrebbe ritenersi illegittima per essere priva di valida causa negoziale, in quanto onere aggiuntivo agli interessi passivi che la banca già percepisce su quella somma per effetto dell’utilizzo da parte del cliente. Trattandosi di onere calcolato in percentuale, avrebbe una natura non dissimile da quella dell’interesse e quindi si tratterebbe di un onere occulto che si va a sommare all’interesse pattuito, remunerando due volte lo stesso servizio. (Cfr. Tribunale di Lecce - Sez. di Gallipoli - Di Noi - Sent. n. 305 del 22 novembre 2012; Trib. Arezzo – Sez. dist. Sansepolcro, Dott. Antonio PICARDI, Sent. n. 1 del 9 gennaio 2012; Tribunale di Sala Consilina, Sez. di Sapri, Giudice Dott.ssa Diana, Sent. N. 20 del 18 marzo 2011; Tribunale di Torino, Dott. MARINO, Ord. 14.03.2011, RGN Cont n. 22290/06; Tribunale di Taranto, Dott. Di Tursi Sent. 445 del 3 marzo 2011; Tribunale di Napoli, Sez. Capri, Dott. A. Quaranta, Sent. n. 106 dell’8 novembre 2010; . Tribunale di Lecce Sez. Maglie – Dott. Angelo Rizzo, Sent. 246 del 12 luglio 2010, tutte edite in www.studiotanza.it)

Gli interventi normativi successivi alla Legge 185/2008 si sono rivelati, ancora una volta, un pasticcio di difficile comprensione e foriero di maggiori dubbi rispetto al passato.

Soprattutto le nuove disposizioni sembrano tradire la volontà del legislatore di portare la commissione di massimo scoperto in via di estinzione, sostituendola con strumenti più trasparenti.

Al contrario, si è generata tanta incertezza a causa dei vari interventi normativi susseguitisi in breve tempo, così giungendo alla confusa situazione attuale, dovuta alla presenza di numerose contraddizioni all'interno dello stesso articolo di legge, che favorisce una moltiplicazione degli oneri, spesso di difficile comprensione circa gli effetti pratici, a carico del correntista.

La CMS, poi, costituisce per la banca un guadagno e non certo un costo e, pertanto, va inserita nel computo del calcolo dell’usura: tanto è stato pacificamente ammesso dalla stessa Banca d’Italia con la famosa Circolare del 2 dicembre 2005, alla quale indirettamente la CTU resa dal Tribunale di Macerata fa riferimento.

La questione non è di poco conto: infatti, già in detta circolare della Banca d’Italia le c.m.s. erano trattate, seppur come una voce a sé stante, come entità sottoposta al calcolo dell’usura e stante anche la qualificazione soggettiva degli organi bancari e la disponibilità di strumenti di verifica da parte degli istituti di credito non si può non tener conto anche a livello soggettivo delle conseguenze in campo penale.

Quindi: interessi ultralegali, C.M.S., spese per operazione, spese fisse di chiusura, spese assicurative, spese revisione fido, giorni di perdita di valuta sulle operazioni di prelevamento e di versamento, interessi anatocistici calcolati su detti oneri e riferiti a singoli trimestri (peraltro illegali), costituiscono il costo effettivo sopportato dal cliente per il credito e rientrano tutte nel calcolo dell’usura, civile e penale.

 

Avv. Simone Fazzari 

Simone Fazzari & Barry Smith Law Offices 

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