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Interinali e "fissi" di PAM/PANORAMA ipermercati

Creato da interpangroup il 25/06/2009

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Somministrati e Somministrate (Interinali) che vuol dire?

Post n°1 pubblicato il 25 Giugno 2009 da interpangroup

Siamo somministrati o interinali?

La cosiddetta “legge Biagi” fu chiara nell’eliminare la tipologia del lavoro (e del lavoratore) interinale. Tanto che si dovrebbe parlare esclusivamente di “lavoro in somministrazione” (mentre qualcuno dei burocrati parla di “somministrati” a proposito dei lavoratori). Ma nel mondo dei contratti di lavoro temporanei una certa confusione regna ancora tra le parole, mentre i fatti restano e sono sempre complessi e non di rado complicati...

 Oggi, forse, “interinale”, come aggettivo e come sostantivo, nei suoi significati settoriali (ma largamente noti ai parlanti, vista l’entità del problema occupazionale in Italia dagli anni Settanta del Novecento in poi), dispiace a molti, più che per una presunta progenitura gallica o latina, per un fatto para-semantico: perché, cioè, fissa una tipologia di lavoro non indeterminato e, spesso, non qualificato. Peraltro, la cosiddetta “Legge Biagi” (dal cognome dell’economista, giurista e consulente del lavoro Marco Biagi, assassinato a Bologna nel 2002, all’età di 52 anni, dalle Nuove Brigate Rosse), cioè la legge 14 febbraio 2003, n. 30, insieme con il Decreto legislativo del 10 settembre 2003, n. 276, recante l’“attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30”, legalizza il cosiddetto “lavoro flessibile”, ne individua diverse tipologie ma di fatto supera la tipologia del “lavoro interinale”, eliminandone anche la dicitura. All’articolo 2 del Dlgs, comma a, si definisce “somministrazione di lavoro” “la fornitura professionale di manodopera”, che, a differenza del “lavoro interinale”, può essere sia a tempo determinato, sia a tempo indeterminato. La “somministrazione di lavoro” (per cui si parla, di conseguenza, di “lavoro in somministrazione”) può avvenire sia attraverso gli ex uffici di collocamento pubblici, rinominati “centri per l’impiego”, sia attraverso le ex “agenzie di lavoro interinale”, chiamate ora “agenzie per il lavoro”. In caso di lavoro a tempo determinato, la “somministrazione” prevede diverse tipologie di contratti, tra i quali sono degni di menzione i “contratti a progetto”, nati per rimediare alle storture dell’applicazione dei “contratti di collaborazione coordinata e continuativa” (i cosiddetti co.co.co., acronimo che ha finito con l’indicare i medesimi titolari del contratto; così come, da qualche anno si parla di co.pro. a proposito dei titolari di “contratti a progetto”). In caso di lavoro a tempo indeterminato, la “somministrazione di lavoro” da parte dell’agenzia o impresa fornitrice viene denominata anche “staff leasing”, espressione inglese (anglo-americana) che in molti media poi è stata resa in modo più trasparente, con l’andare del tempo, con “lavoro in affitto” (e, visto dalla parte di chi lavora, con “lavoratore in affitto”). In sostanza, si prevede (come nel caso del lavoro interinale; ma qui per un tempo indeterminato) che le aziende possano “affittare” la manodopera occorrente dalle agenzie che si occupano di fornire tale servizio.

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Commenti al Post:
rosannaris
rosannaris il 25/06/09 alle 14:34 via WEB
Come spiegazione è esaustiva... vorrei sapere quello che ne pensate voi di "Panorama Formia".
 
interpangroup
interpangroup il 04/11/09 alle 14:16 via WEB
Il contratto di lavoro può essere stipulato sia a tempo indeterminato che a tempo determinato mediante l'apposizione di un termine finale di durata, c.d. contratto a tempo determinato. Il datore di lavoro può ora ricorrere al contratto a termine (C.A.T.) qualora sussistano ragioni di carattere: 1. tecnico (es. per assumere a termine personale con professionalità diversa da quella normalmente impiegata in azienda) 2. produttivo e organizzativo (es. picchi di produzione, ecc.) 3. sostitutivo (ad esempio per sostituire lavoratori assenti) Non è peraltro necessario che tali ragioni dipendano da situazioni eccezionali ed imprevedibili. Possono sempre essere assunti a termine, a prescindere dalla sussistenza di ragioni particolari, i dirigenti, gli iscritti a liste di mobilità, i disabili, i lavoratori che hanno differito il pensionamento e i lavoratori del turismo (questi ultimi solo per servizi speciali e fino a tre giorni). La legge pone il divieto di assumere a termine quando il datore intenda sostituire temporaneamente lavoratori in sciopero, quando non abbia effettuato la valutazione dei rischi in azienda, o quando nell'unità produttiva si sia fatto ricorso negli ultimi 6 mesi a licenziamenti collettivi, cassa integrazione o riduzioni d'orario. Forma del Termine L'apposizione del termine deve risultare da atto scritto, nel quale devono essere inserite anche specifiche motivazioni sul motivo del termine, pena la conversione del contratto in contratto a tempo indeterminato. Alla scadenza del termine, il rapporto si conclude senza necessità di formale comunicazione. Proroga e successione di contratti a termine La proroga è possibile solo per contratti di durata inferiore a tre anni, solo una volta e con indicazione delle ragioni. Nel caso in cui il lavoratore continui la sua prestazione oltre il limite prefissato e senza un accordo di proroga, egli ha diritto: • per un periodo di 20 giorni (30 per i contratti di durata superiore a 6 mesi) ad una maggiorazione retributiva (pari al 20% per i primi 10 giorni, al 40% dopo). • oltre il ventesimo giorno, alla conversione del rapporto in rapporto a tempo indeterminato. È ovviamente vietato il ricorso a una pluralità di contratti di lavoro a termine stipulati a breve distanza l'uno dall'altro. Se il medesimo lavoratore è riassunto a termine entro 10 giorni dalla scadenza del precedente contratto (termine aumentato a 20 giorni se il contratto scaduto aveva durata superiore a 6 mesi), il secondo contratto si considera a tempo indeterminato. Svolgimento del rapporto Vige il principio di non discriminazione, per cui sotto il profilo del trattamento economico – normativo è stabilita la piena parificazione del lavoratore a tempo determinato con quello a tempo indeterminato. Il recesso ante tempus senza giusta causa da un contratto a tempo determinato è fonte di mero obbligo di risarcimento del danno, sia per il datore di lavoro che per il lavoratore. Non opera quindi la tutela speciale contro i licenziamenti prevista dalla l. 604/66 e dall’art. 18 St.lav. Durata La durata è rimessa alle parti, ma la legge prevede la durata massima per i seguenti contratti a termine: • lavoratori in mobilità: massimo 12 mesi • lavoratori pensionabili: massimo 2 anni • lavoratori occasionali: massimo 12 giorni • settore aeroportuale: massimo 4 mesi (6 mesi se tra aprile ed ottobre) • dirigenti: massimo 5 anni.
 
 
interpangroup
interpangroup il 04/11/09 alle 14:27 via WEB
Il Contratto di lavoro intermittente (o a Chiamata) è il contratto mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore per lo svolgimento di una prestazione di lavoro "su chiamata". Istituzione Il contratto di lavoro intermittente è stato introdotto in Italia dal D. Lgs. n. 276/2003, meglio noto come Legge Biagi, ed è attualmente disciplinato dagli articoli da 33 a 40. Peculiare la vicenda di questi articoli: abrogati con la Legge 24 dicembre 2007, n. 247, recante "Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l’equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale", al comma 45 dell'art. unico, escludendo, però, i contratti già in essere, e quelli nuovi ma solo del settore turistico e dello spettacolo, purché vi fosse una regolamentazione da parte dei Contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale, sono stati reintrodotti dall'art. 39 comma 11 del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, conv. nella legge n. 133/2008, in modifica quindi della Legge 247/2007, che pertanto con un peculiare effetto di reviviscenza ha prodotto il blocco dei predetti contratti solo dal 1° gennaio 2008 al 24 giugno 2008. Ambito di applicazione Esigenze che giustificano il ricorso al lavoro intermittente: Il contratto di lavoro a chiamata può essere concluso qualora si presenti la necessità di utilizzare un lavoratore per prestazioni a carattere discontinuo. Le esigenze in forza delle quali si può ricorrere a questo contratto sono di regola stabilite dalla contrattazione collettiva. In assenza di previsioni specifiche nel contratto collettivo, il D.M. 23.10.2004 del Ministero del Lavoro ha autorizzato il ricorso al lavoro intermittente per tutte le attività definite discontinue dalla normativa sull'orario di lavoro, quali, ad esempio: • Custodi, guardiani, portinai, personale di sorveglianza • Addetti a centralini telefonici privati • Receptionist di albergo • Addetti alle pompe di carburante • Lavoratori dello spettacolo. Tali limiti non operano in caso di contratto stipulato con lavoratori di età inferiore a 25 anni o superiore a 45 (anche se già pensionati). È inoltre ammesso il ricorso al lavoro intermittente durante i fine settimana, le ferie estive e le vacanze pasquali e natalizie. Soggetti interessati: Tutti i datori di lavoro possono ricorrere al contratto di lavoro intermittente, con il solo limite dei divieti posti ex lege.
 
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Sciopero del 22/5/2010 dei lavoratori laziali

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