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Arbeit macht frei

Post n°24 pubblicato il 21 Agosto 2006 da stefanomac
 
Foto di stefanomac


Nel giorno più afoso di questa pazza estate un po' di refrigerio ci giunge da Castelgandolfo e dalla persona da cui meno ce lo saremmo aspettati: il papa. Il pontefice teutonico si è scagliato, si fa per dire, contro l'eccesso di attività lavorativa, capace di inaridire le anime ed i cuori della gente. Ovviamente Ratzinger non è preoccupato dei danni fisici e psichici che l'iper-lavoro provoca nell'uomo; teme invece che il culto del dio-lavoro sostituisca la dottrina che viene rappresentata dalla comunità ecclesiastica.
Tuttavia, anche se le finalità non sono condivisibili, in questo mercimonio che è diventata la vita umana è raro sentire parole che vadano dritte al centro del padre di tutti i problemi: lo sfruttamento dell'uomo e, quindi, del lavoratore.
Chi scrive in questo blog ha sperimentato assai bene le aberrazioni di uno stile di vita dedito alla carriera: fino a non molto tempo fa le uniche soddisfazioni plausibili per il sottoscritto erano i riconoscimenti del capo, le promozioni e gli aumenti di stipendio. Quanto tempo sottratto agli affetti delle persone care, quanti anni spesi per fare arricchire una multinazionale a scapito della mia salute!
Poi un brutto giorno qualcosa si è inceppato, finiti i tempi delle vacche grasse in cui un aumento non si negava a nessuno, noi poveri dipendenti siamo diventati centri di costo, fardelli di cui disfarsi. Nel 2002 ben quattro volte sono stato contattato dal management per accettare un obolo in danaro pur di licenziarmi "spontaneamente", perchè le aziende multinazionali non licenziano, spingono la gente ad andarsene, utilizzando metodolgie che potrebbero definirsi di "istigazione alle dimissioni". Nel volger di pochi anni tutte le impalcature su cui si fondava il mio piedistallo sono crollate come castelli di sabbia: il re era nudo davanti allo specchio dei suoi fallimenti e della sua depressione.
E' stata dura fare i conti con me stesso dopo 40 anni di vita, ma sono stato fortunato: ho avuto la forza di chiedere aiuto a chi mi ama e, soprattutto, ho avuto la forza di affidarmi alle cure mediche. E col male oscuro ho iniziato a convivere, anzi ne ho tratto l'ispirazione per nuove riflessioni, come questo blog, e nuovi stili di vita.
Spesso mi chiedo se sono guarito, ma poi mi accorgo che la parola guarigione non ha senso. La vita è una lotta contro le malattie, le impurità e le imperfezioni terrene ed il concetto di salute fisica e mentale non è cosi facile da declinare.
Oggi però mi sento un po' più libero dalle schiavitù che la società e l'educazione familiare mi hanno costretto ad accettare, non mi prostituisco più per una scrivania importante od un ufficio più spazioso. Oggi lavoro per vivere, non vivo più per lavorare.

 
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