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Intervista a Marco RIZZO

Post n°28 pubblicato il 03 Dicembre 2010 da sinistra.popolare
Foto di sinistra.popolare

 

Intervista a Marco Rizzo, segretario nazionale di COMUNISTI SINISTRA POPOLARE: “Usiamo gli appuntamenti elettorali come momento di costruzione di un’alternativa a questo sistema, anziché sacrificare ogni scelta politica pur di ottenere qualche poltrona”. 

 

Negli scorsi giorni centomila persone (su quattro milioni di abitanti) sono scese in piazza a Dublino per protestare contro il “piano di rigore” del Governo. Dicono che a pagare la crisi saranno i lavoratori e le giovani generazioni. Insomma un film già visto in molti paesi d’Europa e che probabilmente siamo destinati a vedere - e a vivere - ancora…

 

Gli elementi strutturali della crisi sono sempre più evidenti. Con la Grecia hanno provato a “nascondere la polvere sotto al tappeto”, ma come dimostrano anche i recenti fatti d’Irlanda, questi tentativi non riescono a intaccare la realtà: i popoli d’Europa pagano le modalità distruttive di un sistema basato sulla contraddizione tra un capitale nelle mani di pochi e lo sfruttamento sempre più feroce di milioni di esseri umani e dell’ambiente in cui vivono.

Questo rende più che attuale la prospettiva di un nuovo modello economico e sociale.

 

In Italia, intanto, non mancano segnali sempre più preoccupanti…

 

L’Italia è divenuta un paese di provincia sottoposto alle agili scorribande dei gruppi di potere capitalistici e finanziari. Dopo la seconda guerra mondiale e per tutta la cosiddetta prima Repubblica, il nostro Paese ha goduto di una minima autonomia e di una certa flessibilità dovuta alla sua posizione di confine tra i due blocchi della guerra fredda e alla presenza del più grande Partito Comunista dell’occidente. Oggi i nuovi assetti internazionali hanno spostato a est questo confine, lasciando all’Italia un ruolo marginale, in mano ai poteri forti e alle loro beghe, ed è chiaro che attualmente sono queste dinamiche a decidere i passaggi della nostra vita nazionale. Se Berlusconi sarà cacciato via, sarà proprio per gli esiti di questi scontri. Intanto, mentre si chiacchiera di gossip e signorine, passa una legge di stabilità che è un massacro sociale; penso al collegato sul lavoro, alla riduzione drastica dello stato sociale o alla riforma sulla scuola.

 

Proprio sulla ‘riforma’ Gelmini si sono fatti rivedere i leader del centro-sinistra, per lo più salendo sui tetti delle proteste universitarie. Che ne pensi?

 

Penso che certi politici anziché salire sul tetto potrebbero far ammenda su quel che hanno combinato nello scorso decennio. Ma insomma, non è stato forse Luigi Berlinguer dell’attuale Pd, come ministro della Pubblica istruzione dal ‘96 al 2000 (per due anni anche al dicastero dell’università) nei governi Prodi e D’Alema ad aprire – con il grimaldello dell’autonomia scolastica – al disastro di oggi? Questa è la politica dell’ipocrisia, quella che con una mano accarezza i precari sui tetti e con l’altra, nei fatti, li bastona. Ed è una pratica politica che va ben oltre le questioni della scuola, ma che è l’unica vera ideologia: s’inventano i percorsi più tortuosi pur di far quadrare le proprie convenienze. Per esempio: il Pd non era il partito fondato sull’uso – pessimo – delle primarie? E Vendola non era contrario al Pd e ai suoi riti? Adesso che crede di poterle vincere diventa a favore delle primarie; invece chi inizia a vederle come pericolose prova a fare un passo indietro. Questa è la logica che informa tutte le scelte. Vendola afferma programmaticamente di voler costruire un progetto politico partendo dalle piazze, dai luoghi di lavoro, dalla scuola etc. e noi prendiamo per buono quest’intento, ma ci domandiamo: perché giocarsi larga parte di questo progetto nel cercare di gestire un partito che è in mano ai più voraci sostenitori di Marchionne & co, e non provare invece a batterlo, a costruire un’alternativa seria? Perché grandi gruppi di potere come L’espresso-Repubblica fanno il tifo per lui? E perché uno che si candida a leader della sinistra va in pellegrinaggio negli States alla fondazione Rockefeller o dal conservatore Schwarzenegger? Insomma si riparte dai lavoratori, dai precari, dai giovani e o da dove?

 

Eppure in questo autunno, pur tra mille problemi, si è rivisto in piazza un popolo che è pronto a lottare per i suoi diritti…

 

C’è un grandissimo potenziale di lotta, di democrazia, di diritti nella nostra classe operaia e nelle giovani generazioni. È l’Italia in cui crediamo, è il futuro verso il quale guardiamo nella costruzione del nostro percorso politico. La manifestazione del 16 ottobre ha dimostrato quanto i lavoratori, oggi, siano spesso più avanzati di coloro che si candidano a rappresentarli e che, sempre con il solito gioco delle tre carte, vogliono sfilacciare, incanalare e infine soffocare queste grandi risorse. Quanto rimane di quella grande manifestazione, di quel chiaro segnale lanciato dai lavoratori, nelle mosse che, in piena continuità con la gestione di Epifani, Susanna Camusso sta compiendo in queste settimane come segretario della Cgil? Vogliamo scommettere che lo sciopero generale verrà proclamato solo se ci saranno le lezioni anticipate? Quasi a dire che importa solo il quadro politico e di potere e non la difesa concreta del popolo lavoratore. Mi sembra che si vada di nuovo a una subalternità alle logiche del centro-sinistra e i lavoratori, da questo, hanno ben poco da guadagnare…

 

Che fare, dunque, per non bruciare per l’ennesima volta questo potenziale? 

 

Intanto bisogna dire la verità su un fatto: non esisterà alcun risultato positivo delle lotte se non inserendole in un quadro di cambiamento generale  e duraturo della società. Esiste una sola strada ed è la strada della ricostituzione di un moderno Partito Comunista. Con un forte partito comunista all’opposizione abbiamo ottenuto di più che con i ministri “comunisti” in ordine sparso del recente passato. Col Pci  si ottenne lo statuto dei lavoratori, col centro-sinistra il pacchetto Treu. Col vecchio Pci la scuola media unica e l’universalismo della prestazione sanitaria, col centro-sinistra le privatizzazioni. E potremmo continuare… La nostra è una proposta concreta che comincia già da oggi: la costruzione di un blocco sociale per battere il processo concertativo Confindustria-Governo-Sindacati e che sappia di nuovo mettere al centro delle sue politiche la questione comunista. È questo il punto cruciale per ottenere risultati duraturi.

 

Eppure le scelte della sinistra non sembrano andare nella direzione di un recupero e di un rilancio di quella storia…

 

Rifondazione nacque da una grande pulsione ideale che si è via via spenta a causa delle scelte dei gruppi dirigenti. Anziché confrontarsi con il mantenimento e il rilancio di un grande patrimonio politico, morale, culturale e organizzativo si è naufragati in sterili discussioni sulla partecipazione o meno ai governi e poi, e lo dico autocriticamente, in un susseguirsi di scissioni e riunificazioni. Forse è stato anche giusto provare a sperimentare il tentativo di spostare i rapporti di forza in quei governi, ma oggi i risultati sono così lampanti che non si possono commettere ancora gli errori del passato. La Federazione della sinistra, ad esempio, sembra presentarsi del tutto priva di quest’analisi sugli ultimi vent’anni. Si parla di un progetto politico indipendente dal Pd e dal centro-sinistra e si finisce già a pietire, un giorno al Pd e l’altro a Vendola, briciole di sbocco parlamentare. Invece è arrivato da tempo il momento di azzerare le contraddizioni tra princìpi e modalità organizzative, tra analisi e progetti non adeguati. Serve una proposta seria per la costruzione di un “polo rosso” contro Berlusconi e alternativo al centro-sinistra, per lavorare a un progetto di trasformazione della società in senso socialista nel medio e lungo periodo.

 

Intanto, però, il “breve periodo” propone una serie di importanti appuntamenti elettorali…

 

Gli appuntamenti ci sono e li teniamo nel massimo conto, ma proponiamo un punto di vista che ribalti le logiche degli ultimi anni. Rifuggiamo il governismo e l’elettoralismo e lavoriamo insieme alle elezioni come verifica del lavoro svolto: hai lavorato bene? Prendi i voti. Non hai fatto il tuo dovere? Te ne stai a casa. Ma soprattutto rovesciamo le priorità: oggi si creano le più innaturali e fragili accozzaglie pur di creare uno sbocco elettorale del tutto minoritario ed ininfluente, invece la nostra proposta è di usare la costruzione delle liste, il programma, la campagna elettorale, come momenti di aggregazione autentica e di costruzione di una soggettività comunista e alternativa. E abbiamo subito delle occasioni: Torino, Milano, Bologna, Napoli e poi probabilmente le elezioni nazionali. Usiamole come strumento per la costruzione dell’organizzazione, anziché sacrificare ogni scelta politica pur di ottenere qualche poltrona.  Infine cancelliamo le propaggini dell’ipocrisia dalle nostre fila: basta con queste caricature di comunisti da calendario che a chiacchiere venerano la salma di Lenin il 7 novembre e il primo maggio,  e poi, nei fatti, si fanno beffe della nostra storia.

Ripartiamo invece dalla prospettiva del socialismo e avanziamo le nostre proposte nelle lotte contingenti e quotidiane: nazionalizzazione delle imprese che dopo aver vampirizzato per decenni le casse dello Stato oggi vorrebbero scaricare la crisi sui lavoratori, azzeramento degli aiuti alle banche e verifica pubblica del loro comportamento, tassazione sulle rendite finanziare legata alla rapidità di spostamento di capitale per colpire le speculazioni.

Proponiamo un modello di sviluppo che parta dalla valorizzazione dell’essere umano e che non depredi più l’ambiente. Agli inizi di novembre abbiamo tenuto il primo congresso nazionale di Comunisti Sinistra Popolare.  Un congresso caratterizzato dalla passione e dall’impegno di centinaia di compagne e compagni delegati da tutta Italia, dal titolo “Dire e fare”. È questa la nostra bussola: non rappresentiamo un’ipotesi salvifica a cui militanti di sinistra, sfibrati dalle scelte dei gruppi dirigenti degli ultimi vent’anni, possano poggiarsi, ma un serio programma di lavoro e di lotta per i lavoratori, i precari, i giovani, le donne, per tutti coloro che vivono sulla loro pelle le contraddizioni di questo sistema e lo sfruttamento su cui esso si basa. A tutti possiamo garantire poche cose, forse una sola: che il loro impegno sempre libero, volontario e ragionato non andrà disperso nei giochi di potere, negli inciuci per le poltrone, nelle politiche dell’ipocrisia, ma contribuirà, pur nei nostri limiti, che ancora sono tanti, al rilancio di una sinistra vera che riparta dai comunisti e dalle loro ragioni, sempre più numerose, più vere e attuali.

 

(Intervista realizzata il 30 novembre a cura della redazione romana diCSP)

 

 

 
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