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Post n°19 pubblicato il 04 Giugno 2015 da Sylvia.P
Quando la sera si fa grigia ed il cielo imbianca come dentro un impazzire di umidità leziosa, le corolle dei fiori si ergono dritte, come piccoli peni insolenti, lontani dal caldo che le ha attanagliate durante la giornata di prima estate. Un'estate adolescente e ribelle. Allora mi levo i sandali con i lacci e la zeppa e mi infilo gli ultrapiatti greci di Rodi, rasoterra, ultracomodi, primitivi. Introduco il vecchio CD di Tito Puente ed ascolto. Il corpo si muove e la vita riparte in una direzione sconosciuta. Probabilmente nella mia vita precedente ero un'indiana d'America, ma anche un'indiana del Bihar, una abitante della mezzaluna fertile. L'anima del mondo mi ha agguantata ancora. Sto attenta ai segnali, come una faina. Annuso l'aria, l'ozono mortifero, mi prendo qualche lamina di sole quando è forte ma non troppo, secondo il mio gusto. La mia lingua indugia nell'incavo del braccio, la mia mano passa tra le cosce, non indugio. Osservo e sono felice. |
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